Una vita postdatata a Chiaiano, periferia di tutto

Ho scritto così tanto di Chiaiano e della sua discarica che a pensarci mi sembra quasi uno spreco: in fondo tutti sapevamo come sarebbe finita. Non resta che attendere la puzza sommergere gli ospedali del Rione Alto, quartiere che intanto avrà avviato la raccolta differenziata e i cui cittadini saranno incazzati il doppio. Oggi manifestazione: ma francamente, a che serve? In quest’estate afosa alla Peppe Lanzetta, mi viene proprio in mente il primo racconto di “Una vita postdatata”. Se solo qualcuno avesse raccolto davvero questo grido di dolore, saremmo qui diversamente, ne sono sicuro.


«….acqua azzurra acqua chiara acqua nera acqua merda acqua appantanata acqua di sperma acqua lota acqua scivolo acqua dei Caraibi acqua della Madonna che in un solo colpo dovrebbe fulminarvi per tutti i patimenti che avete inflitto alla gente di Ponticelli Barra S. Giovanni Piscinola Marianella Chiaiano Pianura, per anni gli avete lasciato bere il veleno e questo stesso veleno vorrei che vi fosse vomitato addosso, signori del Palazzo, signori traffichini, signori Imbroglioni, signori Baroni…»

Yes, we can all’ombra del Vesuvio

Yes, we can.
No, non l’ha detto Mastella al telefono, parlando col suocero delle nomine alle Asl.

Aria strana, per dirla con Pino Daniele. Che poi pure lui…ha detto che gli piace Bobo Craxi, che ora è socialista. A certa gente bisognerebbe impedirgli di parlare tanto, di fare danni, di distruggere quell’immagine di mito creata nel corso del tempo. C’era una bella pièce teatrale di Peppe Lanzetta su com’è cambiato Pino Daniele. Che poi, pure Peppe Lanzetta: l’ho visto davanti alla Feltrinelli qualche giorno fa, con un cappotto e un’aria che sembrava un cùmenda brianzolo. Ho avuto vergogna di non riconoscerlo per gli occhi smarriti, la rabbia in corpo e la faccia distrutta alla Belushi. Magari diventeremo tutti così. E forse conviene: scoperto a mie spese che la gente è capace di voltarti le spalle se non hai le physique du rôle.

Yes, we can. Sì, se puede e mi viene in mente “I care” di don Lorenzo Milani che tenevo sul quaderno delle scuole superiori e la prof che diceva: decidete voi quello che volete diventare nella vostra vita. Lei l’ha deciso: s’è presa la pensione di questo maledettissimo paese ed è andata in Madagascar. Ora è una delle persone più importanti da quelle parti, ha creato 185 scuole, oltre 200 posti di lavoro. Lei puo’ dirlo, yes we can. Ah, per inciso: quando si candidò nel 1993 con Bassolino sindaco a Napoli, i pidiessini la fecero fuori. Hanno fatto benissimo. Yes we can e come sospettavo Fabio Maniscalco non l’ha ricordato nessuno.

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Sto scrivendo tanto, di emergenza rifiuti e senza poter fare il fine narratore. In questo periodo cerco di andarci giù pesante nei pezzi, giusto per capire se c’è un antidoto a quest’intorpidimento collettivo. Beati coloro che hanno un giorno nella vita in cui decidono di vomitare tutto e su tutto. E lo fanno. Yes we can e stamattina me la sono presa con un lettore: tira una brutta aria e specie se non hai il volto scavato, una sigaretta, un filo di barba, se non infesti ogni pezzo con citazioni dai racconti della Kolyma o non vesti quel cesso di costosissimi capi intenzionalmente casual e indossi gli anelli in similargento cromato, secondo certa gente non sei nemmeno capace di raccontare, ascoltare ma soprattutto andare al di là dell’ascolto e del racconto e trovare notizie, cose, informare. We want change, ma fin quando sarà tutto un trucco per sollecitare il mercato, un viral marketing per solleticare più i portafogli che le coscienze, continuerò a cercare in ogni mattina un buon giorno per poter vomitare veramente tutto su una qualsiasi tastiera qwerty.