C’è Posta per te si ricorda che l’Italia è povera e le banche non danno mutui. Campagna elettorale?

Il povero siciliano che raccoglie lumache per venderle e sfamare la famiglia, “assistito” da Gerry Scotti che fa il suo sproloquio sui politici che rubano. La coppietta di Taranto che vuole sposarsi ma non riesce ad accendere il mutuo e Maria De Filippi se ne esce con l’Ilva e le banche che non danno fiducia se non a chi i soldi già ce li ha.

Insomma: “C’è posta per te”, Canale 5, prima serata del sabato, pubblico di anziani e di coppie di lungo periodo (magari proprio quelle che risparmiano per sposarsi) scopre oggi che ci sono i poveri in Italia. Che sta succedendo? Non potendo spostare i voti si sta trasmettendo il messaggio che “è tutto uno schifo” e che il voto non conta un cavolo? Sfiducia al cambiamento alle urne, sottomessaggio “disertare” ? A chi giovi, eventualmente, tutto ciò, una idea ce la siamo fatta: a quelli che sanno di perdere. E che non potendo appunto vincere, cercano almeno di scavare e togliere terreno.

Se la campagna del Pdl fa bene a de Magistris

 

Il Pdl di Napoli ha pensato bene di realizzare il primo manifesto contro Luigi de Magistris sindaco. Dovrebbe essere l'inizio di una campagna autunnale d'opposizione sul primo cittadino partenopeo.
C'è un ma: il manifesto affisso nel centro di Napoli  (e tra l'altro rapidamente scomparso, stracciato dai fedelissimi di "Giggino") è controproducente. Non veicola il messaggio che vorrebbe veicolare. Anzi, fa peggio.

Motivi? Guardare per credere.
Anzitutto, de Magistris è ritratto con una fotografia carina. Ammiccante, sorridente ma non è un sorriso elettorale, è un sorriso deciso di chi dice: «tutta mia la città». Complimenti a chi l'ha scelta.
Poi, errore madornale: ha la camicia arancione (o almeno tendente all'arancione)! Ora: se fai politica sai benissimo che quello è il colore che ha caratterizzato la campagna elettorale di Luigi de Magistris a Napoli e Giuliano Pisapia a Milano. Se tu usi la metà dello spazio di un manifesto per una foto (bella) col sindaco in arancione, gli stai facendo un regalo, rinnovando alcuni elementi che hanno decretato il suo successo (bello, giovane, deciso) e ricordando a qualcuno che se l'era scordato il "colore della vittoria". Ma bravi.

Lo slogan: «il sindaco cantastorie». Bisognerebbe fare una lunga analisi sulla necessità dei politici in questo periodo storico di volare alto e raccontare anche "delle storie" che appassionino e riportino la gente alla politica. Semmai il manifesto doveva accusare il sindaco di dire delle falsità. Non lo fa e il «solo parole… nessuna soluzione!» (i puntini? Il punto esclamativo? Maddai) fa ancora peggio.

Infine: i caratteri tipografici. Sindaco è scritto in stampatello; il simbolo Pdl è schiaffato in basso quasi trasparente.
Cari amici Pdl, De Magistris, sentitamente, ringrazia 🙂

Napoli triste, solitaria y final

Pioveva e doveva perché è sempre stato così; pioveva e il cancello è rimasto chiuso. Perché è sempre stato così, al Comune di Napoli. Arrestavano gli assessori e pioveva tra i cancelli chiusi ai giornalisti, moriva suicida uno di loro, Giorgio Nugnes, i cancelli di nuovo si chiudevano e dio la mandava giù come non mai, da piazza Municipio a Pianura.
Per rispettare il cliché dei cronisti affannati ci siamo presentati sotto al Palazzo di corsa, dopo una giornata plumbea, strana. L'affannarsi consapevole da ultimi giorni di Pompei e le salette troppo strette del Consiglio affollate da politici di secondo e terzo taglio. È sempre stato così, ma quando le porticine di plastica della palazzina consiliare troppo stretta pure per contenere il nulla della politica napoletana, si sono chiuse, allora si è sentito l'odore di promesse trapelare. Le firme sono arrivate in fretta: alcune convinte e legittime, altre contorte e strane. Ma è la politica italiana: ci hai mai visto coerenza?

La saggezza della folla teorizzata da Surowiecki dovrebbe essere estesa alle telecamere e ai microfoni. Sono saggi: se si accalcano vuol dire che c'è notizia e se non c'è, ci sarà. La troveranno loro nelle frasi tese, nei passi veloci verso il cancello che si apre, sì, ma solo per fare entrare vigili, galoppini, consiglieri e assessori. Arriva il manager della società partecipata con l'Audi e ti convinci che è assolutamente giusto finirla qui, che Rosa Russo Iervolino mandata a casa è l'inizio del cambiamento dal punto più basso. Il portone è alto, tenuto bene. C'è pure una di quelle vecchie chiavi d'epoca, perfettamente funzionante. Quella è la chiave di Napoli. Nel taccuino annoto i passi che ci vogliono per uscire dal portone interno a Palazzo San Giacomo  e varcare la soglia. Sono una ventina. Rosetta non li percorrerà a piedi, l'auto blindata varca il portone, lei saluta e va via. Ci inventiamo coi vigili urbani che non ha salutato e rifiutato le interviste, ma ha anzi detto «salite sopra». Prima di aprire verificano e ovviamente, va male. Ma valeva la pena provarci: una volta sono entrato quando non potevo portando una busta della spesa, scambiato (e non ci vuol molto) per il ragazzo della salumeria. Oggi è più difficile: dopo dieci anni di frequentazione ti conoscono pure le pietre a Palazzo San Giacomo.

