Camorra ovunque. Tranne che nelle biblioteche comunali

Qualche mese fa sono stato a Massa Lombarda bella cittadina del Ravennate, per una delle presentazioni di Santa Precaria. Non ne ho mai parlato, però voglio ringraziarli tutti, (loro e gli amici di Bagnacavallo) sono stati di una cortesia e di una simpatia senza pari. Gente straordinaria da quelle parti.

Insomma, la presentazione di un libro e quale luogo migliore di una biblioteca? A Massa Lombarda ce n’è una che è uno splendore. Fresca, pulita ma al tempo stesso che sa d’antico e di “tenuto bene”. Non ho potuto fare a meno di notare che si mantengono aggiornati anche per quel che riguarda il catalogo. Sono andato a vedere i libri sulla camorra. Ovviamente avevano “Gomorra” ma ce n’erano anche altri, tutti di recente uscita.
Me ne sono ricordato ieri quando ho scritto un pezzo per E Polis sulle 13 biblioteche di proprietà dal Comune di Napoli.  Basta consultare il catalogo partenopeo per rendersi conto di quanto la città di Napoli abbia a cuore il loro stato di salute. C’è di tutto, ma non c’è l’ultimo decennio di libri che descrivono il fenomeno camorristico. Il confronto col catalogo della Provincia di Ravenna fa impallidire. E non ce l’hanno loro la camorra, ce l’abbiamo noi! Noi dovremmo capire più e meglio di loro di Casalesi, di faida di Scampìa, di latitanti, di canzoni neomelodiche che esaltano i boss.

Inutile dire che l’assessore al ramo, Diego Guida (guarda caso imprenditore nel settore librario) non s’è degnato di dare una risposta. Beh, mica può rispondere a tutti… forse è troppo impegnato a pubblicizzare che il Comune  venderà la vecchia Lancia dove fece un giretto pure il Duce.

Santa Precaria e le cosce della psicologa

L’anno appena passato è stato ricco di viaggi, soprattutto grazie a Santa Precaria, visto che la sua autrice mi ha utilizzato come cameraman-fotografo-presentatore-commentatore  lungo tutto lo Stivale e a seconda della bisogna.
Nella parte alta dello Stivale parlando del precariato nostrano  – e dire precario a Napoli significa descrivere una condizione in fondo non spiacevole, cioè meglio che ‘a sta mmiez ‘a via – la domanda era spesso questa: «Ma suvvia, non succederanno mica davvero tutte quelle cose che capitano ai personaggi del libro?». Beh, questa lettera inviata a “Caserta C’è” il principale quotidiano web della città, scioglie ogni dubbio sull’argomento.

La classe precaria non va in paradiso (e lei lo sa)

Uno dei motivi di maggior vanto personale è quando chiedono a me del libro “Santa Precaria”, non foss’altro perché quando le domande vengono rivolte a Raffaella, la simpatica autrice – causa timidezza – svicola.
Una delle domande più frequenti rivolte a lei ma pure a me è: «Ma ora s’è aggiustata,  ‘a situazione?». ‘A situazione è lo stato di precariato. La risposta è no e se rispondo io, argomento dicendo che sì, prima o poi s’aggiusterà perchè per i bravi c’è speranza. La sua risposta è invece uno strano mugugno sacramentale che non oso ripetere – rischierei un fulmine in testa  – e l’ultima frase è: «la Regione Campania mi deve dei soldi».
Dalla rabbia diffusa e dal numero di mail che il mio giornale riceve sulla formazione-lavoro, devo dedurre che qualcosa, nella formazione professionale dell’Ente guidato da Antonio Bassolino continua a non funzionare. Non son bastate inchieste, denunce, non son servite le promesse. Qualcosa non funziona: bisogna occuparsene.

Non glielo direi, a miss Santa Precaria e infatti glielo scrivo, così lo legge e non devo sorbirmi il mugugno sacramentale. Però Raffaella ha un compaesano della provincia di Salerno che si chiama Antonello Caporale ed è una firma di punta della Repubblica. Caporale, qualche giorno fa è uscito con un bel pezzo su uno strano bando del  Cnipa che cerca un giornalista “super senior” per un cococo da 100mila euro all’anno.
E ora chi glielo dice a lei che sta con la testa su libri e intanto mugugna bestemmie inenarrabili nei confronti di note associazioni accreditate con la Regione Campania perché non l’hanno pagata, che qualcun altro – età media 55 anni e prossimo alla pensione – avrà un posto da 100mila euro pagato con soldi dello Stato, mentre in Campania ormai anche fare il giornalista finto precario (cioè senza contratto ma pagato meno di un portalettere interinale) è considerato un punto d’arrivo?

