Riprendersi il sindacato dei giornalisti della Campania: è il momento

Il sindacato dei giornalisti della Campania è morto. Fra qualche giorno non esisterà più, dopo circa un secolo di storia (era nato nel 1912 come “Unione dei giornalisti napoletani” e nel 1954 divenuto “Associazione napoletana della stampa”). L’ho appreso lo scorso 13 dicembre, quando sono stato convocato – bontà loro, pure se so che qualcuno non mi avrebbe voluto – poiché tra i 66 giornalisti con una carica ordinistica/sindacale in Campania, agli “Stati Generali dell’informazione in Campania”. Iniziamo proprio da questo. Che sono gli Stati generali? (Troppo comodo rispondere: quelli del 1789) Quando sono andato lì ho pensato che si sarebbe parlato dei guai della professione. Ho scoperto invece che gli “stati generali” è quando si convocano tutti i capoccia (pure io sono un capoccia, quindi!) di Ordine e sindacato. Fin qui è ok. Ma se aggiungi “dell’informazione in Campania” è perché dovresti discutere di questo vasto mondo e dei suoi problemi, no? Dai precari ai sottopagati ai disoccupati fino ai contrattualizzati e ai pensionati. Nulla di tutto questo: si è discusso del sindacato e del perché deve morire.
Anche questa, comunque, è una questione molto importante. Non come discutere dell’equo compenso ai giornalisti precari, certo, ma è una cosa importante.

Allora: dei 66 convocati ce c’erano una ventina (forse siamo arrivati a trenta ma non ci giurerei). Volendo sintetizzare 4 ore di discussione c’è da dire questo: l’Assostampa chiude per sottrarsi al debito di oltre tre milioni di euro per il “ritardato rilascio” dell’ex Circolo della Stampa in Villa comunale (la “Casina del boschetto”) di proprietà del Comune di Napoli, dal momento della scadenza del contratto, nel 1985 fino allo sfratto, nel 1999, più 20mila euro di spese legali. A parte questo bubbone – poi ci torno – la stessa Assostampa dove pure 75mila euro all’Ordine dei Giornalisti della Campania. Ho appreso che il sindacato regionale ha meno di mille iscritti su circa undicimila giornalisti.

Durante la riunione ho chiesto una cosa molto semplice: fare chiarezza sull’accaduto prima di aprire una nuova fase. I giudici si sono pronunciati, per ora ci sono soltanto responsabilità di tipo “contabile”? Va bene e – ho detto – noi giornalisti abbiamo il dovere di dirlo. Che nessuno mai, un domani, possa additare il nuovo sindacato come struttura nata dalle ceneri di un “imbroglio”. Ho provocatoriamente citato il Pertini del «Chi ha rubato i soldi del Belice?». Si sono scatenati quasi tutti contro di me. E vabbè, bisognava pure agitare un poco le acque. Ritengo profondamente ingiusto che qualcuno tenti di tenere “tra di noi” una vicenda così scabrosa. I panni sporchi lavati in famiglia puzzano ancora di più, a mio modo di vedere. Ma poi, cui prodest? A chi gioverebbe? Se nessuno ha responsabilità, se nessuno ha timori, perché l’Assostampa morente non convoca una conferenza stampa o produce un documento che sintetizza l’intera storia della Casina del Boschetto e successivo sfratto e diatribe legali?

Nascerà, dunque, un nuovo sindacato dei giornalisti in Campania. L’iter pare già tutto scritto: qualcuno farà da traghettatore, qualcuno scriverà il nuovo statuto, qualcuno si occuperà di associare questo sindacato alla Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi). Et voilà, eccoti il nuovo sindacato bello e pronto, senza debiti, fresco fresco. Mentre quattro sedie e un paio di tavoli della vecchia Assostampa finiscono all’asta fallimentare.
Dico: ma si può ? È possibile che i giudici non individuino in tutto ciò una “continuità” tale da far sembrare il nuovo una effettiva continuazione del vecchio, indebitato sindacato, con tutti i rischi che ciò comporta? Secondo me è un aspetto affrontato con leggerezza.

Se nuovo dev’essere, il sindacato dei giornalisti della Campania dev’esserlo a partire da coloro che lo fonderanno. Bisogna coinvolgere tutti, non solo i soliti noti. Bisogna coinvolgere i giornalisti precari della Campania. Bisogna inserire nel nuovo statuto quote differenziate di iscrizione: chi ha un contratto a tempo indeterminato non può pagare come chi ha una collaborazione a 500 euro al mese e vuole iscriversi al sindacato.

Ci è stato detto di aspettare. Ci è stato detto che «sarà studiata la situazione». Sono attese che conosciamo sono le stesse di sempre. Quelle che non risolvono ma che procastinano sine die ogni iniziativa.

Ora c’è bisogno, invece, di mettere le mani, in questo guazzabuglio. E tirare fuori qualcosa di buono per noi tutti.
Per metterci le mani occorre entrarci, per entrarci occorre iscriversi. Chi ci sta?

Resuscitate Indro ed Enzo: al Comune di Napoli serve il direttore della web-tv

Sul giornale di oggi ho scritto che il Comune di Napoli farà la sua web-tv. Con soldi dei fondi europei, eccetera. Fosse solo quello.

