Fare la guida turistica agli amici in vacanza a Napoli e vivere felici


Capita sempre più spesso: «Ciro sono/siamo a Napoli, ci vediamo?». Per me è sempre una gioia. E pure una responsabilità. Provateci voi a non farvi venire l’ansia dopo vent’anni di cronaca. No qui no, hanno ucciso a uno. Qui ci sta la piazza di spaccio, qui non passano bus. Vediamo di condensare i consigli utili

1. Valli a pigliare. Non esiste che ti lascio alla stazione centrale come un disperato in mezzo al ‘gioco delle 3 campanelle’, al borseggiatore facciadimerda (l’ho ribattezzato così) alla selva caotica di piazza Garibaldi di mattina che si trasforma in giungla la sera. Valli a prendere/vallo a prendere/valla a prendere in stazione. Se arriva all’aeroporto di Capodichino, invece, se la può tranquillamente fare con l’Alibus (taxi? Coraggioso e paghi tu).

2. Caffè subito. Togliamoci subito questo pensiero. Fagli prendere il caffè subito, così la discussione su quanto è buono rispetto boh, che so, a Bergamo la archiviamo e passiamo avanti.

3. Metropolitana fino a Toledo. Dico sempre che metro di via Toledo è così bella che i treni non passano per non sciuparla. Qualche giorno fa un gruppo di romani ha osato in mia presenza dire che insomma, non è granché. In realtà è vero, non è tutta questa magnificenza, ma la dovevo difendere a prescindere, quindi ho sbottato: «No, signo’ è meglio a Roma Battistini sicuramente!».
Mo’ la signora andrà raccontando che un tifoso del Napoli voleva accoltellarla in stazione. Fanno sempre così, gonfiano un po’ la storia per sentirsi Genny Savastano in Gomorra.

4. Voglio ‘o mare. A Napoli si dice: «’o ttengo e t’ ‘o ddongo» (ce l’ho e te lo do, con velata allusione sessuale). Il mare c’è. Puntare su via Caracciolo (chiamatelo un’altra volta “Lungomare Liberato” e vi sputo in un occhio). Percorrete la via Toledo, caotica e calda. Il cronista vi dirà che alla Galleria Umberto è morto un ragazzino con un pezzo cornicione caduto in testa. Che è un cantiere tutto e che non la riconosce più, la città.
Voi guarderete i vicoli dei Quartieri Spagnoli e direte: «Ma ci si può andare?». Poi vorrete andarci da soli e non vi succederà niente, nemmeno uno scippo. E vi sentirete un po’ stronzi per aver pensato che Napoli era così pericolosa (ecco, il tempo di pensare sto fatto e si sono fottuti il portafogli sul bus R2 che vi avevo detto di non prendere!).
Piazza Trieste e Trento, la fontana con la carcioffola, alla vostra sinistra il Teatro San Carlo. C’è un bel concerto, una bella opera. Perché non ci andate? Davvero.
Poi si apre piazza Plebiscito. Tira un po’ di vento e voi siete contenti, son contento pure io , se vi accompagno. Quello a sinistra è Palazzo Reale, sulle statue dei Re c’è una filastrocca che mi scoccio di raccontarvi, la trovate su internet. A destra il colonnato della Chiesa di San Francesco di Paola.
Sì, se ti metti al centro e ti bendano non riesci mai a centrare i due leoni. Però fa caldo è mattina. Meglio provarci di sera. E lì su c’è il Pallonetto di Santa Lucia. Montedidio, Pizzofalcone e blablabla. Ma tu lo vuoi vedere o no, il mare?

5. Il mare. Via Cesario Console, questo bicchiere pieno d’acqua di mare che scivola via. Andiamo sul bordo: è il golfo di Napoli. A sinistra Molosiglio, a destra lungomare. Santa Lucia l’ho saltata, magari torniamo se abbiamo fame a mangiare qualcosa. Il mare non è un elemento marginale.
A te piace ‘o selfie ‘e Instagram? E hai voglia di selfie e storie di Instagram, guarda qui.

