Quello strano gioco di trarre lezioni universali da piccole vicende

Venditore
Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere
Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore
Si signore.
Passeggere
Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore
Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere
Come quest’anno passato?
Venditore
Più più assai.
Passeggere
Come quello di là?
Venditore
Più più, illustrissimo.
(dalle Operette Morali, G. Leopardi)

Mi si è scassata la suola di una scarpa (sì, l’avevo già scritto). Si è spaccata in due, io manco ci avevo fatto caso, poi a guardare meglio, la crepa si è  creata tra un materiale e l’altro della costosa calzatura hi-tech.  Per quello strano gioco molto in voga, di trarre lezioni universali da piccoli fatti quotidiani, mi è venuto da pensare che quest’anno è stato proprio come la suola della scarpa: una crepa tra fatti inconciliabili. Due materiali differenti hanno sempre bisogno di “qualcosa” per legare. Una colla, del calore. Ho capito che è proprio così: se fra le cose che ti interessano non ci metti qualcosa di tuo non riesci a legare nulla.

Questo è stato l’anno di tanti fatti, alcuni davvero non belli, ma «pure questo l’avete già detto» direbbe Concetta Cupiello. Però ho imparato. Il valore della riconciliazione, ad esempio. Recuperando tempo perso per tante cose, ho tolto delicatamente il sale da tante ferite e le ho sanate. Bene. Non è tutto tranquillo, non tutto è risolto. Vedremo.

Un’altra grande scoperta di quest’anno è che la gente non è poi tanto imprevedibile, anzi. Che la delusione non dipende da quanto ti aspettavi succedesse ma da quanto non t’aspettavi che accadesse. Ho imparato a non farmi toccare dai complimenti; sto cercando di ridurre l’ego ad una piccola pietra che non pesa. Chissà se quest’anno riuscirà a farmi diventare davvero zen.
Io ho dalla mia una presenza straordinaria, fatata, capace di indicarmi la strada come solo lei sa.

Insomma: che finalmente non si debba citare più “Mellonta Tauta” di Stefano Benni  con malinconia, facendo la conta dei sommersi e dei salvati. Non più rivangare i bei tempi andati o lasciarsi confondere dalle convinzioni espresse a mezzo monitor. Ma raccontare senza arroccarsi, restando per strada. E continuare a costruire la vita, a mani nude, come un gigantesco Lego colorato.

Buon anno nuovo.

«Ma non sono io, sono gli altri»

Social amicizia

Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici”
Martin Luther King
(grazie a Giulio Cavalli per la frase).

Dice che una società ne vende a pacchetti, di amici da Facebook. Massimo Gramellini sulla Stampa scrive che è l’uovo di Colombo: da sempre l’amicizia di massa «è soggetta alle regole della convenienza». Si compra, insomma.

Correva l’anno 1994 e la Smemoranda gialla era (ed è ancora) per me l’elemento attraverso il quale, avevo quindici anni, ho prodotto le riflessioni più approfondite sull’argomento. Anche allora gli amici li compravi più o meno con la sicurezza che solo le spalle forti di qualcun altro ti danno. Ma non ne voglio fare un dramma, poi le cose sono andate avanti e via via facce che si sono susseguite.

La memoria ha selezionato per me i momenti più strani delle persone: di un amico ricordi di quando ha comunicato a tutti di voler entrare in polizia, io invece ricordo, che so, l’elastico che teneva i suoi capelli lunghi.

Il social network degli anni Ottanta era il diario di scuola: ad un certo punto lo passavi a tutti gli amici e ricevevi i loro diari per scriverci impressioni, far disegni. Io ero gettonatissimo. Per scrivere; non necessariamente è un bene a quindici anni.
Hai presente quando le cose si imbrogliano? Dovevi sbrogliare una corda dai nodi e te la cavavi più o meno egregiamente, poi le corde diventano tre, cinque, venti, cinquanta. E il tempo non c’è, non c’è il tempo di seguire ogni singola corda da capo a coda. Così finisci per scegliere le corde meno annodate e le altre le tagli. Le guardi lì – eri affezionato – ma che puoi farci?

Scriveva Lucio Dalla sulla Smemo e io avrei capito solo anni dopo:
Amici e nemici nella stessa mano.
Divisi ma nella stessa mano, uniti dall’aria del mondo nel sole e nella pioggia nella stessa stanza, a un tiro di sputo a sentirsi il respiro, a guardarsi nell’occhio per occhio anche da chilometri lontano. Amici nemici dov’è che andiamo.

