Bisognerà pure farlo, questo bilancio. Orbene.
Un anno fa esattamente (vabbè, non esattamente, i bisestili, il calendario Gregoriano e Giuliano, eccetera) mi sentivo un personaggio dei vecchi film di Virzì – quelli belli – il cassintegrato incazzato ma nemmeno troppo. Ora, un anno dopo e non esattamente (sempre per la storia dei bisestili del cavolo) tocca chiedere al Grande Demone Celeste – e questa è per chi come me è Nana-dipendente – che sta succedendo nel variopinto mondo del pennivendolismo.
Sono quasi un ometto, ormai: mi cimento in elezioni per comitati di redazione e trattative sindacali. Tralasciando la burocrazia («la meccanica non mi interessa») guardiamo la parte, per così dire, poetica.
Quando l’aereo si stacca da Capodichino, Napoli – come ogni buona donna figlia di buona donna che non vuole lasciarti – ti fa il gioco di star zitta e farsi guardare. Allenato come sono a volare con gli occhi su Google Earth, finisce che riconosco casa mia, il vialone del bosco dove correvo inguacchiandomi col Super santos; un campanile e sembra quasi di vedere la strada che io e te volentieri facciamo, ma se c’è un pullman e abbiamo i biglietti, forse è meglio.
Sempre accade che ad ogni viaggio di lavoro mi carico di emozioni del giorno prima. Fa ridere detta così, ma io partivo avendo in mente due punti chiave: che l’Asse mediano di Napoli è una trappola senza scampo e che anche mia figlia, un giorno, avrà i Teletubbies per giocare.
E quando l’aereo a Elmas, Cagliari ti fa il solito gioco di atterrare fra le saline e chi non c’è mai stato se la fa addosso, pensando di finire a mare, non t’immagini davvero il resto: 4,5 riunioni-fiume, uno sciopero, le trattative, le assemblee, mischiate alle paure, al coraggio e anche alla stupidità, molto brutta ma umana. Io che sembro un un figurante di “Napoletani a Milano” con un pugno di carte sempre in mano, poi…
La scala di legno che porta dal tavolo delle riunioni al luogo di lavoro fa rumore, si accorgono tutti che stai scendendo. Così scendi e sai – perché lo sai – che tanti, tutti ti guardano e vorrebbero sapere, capire. Come fai, la sera a non scolarti qualsiasi cosa che bruci la gola…
Facciamolo questo bilancio, con me che in un anno attingo a piene mani dalla cattiveria di tanta gente e ne cavo lezioni. Non son rape, i cattivi, c’è sempre qualcosa da togliergli: il gusto di esserlo. Facciamolo, mentre la carica che ho nelle dita arriva addirittura a farmi dire che non vorrei andare in vacanza, scatenando le ire di chi mi ha sopportato un anno e dice che è meglio stutare ‘a bancarella e andare a dormire, almeno per un poco.
Così farò pensavo nel viaggio di ritorno mentre un mio amico, tale principe Myskin, mi presentava Nastasja Filippovna. E lentamente continuo questa conoscenza, pensando ai teletubbies, alle lauree, ai Bastioni di Cagliari, alle persone sparite dalla mia vita, e ai giornalisti con la schiena dritta.