Però magari se cammini invece di pensare a quanto casino ci sta e al caldo che fa e a come sarebbe bella Napoli se tutto questo fosse meno caotico, ecco, camminando camminando ti spogli dei pensieri, delle ansia, inizi a parlare del mare, del mare, solo del mare di quanto eri piccolo e di come a casa tua, d’estate si andava in spiaggia.
Se scenne tutto ‘a cuollo, tutto da dosso. È il più grande regalo che ti può fare Napoli e te lo fa una sola volta. Dovrai ritornarci per provarlo nuovamente.
E lo so, se stai leggendo e sei napoletano lontano dalla città, magari perché la vita ti ha portato altrove nel mondo ti sta venendo un po’ da piangere.

6. Non aspettare niente e nessuno per mangiare. Ci sono ristoranti e pizzerie che hanno file d’attesa chilometriche manco fossero l’ospedale Cardarelli quando ti devono operare la guallera. Io dico no alla fila, io dico no alla lista «venti minuti al massimo e si libera un posto». Andatevene affanculo, qui si mangia bene quasi ovunque. La pizzeria è piena? Ciao, vai a quella affianco. Ma non perdere un’ora o più per aspettare di pranzare.

7. Vuoi i posti dei turisti? Ok. Allora: Castel dell’Ovo, Maschio Angioino, il Cristo Velato alla cappella Sansevero al centro storico (si è bello però mammamia, tre ore ad aspettare…ma cammina, vivila, stai qui solo un giorno!). Castel Sant’Elmo vista bellissima da San Martino; vuoi vedere lo stadio? Prendi la metropolitana e scendi a Campi Flegrei, poi ti deprimi e torni indietro. Che vuoi fare? Il museo Archeologico arte classica e reperti egizi e romani? Il museo Pan, fotografia e arti figurative? Il museo Madre, arte contemporanea?

Volete il piedino a zampa di leone? E Giggino vi da il piedino a zampa di leone…(il palazzo di’ Così parlò Bellavista’ è in via Foria 106, nelle ore diurne è aperto).


7. Vuoi i posti non turistici?
In realtà anche il luogo più turistico di Napoli contiene al suo interno un po’ della sua autenticità. Fatevi un giro per l’Anticaglia dietro via Duomo, sbucate davanti al ristorante ‘La Campagnola’ in via dei Tribunali e se non c’è fila (difficile) mangiate lì.
Vorrei dire: perdetevi senza una guida. Sì, ma che ve importa: perdetevi: Pallonetto, Pignasecca, Cavone di piazza Dante, Borgo di Sant’Antonio Abate, andate ngoppa ‘e mmura, dietro il mercato del pesce a Porta Nolana. Vorrei dire, prendetevelo, sto maledetto bus R2 dalla stazione a via San Carlo. Vorrei dirlo, ma evito. Poi magari se lo fate non succede niente. A Lisbona mi dissero: «No ma non andare all’Alfama di sera! No ma attento ai borseggiatori sul tram» a me veniva da ridere come risi in faccia al borseggiatore che voleva puntarmi a Dublino (ma seriamente, ma come si fa, a Dublino…ridemmo per tutta la serata).

E se proprio vuoi/volete vedere una cosa che vedo io tutti i giorni ecco. Via Santa Lucia, quasi alla fine, prima dei barbacane che sostengono il costone del Monte Echia (quel coso di tufo).

Io questo l’ho ribattezzato il balcone dell’ottimismo.
Perché sei di fronte al mare, non lo vedi ma ne senti l’odore, lo immagini e sai che due passi e sei lì. Potresti avere una grandiosa vista e non ce l’hai.

Ma aspetti. Un giorno, chissà, Napoli la aggiusteranno tutta.
Chissà.
Intanto resto, aspetto…

Argomenti trend da utilizzare in una cena napoletana

1. Chi cazzo è il cantante LIBERATO? Ipotizzate di saperlo ma di non poterlo dire.

2. Chiedete agli ospiti se piace l’imitazione di Maurizio De Giovanni del cabarettista Lino D’Angiò. Ricordatevi di non fare troppo gli ironici che De Giovanni è come Fidel Castro, ha gente ovunque.

3. Gioco di società: ripetere a memoria il monologo del Cavalluccio Rosso di Riccardo Pazzaglia.

Guida rapida per non farsi fottere appena arrivati a Napoli

Sostanzialmente.