Il regalo di Giancarlo

Napoli, 19 settembre 1959 – Napoli, 23 settembre 1985
«Della mia generazione ho potuto conoscere migliaia di persone perché per un bel po’ di anni quella gioventù, è uscita di casa e ha occupato vita e strada di questo Paese. Ha perlustrato in lungo e in largo la società che aveva intorno e ha potuto conoscere la società che lei stessa già costruiva. Se non ho amici tra i compagni di scuola, ne ho avuti in cambio migliaia dopo. Quindi non è per combinazione che ho conosciuto Giancarlo Siani, ma per l’immediata spinta a riconoscervi che avevano quelli che sono stati giovani negli anni ’70».
Erri De Luca, “Il cronista scalzo” 1996

L’anno scorso, per chiudere un cerchio che mi aveva portato da un nuovo lavoro alla cassa integrazione, mi fermai mezz’ora così, in piazza Leonardo al Vomero, dove uccisero Giancarlo Siani. Senza velleità d’alcun tipo. Solo per fissare bene nella memoria una piazza che fino ad allora avevo sempre percorso di sfuggita.
Nacque lì l’epilogo  di un libretto  sul giornalismo ai tempi del telelavoro che immeritatamente vinse proprio il “premio Siani” e che stranamente in dodici mesi non ho avuto il tempo  di  far pubblicare, pur nonostante qualche lusinghiero – e ancora stavolta immeritato – interessamento.  Con quello che è successo nei mesi a venire penso che ora potrei aggiungere un capitolo. O addirittura riscriverlo del tutto.
Eppure, anche quest’anno, in un mese abbastanza complesso, l’unica bella notizia è arrivata proprio quel 23 settembre, quella data così cupa, il giorno che ammazzarono Giancarlo.
Poi giorni passati immerso in un acquario e ieri, come spesso accade nella vita, è stata una cosa piccola piccola a ridestarmi da questa specie di trance.
In redazione (quella centrale a Cagliari) è arrivato un fax: è  di una ragazza napoletana di 18 anni i cui genitori lavorano entrambi in Alitalia. Lei ha pensato che era giusto prendere carta e penna e sintetizzare quello che papà e mamma forse dicono arrabbiati davanti ad una televisione, mentre guardano i loro colleghi in piazza o i soliti programmi di approfondimento sul caso.
Nel fax c’è scritto: «tra l’altro sono un’aspirante giornalista e ho sentito il bisogno di scrivere la mia». Il titolo dell’articolo è “Il futuro dei giovani nelle mani dei lavoratori Alitalia”.

E ho pensato che nient’altro è il senso di questo mestiere. È la 18enne liceale, arrabbiata, che dice di aver sentito “il bisogno” di scrivere. È Raffaella –  notoriamente timidissima – che prendendo la menzione assegnata quest’anno a “Santa Precaria” ha detto al direttore del “Mattino” Mario Orfeo, in una sala strapiena: bello qui in redazione, oh quasi quasi ci resto, perché non mi assumete? È la cocciutaggine di Arnaldo Capezzuto che si prende sputi, minacce e schiaffoni da quegli imbecilli razzisti che a Pianura vogliono cacciar via da un palazzo un gruppo di immigrati (mentre io al telefono cerco disperatamente come sempre di scongiurare la sua morte…); è Peppe Porzio che  dimostra cosa signfica rimettersi in gioco da professionista  vero e riparte dai vicoli del rione Sanità .
È la limpidezza di Ottavio Lucarelli, il nostro presidente dell’Ordine dei giornalisti che in tivvù ha abbattuto un allucinante tabù (o forse eccessivo pudore?) appartenuto a dire il vero più ai giornalisti della vecchia generazione: non ammettere chiaramente che Giancarlo Siani, il giornalista modello, il talentuoso cronista, il simbolo anticamorra, quella sera di settembre, quand’è stato ammazzato al Vomero su quella strana  macchina, poco dopo aver compiuto ventisei anni, era un collega precario.

Santa Precaria, la storia di un’estate. E di libri, di Sud

Questa è la storia di un’estate

Raffaella ha scritto un libro. Ne parlerei in termini più “commerciali” e meno epici, se non fosse che scrivere un libro da queste parti, equivale a rivoltare il mondo come un calzino. Dico scriverlo per la prima volta e senza pagare qualcuno per farlo o pubblicarlo, scriverlo contando esclusivamente sulle proprie forze, economiche ed emotive.

Lo sapete quanto sono grossi e lenti gli elefanti…?
Annibale – Almamegretta

Quanto sono grossi e grandi, gli elefanti della Cultura, i Signori della recensione e gli Imperatori degli scaffali. Di “Santa Precaria”, così si chiama, parlerei quasi come un figlio, ma anche più lunga di un bimbo è stata la sua gestazione. Perchè un romanzo, nasce nello stomaco, arriva nella testa e poi nella penna. E dopo quel bambino devi darlo in pasto al formato pdf, alle copisterie, alle Poste Italiane. Lo mandiamo o no a Mondadori, Rizzoli, Fazi, Minimum Fax, Stampa Alternativa e Edizioni del Monaco ricchione di castel Pusterlengo? Molto meglio fare il giornalista, mi dico, mentre guardo le agenzie, butto dentro una foto e un titolo.

