Vien da guardarlo strano, il Paese in cui il giovane presidente appena eletto da un popolo sterminato, nel suo meraviglioso discorso ricorda la donnina nera di 106 anni che l’ha votato. In Italia accade il contrario: il vecchio che chiede al giovane – ancora una volta – la fiducia.
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Yes, we can all’ombra del Vesuvio
Yes, we can.
No, non l’ha detto Mastella al telefono, parlando col suocero delle nomine alle Asl.
Aria strana, per dirla con Pino Daniele. Che poi pure lui…ha detto che gli piace Bobo Craxi, che ora è socialista. A certa gente bisognerebbe impedirgli di parlare tanto, di fare danni, di distruggere quell’immagine di mito creata nel corso del tempo. C’era una bella pièce teatrale di Peppe Lanzetta su com’è cambiato Pino Daniele. Che poi, pure Peppe Lanzetta: l’ho visto davanti alla Feltrinelli qualche giorno fa, con un cappotto e un’aria che sembrava un cùmenda brianzolo. Ho avuto vergogna di non riconoscerlo per gli occhi smarriti, la rabbia in corpo e la faccia distrutta alla Belushi. Magari diventeremo tutti così. E forse conviene: scoperto a mie spese che la gente è capace di voltarti le spalle se non hai le physique du rôle.
Yes, we can. Sì, se puede e mi viene in mente “I care” di don Lorenzo Milani che tenevo sul quaderno delle scuole superiori e la prof che diceva: decidete voi quello che volete diventare nella vostra vita. Lei l’ha deciso: s’è presa la pensione di questo maledettissimo paese ed è andata in Madagascar. Ora è una delle persone più importanti da quelle parti, ha creato 185 scuole, oltre 200 posti di lavoro. Lei puo’ dirlo, yes we can. Ah, per inciso: quando si candidò nel 1993 con Bassolino sindaco a Napoli, i pidiessini la fecero fuori. Hanno fatto benissimo. Yes we can e come sospettavo Fabio Maniscalco non l’ha ricordato nessuno.
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Sto scrivendo tanto, di emergenza rifiuti e senza poter fare il fine narratore. In questo periodo cerco di andarci giù pesante nei pezzi, giusto per capire se c’è un antidoto a quest’intorpidimento collettivo. Beati coloro che hanno un giorno nella vita in cui decidono di vomitare tutto e su tutto. E lo fanno. Yes we can e stamattina me la sono presa con un lettore: tira una brutta aria e specie se non hai il volto scavato, una sigaretta, un filo di barba, se non infesti ogni pezzo con citazioni dai racconti della Kolyma o non vesti quel cesso di costosissimi capi intenzionalmente casual e indossi gli anelli in similargento cromato, secondo certa gente non sei nemmeno capace di raccontare, ascoltare ma soprattutto andare al di là dell’ascolto e del racconto e trovare notizie, cose, informare. We want change, ma fin quando sarà tutto un trucco per sollecitare il mercato, un viral marketing per solleticare più i portafogli che le coscienze, continuerò a cercare in ogni mattina un buon giorno per poter vomitare veramente tutto su una qualsiasi tastiera qwerty.