1. Arrivi alla Stazione centrale. Poche chiacchiere:è un caos incredibile. Nulla ti ha preparato alla stazione di Napoli, forse l’India, il Medioriente o certe strade dell’Avana. In stazione stai tranquillo, più o meno. Uscendo lo sei di meno, soprattutto di sera (lo dico a quelli che “essere Napoletani è meraviglioso”: strunz, io abito a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Napoli, so di cosa parlo).
Comunque se sei a piedi attento al trolley, cerca di uscire il più rapidamente possibile su corso Umberto.
PS: ma veramente hai messo il Rolex? A parte che è na cafonata, toglilo. Napoli è bellissima e il 99,9% delle persone sono di una onestà specchiata, ma toglilo dal polso. Ma che cazzo te lo sei portato a fare?

2. Come esci dalla stazione?

Non prendere il taxi fuori la stazione centrale se non costretto. Piuttosto spostati al corso Umberto e prendilo, paghi 1 euro in più la chiamata, ma i tassisti alla stazione so’ predisposti a spennare il turista (ok, non tutti, non è giusto fare un’erba un fascio, vabbè, ok, viva lo Re Borbone). Vuoi prendere il bus? Veramente? L’R2? E sentiamo, hai indossato anche il cilicio nelle mutande? Il bus 151 è pieno di borseggiatori, pure l’R2. La cosa più economica e valida? Prendi la metro Linea 1 così non devi uscire nemmeno dalla stazione. Quando passa regolarmente (quasi sempre dai) è ottima.

3. Taxi situation
Il tassista fiuta il pollo da spennare. Se hai un accento bresciano io non posso farci niente. Quelle e oppure quelle o allungate sono un disastro 🙂
Stammi a sentire. Attento che il tassametro sia acceso: non devi pagare niente in più rispetto al tassametro. Solo la chiamata se telefoni (1 euro) o eventuali valigioni in più (50 cent). Qui trovi tutto il tariffario attualmente in vigore.
Tu hai ragione, quelli ti fottono sul percorso, mica su altro. Io sai come faccio? Quando prendo il taxi per andare in redazione dico “andiamo alla Regione Campania”. Perché il tassista quando sente l’istituzione ha paura. Una volta millantai di lavorare al “corso pubblico comunale” (l’ufficio che rilascia o revoca le licenze ai tassisti) per evitare un percorso monstre in mezzo al traffico.
Parlaci, col tassista. «Sa, io che lavoro alla questura di Brescia conosco molti tassisti napoletani». Lui pensa che sei un guardio e si intimorisce.
Comunque un navigatore sul cellulare lo tieni pure tu…non farti fregare. E tieni sempre spiccioli altrimenti la corsa da 7 euro non avrà mai 3 euro di resto.
Attento alle banconote false! (ahah ora i napoletani orgogliosi ultras mi uccidono)

4. Mangiare senza truffe

Premessa: siamo a Napoli, non a Roma. A Napoli si mangia bene quasi ovunque e non ti propongono una lurida carbonara a 18 euro. Tuttavia, occhi aperti. Più sembrano trattorie caratteristiche e fetide fronte strada affacciate dal vicoletto e più sono in realtà locali acchiappa-turisti. Evita, ma che t’importa di risparmiare 2 euro se mangi male? Vai a mangiare in posti che t’ispirano anche nell’aspetto: sei turista, fai il turista intelligente e posa i soldi.
In generale nei giorni feriali, se vai a pranzo in un locale che serve di tutto, dai primi alla pizza, ci sono anche i menù coi piatti del giorno. Che non riceverai mai al momento, ma solo previa richiesta. Di solito ti danno il menù standard da turista.
Devi dire: «C’è anche il menù coi piatti del giorno?»
Se invece il cameriere ti spiega i piatti “fuori menù” per lo più a base di pesce, sappi che costano di solito di più.
Il capolavoro però sono gli antipasti.
«Facciamo un antipastino all’italiana? Per due? Quattro? Me la vedo io?». E lì sei fottuto. Non hai scelto l’antipasto dal menù, ti arriva un misto fritto enorme che ti uccide il gusto del primo piatto o della pizza e lo paghi più di tutto il resto. E invece tu sii zen e resisti all’odore della frittatina di maccheroni a pranzo: quella te la mangi in strada, ai Tribunali.
Cosa ordini? Pesce se lo paghi poco hai quanto paghi. Io eviterei intingoli simil Masterchef, la cucina napoletana è così bella nella sua semplicità.