“Andiamo? Andiamo pure
La passeggiata – Palazzeschi

Viaggia, viaggia il libro e le risposte che arrivano sanno di “vi faremo sapere”, mentre sul tavolo ci sono ancora tante lettere, tanti plichi di posta ordinaria 4,50 euro. Proporre un libro costa, che credete? Mica facile, specie se poi abiti nella periferia dell’Impero, dove ti abituano a fare la croce quando esci dal paese e vedi il cartello sbarrato che lo testimonia.

“‘Addiu, ‘ttalia!”
Vecchia di Eboli quando l’auto, uscendo dal paese, ha imboccato l’autostrada.

È bello. Doveva chiamarsi “May Day”, come possibilità e richiesta d’aiuto. Ma è bello uguale, perché è la sua risposta al mondo dopo tanti problemi, tanti drammi che il mondo stesso non sa, non può sapere. “Santa Precaria” si chiama e lo si deve in gran parte a Stampa Alternativa, a quel galantuomo che si chiama Marcello Baraghini, un editore per missione e passione, uno che ti parla di letteratura storica e poi caccia una busta di fagioli rossi del suo paese, uno che ha detto: vendiamoli a mille lire, ‘sti cazzo di Epicuro, Emily Dickinson e Lorenzo Milani. Uno che quand’ha letto quel manoscritto ha mandato una lettera di risposta garbata e dolce.
Su carta velina, scritta con una vecchia Olivetti.

Questa è la storia di un’estate, dunque, e non parlerei nemmeno, di questo libro, per la regola di “autocontrollo” che mi sono dato sulle cose che mi coinvolgono troppo. Vado a moderare io alcuni dibattiti. E che dico dei precari del giornalismo, o volendo allargare, di quelli della comunicazione? Vorrei un pensiero superficiale che renda la pelle splendida (cit.) e vorrei una parola condivisa che riunisca tutte le cose da dire, per poter dire poco o nulla. Ma invitare a leggere e far leggere. Comprerei io 2-3mila copie per regalarlo in giro, come fosse un gigantesco bookcrossing, un tam tam africano.

Avete mai ascoltato “L’estate sta finendo“? Ecco, questo libro è come ascoltare i Righeira unplugged. Voce, piano e chitarra, “L’estate sta finendo” è una delle canzoni più belle degli anni Ottanta. Ma bisogna scoprirla, semplificandola dall’elettronica. Così Santa Precaria, romanzo unplugged. Non c’è voglia di piacere a tutti costi, nè di compiacere. C’è solo una storia, un lavoro. E un mondo.

Dicamolo, va’. È normale faticare il doppio, da queste parti, per vedersi riconosciuto un risultato? Santa Precaria è solo il titolo, intorno c’è tutto un progetto. Raffaella ha disegnato la copertina, il corno che vi è rappresentato è opera di Tiziana e Daniela, due bravissime ragazze artigiane di via San Biagio dei Librai, la “strada dei presepi” di Napoli. È rosa. Per non scordarsi che la fortuna di trovare un lavoro è sbiadita. Ed è donna, in certi casi è pure una gran puttana. I disegni di Mimmo e Caterina, protagonisti del romanzo, sono di Fran, altro talento che ha avuto la ciorta di abitare da queste parti. Altrimenti già collaborerebbe con un settimanale nazionale, darebbe lezioni di disegno, avrebbe 2-3 consulenze e di conseguenza, un conto corrente. E invece qui, da queste parti, è tutto lillipuzziano: Gianni Solla chiama il suo “Airbag” “libretto” ed è un bellissimo romanzo.

In spiaggia di ombrelloni
non ce ne sono più
è il solito rituale
ma ora manchi tu.
L’Estate sta finendo – RIgheira

Raffaella intanto si diverte mettendo le mani nello scatolone di libri, manco fosse marmellata, e bestemmia: qualcuno nella sua città, ed esattamente qualcuno che lavora lì dove lei ha fatto la schiava per un anno, con un contratto da morto di fame, non vuole farle presentare il libro.
Ad Eboli, lì dove Cristo probabilmente si è fermato e non ha trovato nemmeno un cesso per pisciare, già è scattato il boicottaggio: mentre in tutto il resto d’Italia Feltrinelli e Fnac dalla prossima settimana venderanno tranquillamente il tomo, le micragnose librerie locali non vogliono acquistare copie del romanzo, non vogliono nemmeno tenerlo esposto. Pare che l’abbiano deciso quando hanno capito di che e di cosa trattava.

Ci sarà da divertirsi.