Giornali e giornalisti napoletani ai tempi delle Br

«Forse l’Italia non sarà mai un paese normale. Forse è il paese in cui tutto diventa normale. Si telefonava al centralino della Camera dei Deputati e si diceva “Le Stragi, per favore”, e quello rispondeva: “Resti in linea, prego”, e ti passava la Commissione Stragi».
da “La notte che Pinelli“, di Adriano Sofri

Quello che scriviamo noi cronisti di questi anni, faide di clan o suicidi di assessori, inchieste Magnanapoli o arresti dei Casalesi, non è secondo me paragonabile – anche probabilmente per l’enorme peso che i giornali avevano allora e non hanno più – a quanto si scriveva durante gli anni del terrorismo. Quelli del rapimento e omicidio di Aldo Moro, del rapimento e della liberazione  di Ciro Cirillo. Bastava sbagliare una virgola, non rispondere ad un telefono, valutare diversamente un comunicato. No, decisamente i giornali di oggi non hanno quest’influenza. Molto spesso le risorse in Rete sono seminascoste ma straordinarie: è il caso della rassegna stampa accumulata in anni e anni dalla Commissione Stragi, tutto messo online.
Mi sono concentrato soprattutto sul caso Cirillo. Ed ho ritrovato le vecchie firme del giornalismo partenopeo, da Enzo Perez a Nora Puntillo, ma anche Antonio Ghirelli, un giovane Giuseppe D’Avanzo  sul Paese Sera e chissà quanti altri che ora mi sfuggono. È davvero un documento straordinario non solo della storia di quegli anni ma anche di come quei cronisti li vissero e ne scrissero.

Sulla notte che Pinelli

Il libro l’ho comprato subito, poi letto con calma, in aereo, a casa, in treno. Ci vuole calma – e molta pazienza – perché ognuna di queste pagine di Adriano Sofri va letta almeno due volte.  Dense di riferimenti, richiami e io che di Pinelli ho sentito solo slogan nei cortei, nei miei cortei degli anni Novanta, e letto quel che un italiano contemporaneo dovrebbe sapere (piazza Fontana, anarchia, Luigi Calabresi, questura, caduto?-ucciso?, malore attivo, Dario Fo, Sofri, Pietrostefani e Bontempi, anni di piombo) ho anche faticato a tenere il filo dei nomi, dei ruoli, delle date. Oggi l’ho finito e ironia oggi Sofri si “lagna” del fatto che il suo libro sia stato commentato preventivamente.    È così: di “La notte che Pinelli” sono state discusse e recensite poche righe tra pagina 215 e pagina 216, quelle in cui Sofri dice tra l’altro che la «campagna condotta da Lotta continua contro Calabresi tra il 1970 e il 1972…fu un linciaggio moralmente responsabile, benché nient’affatto penalmente, della morte di Calabresi». E tutti giù col mea culpa.

Sì, e allora?

Allora. Il caso Sofri-Calabresi (lo chiamo così per semplicità) è una delle due vicende – l’altra è il conflitto israelo palestinese – sulle quali non riesco ad avere le idee chiare. Parlo di quel che viene restituito a me di quel periodo, io sono del 1977. Nemmeno un anno fa rimasi colpito e commosso dal libro di Mario Calabresi, figlio di Luigi, “Spingendo la notte più in là“, (la notte è ricorrente). Il libro di Sofri invece non è granché commovente. Anzi, si fatica addirittura a ricordare che Sofri tratti di parte della sua vita.
Scrive soprattutto di Pinelli, Adriano Sofri; gliene son grato perché la partita a carte,  il vuoto nello spazio per la firma sotto la ricevuta della tredicesima o la telefonata alla moglie,  mi fanno finalmente  distinguere Pinelli dalle frasi da megafono, dall’immagine bicolore nero/rossa stampata sui volantini, lo fan volare  via dai fogli anarchici, fuggire dai “preoccupanti striscioni” in fondo al corteo.  Il libro restituisce, insomma, dimensioni ad un santino nemmeno troppo conosciuto. A pensare che Pinelli non  è nell’elenco del Quirinale delle vittime del terrorismo…

Dunque chi è, cos’è, il caso Pinelli, per me che non so la storia di ieri se non il papà dell’oscurità dei miei anni (Global forum, Genova, ma anche il caso Montana, magistralmente raccontato)?  Tutti gli interrogativi restano. Quello sul malore attivo, quello sul famoso elenco di firme degli intellettuali, c’è la tristezza per un poliziotto lasciato solo. Non  ho dubbi sulla storia di Sofri, Bompressi e Pietrostefani: per me sono innocenti.
Però. Sofri sarà anche gentile, preciso e lucido nel parlare alla ventenne cui è idealmente rivolto il libro. Ma non ha una cavolo di risposta, nè per lei nè per me. In fondo, me l’aspettavo.

Ps: no una parte commovente c’è, il tema di scuola a firma Claudia Pinelli, pagina 277.

(testo aggiornato alle 21.19 )