Vabbé, fino al pranzo ti ho salvato. Il resto lo vediamo successivamente, ok?

Napoli, il centro sociale occupato e i «nemici della rivoluzione»

Sono da sempre sostenitore dell’importanza dei centri sociali occupati nel tessuto urbano di una città sempre meno inclusiva. Negli anni 90 ero adolescente e il movimento che aveva appena scatenato la Pantera nelle università creava Officina99, Ska, DAMM eccetera.
Sono stato il primo a scrivere a Napoli che Rifondazione comunista aveva imposto all’allora sindaco Rosa Iervolino di far acquistare al Comune lo stabile di Gianturco occupato da Officina 99. Scatenai le ire di alcuni della defunta sinistra napoletana (l’operazione doveva essere tenuta bassissima fino al rogito) ma era una notizia: il centro sociale non più occupato ma di fatto legalizzato.
Oggi si fanno legalizzare prima di entrare…

Così come una notizia è, oggi, quella di Mezzocannone Occupato, delle proteste per il troppo rumore in zona, di notte e l’intervento dei carabinieri. La contraddizione è : lo spazio occupato deve coltivare il dissenso, la controinformazione, oppure organizzare festini per adolescenti fino a tarda notte?

Anche ad un sincero sostenitore degli spazi occupati come me appare chiaro a Napoli lo schiacciamento delle realtà un tempo antagoniste nei confronti dell’esperienza di governo comunale De Magistris. Non si capisce chi tiene per le palle chi. Loro o il sindaco? Giggino prende ordini dagli antagonisti o loro hanno tramutato i centri sociali in comitati elettorali? È un fatto che i nomi delle realtà occupate siano legati a doppio filo con l’Amministrazione comunale. È un fatto che De Magistris li difenda sempre, comunque, ovunque, come farebbe con il suo partito.

Se però queste cose le dici o le scrivi, il risultato è una vagonata di merda sui social e anche de visu da parte di leader – o presunti tali – dei movimenti.
E chi come me era abituato ad andare a prendersi una birra, ogni tanto, lì, ora non può più poiché bollato come «nemico». Questo è il clima, eh.

Con questi giorni che non mi riescono…

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«Con questi giorni che non mi riescono…»*

Ho avuto la febbre per qualche giorno – per un maschio adulto significa aver vissuto un’esperienza di pre morte – e quando sono uscito per tornare in redazione (ieri) Napoli era lattiginosa, immersa in una nebbia che per noi non è usuale. I contorni sfumati di Castel Sant’Elmo su a San Martino a conferirgli mistero; il Vesuvio che si scoccia e sparisce inghiottito dal bianco; il mare che pare un barattolo di vernice da steccato. Poi è iniziato a piovere. Lavoro a Santa Lucia e sono un giornalista. Se piove pure, l’unico da citare è il Nicola Pugliese di “Malacqua” :

«Attraverso il velo di pioggia che scendeva a sfrangiare la città avvertivi il disagio, ed il presentimento triste: la vita sarebbe cambiata. E stava cambiando forse in quel preciso istante».

Da quanto non proviamo la sensazione che qualcosa stia cambiando, a Napoli? Qualcosa per tutti, dico, qualcosa che non sia l’emozione legata ad un evento sportivo o connessa ad un concerto o alla scomparsa di un personaggio famoso? Si rincorrono le novità, veloci come i «a cosa stai pensando?» sul social network; le novità, okay. E i cambiamenti? La felicità o l’inquietudine fiera che qualcosa domani sarà diversa da oggi, la città non la sente più da tempo. Sono sicuro che se scavassi in Italo Calvino troverei una citazione sulla città che si è un po’ cacata il cazzo. Ma ve la risparmio.