In questi anni le tecniche per «l'aggancio e la battuta» sono state molte. Dentro al corridoio del secondo piano (tanto pure deve uscire, alle due del pomeriggio); all'ascensore (quale dei tre? Se conosci il Palazzo lo sai); nell'androne (tanto pure deve entrare in macchina); dall'altro lato (l'accesso secondario del Palazzo che lei raramente usava; lo preferiva invece Bassolino, per evitare i cronisti).
Ci sarà tempo per le analisi ad ampio spettro, per il racconto politico spicciolo. La cronachetta degli eventi? Dovevano sfiduciarla, non ci sono riusciti, ma sono riusciti a dimettersi in 31, tanti per far sciogliere il Consiglio comunale. Nei trentuno c'è un ex assessore della prima giunta Iervolino e 4-5 Fregoli della casacca di partito. La fantastica regola del «morto il re, viva il re» a Napoli funziona alla perfezione: in queste ore già si cerca di capire come riposizionarsi sul dopo. Prevedo suicidi di massa tipo lemming e cambiamenti di rotta al pari degli stormi di rondini.

Dunque finisce così, l'ingloriosa stagione del post-rinascimento, la disillusione ha fatto il giro in tondo e s'è trovata davanti la stessa città, trasformandosi in disperazione e poi in noiosa attesa. Cupio dissolvi
E fuori pioveva: al capezzale del centrosinistra napoletano qualche puttana della politica ballava il suo sabba con una bisaccia piena di promesse. Un poco di rabbia ti sale. Ma quando erano loro in sella hanno fatto lo stesso, mi dico. E senza ombrello abbraccio l'R4.

I manifesti impossibili del Pd Campania

Gentili amici,
ci troviamo davanti al non plus ultra della tragedia comunicativa targata Partito Democratico della Campania.
Analizziamo il manifestone-comunicato, il cui testo è stato sicuramente redatto dalle teste d’uovo Democrat campane, quei grandi comunicatori strappati ad Obama.

Oddio, consentitemi una prima disamina grafica. Volendo sintetizzare molto: fa cagare.
Cerco di argomentare il mio punto di vista.

Il carattere. : è un manifesto, no? E porca puttèna, direbbe Lino Banfi, se è un manifesto devono vederlo da lontano. Beh, io sta tragedia stampata l’ho vista, attacchinata abusivamente, manco a dirlo, in centro, a Napoli. Corpo 18? Corpo 22? Insomma, lontano due metri già non vedi più nulla.

Il colore : capisco che il rosso fa troppo comunista, il verde fa troppo Lega, l’ulivo fa troppo Prodi. Ma l’arancione che c’entra qui? Non è la testata del Riformista, nè una pubblicità della Fanta.
È un colore debole, un vorrei ma non posso, quindi lo dico con questo giocoso colore.

Per la serie: ‘A Cosentì, nun te ncazzà

Veniamo al testo:
vabbè, Economia secondo me va maiuscolo, poi non mi piacciono le virgolette inclinate e quelle “dritte” (problema di formattazione, la smettete de’ scrive con Word senza controllare? ‘Ttacci vostri).

Il capolavoro è: «…avrebbe esercitato azioni tese a condizionare giudici e ordiva trame scandalistiche per screditare i suoi stessi antagonisti politici nel Pdl, gettando ombre anche sull’attuale presidente della Regione Campania».
A parte il condizionale solo all’inizio….
A parte che ai giudici, specie d’estate gli piace tanto essere condizionati (in tribunale fa un caldo della madonna), ma mi spiegate che cazzo volevate dire?

Gettare ombre? Ma io vi getterei un vaso pieno d’acqua coi fiori pure, cazzo, ma è un manifesto, non un tortuoso articolo di una rivista settimanale politica di quart’ordine! È un manifesto del “principale partito d’opposizione italiano”. Volete scriverlo in maniera che tutti possano capire? E volete metterci una stracazzo di punteggiatura?

«inoltre Cosentino ha la delega al CIPE, un organo di primaria importanza…»
Ma è più o meno importante della cistifellea, del fegato o della guallera che ci avete gonfiato a dismisura, costringendoci a leggere tale scempio?

dulcis in fundo

«…in cui Caldoro dovrà spiegare quali decisioni prendere e se le scelte sono ancora nelle sue mani o in altre stanze».
Scelte nelle stanze? Ma è poesia pura. Dopo il cielo in una stanza, le scelte nella stanza sono degne di Gino Paoli. Oppure …ho capito: rispondete all’appello di Nanni Moretti (“dici una cosa di sinistra” e dunque alla “Stanza del figlio” si risponde con la “Stanza di Caldoro”?

Dai, ammettetelo che avete preso un testo a cazzo di cane e buttato lì. Lo spero.

PS: “Pd Campania” è la VOSTRA firma: o avete il coraggio di scriverla a corpo 52 o, per piacere, non fatelo nemmeno, il manifesto.