Trascrivo qui da un documento ufficiale i requisiti richiesti per individuare il direttore di questa televisione in Rete (lettera protocollata al Comune con numero  2989 datata 16/11/2009):

1. essere giornalista professionista da almeno 20 anni;
2. avere fatto parte per almeno 3 anni di una  o più redazioni di periodici e o quotidiani di rilievo nazionale;
3. aver collaborato per almeno 5 anni con quotidiani di rilievo nazionale;
4. aver collaborato per almeno 3 anni con quotidiani on-line;
5. avere una comprovata esperienza nel campo della comunicazione istituzionale con una esperienza diretta in un ente pubblico;
6. essere autore di reportages e servizi per testate nazionali;
7. essere autore di programmi di inchiesta e di informazione del servizio pubblico;
8. aver svolto almeno una esperienza come conduttore di programmi televisivi di approfondimento del servizio pubblico;
9. avere una esperienza di conduzione di almeno 5 anni di notiziario televisivo del servizio pubblico;
10. avere esperienze pluriennali di ideazione, redazione e conduzione di programmi televisivi e giornalistici nell’ambito della televisione pubblica e non commerciale;
11. avere svolto ampia qualificata e comprovata attività quale formatore nel campo del giornalismo e della comunicazione;
12. avere una comprovata esperienza di direzione e formazione di un team professionale nel campo della comunicazione.

Dodici requisiti, analizzati i quali si desume che:

– il prescelto avrà ad occhi e croce più di cinquant’anni (ma nella migliore delle ipotesi);
– il prescelto sarà necessariamente un giornalista (o un giornalista pensionato) della Rai (leggi punti 7,8,9,10);
– il prescelto non dovrà aver granché competenza di web. Ammesso che (punto 4) aver collaborato con quotidiani on-line non venga considerato un titolo di conoscenza di tempi, mezzi e modalità d’una web-tv.

Nel pezzo di oggi non l’ho scritto  (poco spazio ed è sempre meglio dare i fatti che le opinioni) ma è allucinante che un progetto pubblico con soldi pubblici per un ente pubbliconon venga avviato con una selezione pubblica.
Il Comune di Napoli – come tutti gli enti istituzionali – ha tra l’altro anche degli elenchi professionali ad hoc (che strano, sono spariti da internet) cui attingere  in caso di nuove attività da intraprendere.

Il sindacato dei giornalisti, l’Assostampa Napoli, ha inoltre un altro elenco, lunghissimo. È quello dei colleghi professionisti e disoccupati. A Napoli il precariato giornalistico è su percentuali altissime. Fra i senza lavoro ci sono colleghi con curricula di tutto rispetto.

Parliamo di qualità: essere professionisti da un ventennio è garanzia di qualità per dirigere un giornale, una radio, una web-tv?  Garantisce  a prescindere competenza e affidabilità? Imporre il requisito (punto 10) di aver lavorato nel solo servizio pubblico (dove non ci sono concorsi veri da decenni, ma assunzioni a chiamata diretta) è davvero giusto?

Leggeteli bene, quei requisiti: ipoteticamente Indro Montanelli e Enzo Biagi sarebbero fuori (nessuno dei due ha il requisito del punto 9).

E se il Comune di Napoli avesse voluto assumere, per assurda ipotesi, Enrico Mentana, non avrebbe potuto: il fondatore del TG5 e ideatore di Matrix ha lavorato (punto 10)  anche per la tivvù commerciale.

Metti in Circolo il giornalista

circolo della stampa immagine proprietà del sito luigicosenza.itDieci anni fa i giornalisti campani avevano una sede molto bella, prestigiosa, nella Villa Comunale che affaccia giusto sul Lungomare di Napoli. L’allora sindaco Antonio Bassolino decise che i giornalisti pagavano troppo poco per quel posto così bello e che andava valorizzato. I giornalisti andarono via, quel posto è ancora vuoto, ci sono “lavori in corso”. Ah, come tutto il patrimonio immobiliare del Comune di Napoli è gestito dalla società Romeo.

Che dire? Non che me ne freghi molto, a dire il vero, non sono particolarmente attratto dall’idea di una sede particolare, la crisi nel settore è così deprimente che se ci danno una sede di fronte al mare, finisce coi giornalisti precari, sottopagati e a nero che si suicidano tipo il mito dei Lemming.
D’altro canto, è uno sfregio vedere quel bel luogo – si chiama Casina Pompeiana – cantiere eterno lasciato così, al degrado. Ed è brutto che la nostra categoria non abbia nemmeno un  vascio per riunirsi, scambiarsi idee, confrontarsi. Veramente brutto. Dunque, su queste basi e diverse visioni si è sviluppato un dibattito sull’argomento, è nato il gruppo su Facebook. E sul blog del segretario dell’Assostampa Campania, Gianni Colucci, un pepatissimo botta-risposta tra i vertici dell’Associazione della Stampa campana.

(L’immagine è del sito di Luigi Cosenza l’architetto che progettò la struttura nel Dopoguerra).