Oggi le mille corde dei rapporti si sono evolute, sono diventate cavi Usb, quelli del computer. Sono più corti e sono più o meno uguali, i cavi del computer. Tranne che per capo e coda. Lì devi stare attento: ognuno va in un modo e se non lo rispetti guai, eh, non funziona più nulla. Ed è inutile che ci litighi, coi cavi del computer, non t’ascoltano proprio. E invece come mi piace litigare.

Vedi? Funziona che non c’è da spiegare così tanto: se non va ci si perde e basta. Si sfronda l’albero – ‘che tanto in primavera fiorisce – ma ogni primavera che passa è un poco di meno. Ivano Fossati mi suggerisce dal 1994 che bisogna parlare, io sono arrivato a sostenere che non bisogna farlo, piuttosto bisognerebbe aver la forza d’ascoltare. Alla fine forse è meglio comprare amici a pacchi, illudersi non che siano amici, ma che quelli non acquistati col 3×2, reali, scalpitanti, problematici, e litigiosi, aggressivi e scontenti e divertenti e volgari, lamentosi, irresistibili, ubriachi e noiosi, si comportino allo stesso modo del pacchetto social: tranquillità e poche pretese.

Concludendo il saccheggio dai Novanta, come quello che per farsi grande salì sulle spalle del gigante, la riscrivo per la centesima volta: Stefano Benni che tu sia benedetto.

Mellonta Tauta
Di aver sperato
non mi vergogno

né di sperare
Chico
non credo alle scritte
enormi dei palchi
credo alla carne
da tatuare
Alba.
Amici comuni

recensiscon sconfitte

Notte.
Di nuovo il suono

di calci di fucile

che sfondano porte
Rosa.
E poi
siamo soli
lasciate il mondo

alla fine
alle ruspe
ai re della droga
ai pipistrellia
chi tradisce
gli amici

Bologna, era estate

2-8-1980 – 10:25


Ascoltai con comprensione lo sfogo dell’uomo grasso, e provai a dirgli che in fondo 10 minuti di ritardo non sono la morte di nessuno. Scoppiò in lacrime. Capii che un puntuale ha una sensibilità molto particolare.
Il treno alla fine arrivò. L’uomo salì sul vagone di coda. Riestammo fermi qualche minuto, e mentre pensavo al dolore che quella sosta gli avrebbe sicuramente arrecato, guardai fuori dal finestrino e con stupore lo vidi, in piedi sotto la pensilina. Mi salutò con un  gesto sconsolato della mano, mentre il treno partiva. Notai che non aveva più con sé la grossa valigia.
Pochi attimi dopo il treno saltò in aria.
Se oggi posso testimoniare è perché la fortuna volle che fossi lontano dal vagone della valigia bomba. O forse non fu fortuna, ma reciproca, subitanea simpatia
.
Da allora un singolare pensiero mi tormenta. E se dietro tutte le stragi impunite, il sangue versato, le bombe misteriose, non ci fosse alcuna organizzazione criminale, ma solo la disperata ribellione dell’ometto puntuale contro un mondo in perenne ritardo? Questa spiegazione non renderebbe più accettabile vivere nel nostro martoriato paese? Dato che non ci è concesso sperare altro, perché non pensarlo?

Stefano Benni – L’uomo puntuale, da “L’ultima lacrima”

Le vere tracce della maturità

esami_stato
Visti i tempi, più che verosimili. Dall’impareggiabile Stefano Benni.

A cura del Ministero della Conservazione dei Beni Culturali.
Pubblichiamo un elenco di nuove modernissime prove per la maturità.

Tema 1
La figura del Carducci si staglia imponente nel panorama poetico del suo tempo riprendendo la tradizione classica italiana in una rivisitazione colta e appassionata che egli arricchisce degli stimoli poetici più vivi e contemporanei, aprendo contemporaneamente la strada a fermenti nuovi che anticipano alcune delle tendenze più significative della poesia novecentesca in un disegno che pur rispettando il grande patrimonio lirico italiano non tralascia di aprirsi alle più nuove suggestioni europee mantenendo una sua cifra originale senza rinunciare a riflettere, vivificandoli, sui temi fondamentali di quella poesia che riassume il grande passato della parola classica e l’alba della modernità sociale e artistica della complessità linguistica contemporanea.
Segnate con una crocetta se siete d’accordo:
Sì – No

Tema 2
La figura di Renzo nei Promessi Sposi.

Tema 3
Commentate brevemente i versi di questo poeta di cui non vi diamo il nome per impedirvi di odiarlo e di non leggerlo più per il resto della vostra vita.

Tema 4
Parlate di un libro che avete letto senza che fosse compreso nel programma scolastico e spiegate perché esso è notevolmente inferiore a quelli compresi nel programma, nonché i motivi dell’inutilità di un suo eventuale inserimento nel programma.

Tema 5
Modernità della figura di Renzo nei Promessi Sposi.

Tema 6
Tentate un paragone fra l’antica solitudine leopardiana e quella moderna quale si configura nella trasmissione televisiva I fatti vostri.

Tema 7
Pur non avendo letto i libri dite cosa vi ispirano i titoli di Guerra e pace e dei Miserabili.

Tema 8
“Madame Bovary c’est moi”, disse Gustave Flaubert. Traducete in italiano.

Tema 9
L’economia asiatica è allo sbando. Migliaia di turisti giapponesi a Roma barattano le macchine fotografiche con scamorze. Sony e Toshiba, sull’orlo del fallimento, saranno inglobate da Telecom e Enel. Duecento manager giapponesi fanno harakiri alla sola idea di avere a che fare con Rossignolo e Chicco Testa. Tokyo nella morsa della carestia: per sfamare gli abitanti il sindaco dà il permesso di mangiare i lottatori di sumo. Prendendo spunto da queste recenti notizie, commentate la poesia Canto notturno di un pastore errante dell’Asia di Giacomo Leopardi nel bicentenario della nascita.

Tema 10
Esaminando l’evoluzione del concetto di Vir a quello di Vip, tratteggiate il passaggio tra la cultura classica latina e quella italiana.

Tema 11
La figura di Renzo nei Promessi Sposi se avesse avuto un cellulare.

tratto da Effe, anno 1997

Amici e nemici classe 1994

smemoranda 1994 Questa è la mia Smemoranda – l’unica che ho mai avuto, datata 1994.
Un capolavoro, così non ne fanno più davvero. Il tema: amici e nemici. Per me quanto mai attuale visto che i miei amici di ieri sono i nemici di oggi e viceversa.  A cambiare sono i modi; una decina e passa anni fa era più netta – o almeno a me 17enne così pareva – la distinzione fra buoni e cattivi. C’erano i 99 Posse ed era l’anno di Pulp Fiction. Entrambi li avrei scoperti dopo; giuro di non esser mai stato al passo coi tempi. Mentre la Posse, insieme agli universitari della “Pantera” (che è la nonna dell’ “Onda” universitaria) e ai fighi che non ho mai frequentato cantava “dico non mi provocare/dico non mi disturbare/dico stammi lontano/dico vattene a cagare” io boh, mi ricordo gli enormi, antichi  banchi di legno  sporco e scheggiato dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “Enrico Fermi” di Napoli. Mi ricordo le lezioni su Pirandello, “La Tregua” di Primo Levi al posto degli sposi di Alessandro Manzoni. Amici e nemici e che sciocchezza, mi sembra come quando in “Sapore di sale” Virna Lisi dice degli anni Sessanta «ricordo solo che ci batteva il cuore». Amici e nemici: Ivano Fossati scrisse della “mediocrità del silenzio“; Ligabue inaugurò ciò che per me ora è un immancabile rito di fine anno: “Quelli che…“; Da Lucio Dalla poche righe belle e sognanti: “amici e nemici nella  stessa mano…“.
Io leggevo e alla mia sinistra c’era il finestrone con infissi in alluminio e plexiglass e grata carceraria sfondata; alla cattedra si chiedeva “se questo è un uomo” e di così è (se vi pare). Cose che avrei capito solo anni dopo. La Smemoranda gialla, i contenuti li ho trovati tutti su internet e mi sono stupito e commosso. Ma sono andato a cercarla con la memoria e con il tatto, dovevo toccarla perché non riuscivo a provare l’emozione che sto provando ora, sfiorando la carta; la mia scrittura blu incerto ma forse meno mediata e per questo più vera. Gialla come un limone, la Smemoranda, con un succo di speranze che mo’ sembrano rinsecchite, manco fosse rimasto qualche giorno al sole, il limone, o spremuto eccessivamente da qualcuno che ora vuol buttarlo via.
E una su tutte, la mia preferita, di quel 1994. Stefano Benni. Insomma, la speranza di ieri che diventa balsamo sulle ferite di oggi. Ma pure questa dovrà passare.

Mellonta Tauta
Di aver sperato
non mi vergogno
né di sperare
Chico
non credo alle scritte
enormi dei palchi
credo alla carne
da tatuare
Alba. Amici comuni
recensiscon sconfitte
Notte. Di nuovo il suono
di calci di fucile
che sfondano porte
Rosa. E poi
siamo soli
lasciate il mondo
alla fine
alle ruspe
ai re della droga
ai pipistrelli
a chi tradisce
gli amici