Ai giornalisti è demandato un compito: quello di percepire l’aria che tira. Spesso, invece, le arie se le danno o ci riempiono i pezzi. Che poi diventano come gigantesche pizze fritte gonfie ma senza sostanza (a proposito, eccola qua). L’aria è che le elezioni si avvicinano: il sottobosco inizia a muoversi e se ne ha contezza; si iniziano a saldare alleanze, gente fonda partiti col proprio nome e cognome (sì, il sindaco di Napoli), alla Regione Campania il comandante De Luca sarà costretto a rivedere la sua giunta e dar spazio a quelle forze del Pd campano che gli serviranno in caso di ricandidatura.  ‘O zuppone di eduardiana memoria è l’immagine che ben si confà all’attuale legge elettorale.
Vi sto scrivendo di politica perché in queste settimane stiamo scoprendo che il Pd di Napoli alle Elezioni comunali della scorsa primavera non solo si è presentato con delle primarie-burla (ricordate il fatto dell’euro ai seggi?) ma anche con liste un po’ farlocche (o quantomeno meritevoli di indagini).

Se è vero come spesso è stato vero negli ultimi decenni che Napoli si dimostra laboratorio politico di quel che sarà nel resto d’Italia, il Pd è messo malissimo, pure peggio di quel che già sembra. E forse è il caso di accendere una nuova luce intorno a questa carcassa di partito vesuviano. Spero di contribuire coi miei timidi mezzi.

 

L’altra è la morte di un uomo. Si chiamava Raffaele Vettorino, aveva 62 anni ed era un ex lavoratore socialmente utile (Lsu, una sigla maledetta) che manifestava per lo sblocco di fondi che gli avrebbero consentito la “stabilizzazione”. Un precario di 62 anni, coi figli ultratrentenni, senza alcuna possibilità di pensione.
Raffaele è morto d’infarto in una storia che ha dell’incredibile: un tizio con una Bmw ha travolto il corteo ferendo 3 persone, lui ha tentato di rincorrerlo e si è sentito male.
Di Raffaele ho visto una foto: lui chino che rinteggia un muro. Mi ha un po’ scosso,  ci sto pensando da giorni.

 

Napoli ’44 di Francesco Patierno è un film davvero bello. Fate in modo di vederlo (è su Sky). Riprende le memorie del giovane ufficiale inglese Norman Lewis entrato in città nel 1943 con la Quinta Armata. Alla potenza delle parole s’associa quella delle immagini, non solo evocativa ma anche dotata d’una cifra poetica notevole.

 

«E sulla città questo velo di come agonia d’animale» (sempre Malacqua). In quest’agonia ci metto due cose che mi hanno intristito molto. La chiusura di un punto lettura per bambini in un museo comunale (le cose si stanno evolvendo, non per il meglio, ma oggi dovrei scrivere un altro pezzo). 

Se mercoledì 8 febbraio siete a Napoli e vi interessa la Seo (quella scienza occulta per esser bravi sui motori di ricerca) o comunque scambiare due chiacchiere, presento il libro di un caro amico. Se riesco racconto pure la sua singolare storia imprenditoriale, secondo me molto bella.

 

*La frase è della canzone è “Da lontano” di Eduardo De Crescenzo. È molto dolce: ascoltatela quando siete un po’ tristi. Una volta ho conosciuto De Crescenzo, girava voce che non fosse esattamente tra gli artisti disponibilissimi con tutti, quelli col sorriso prestampato. Beh, posso confermarla. Però è davvero un grande artista, secondo me.

Newsletter su Napoli e i napoletani

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Una newsletter su Napoli, vista da un giornalista che a Napoli vive e lavora. Sono anni in cui questa città è sempre più marginale nel dibattito politico e culturale italiano. Eppure la capitale del Mezzogiorno d’Italia resta un punto privilegiato per guardare gli effetti di quel ch’è stato deciso altrove o come laboratorio che anticipa quel che sarà.

La newsletter è come la pipa. Lenta. Ma ha un sapore particolare, un po’ antico. E arriva dove deve arrivare, anche altrove. Avevo bisogno, forse necessità, di confrontarmi con un’altra modalità di scrittura che non fosse quella giornalistica né quella con le regole del marketing e della seo (ormai le due non si distinguono quasi più).

I lettori vengono contati coi like e con gli share che non sono sempre sinonimo di comprensione, condivisione, analisi critica del testo. Si sceglie di dare sempre più importanza agli elementi immediatamente visionabili sui social network, come foto e titolo, col risultato che è tutto un rincorrere la novità incredibile ed esclusiva. Vorrei provare anche a guardare altrove. Verso una comunità di persone che leggono attentamente, unite dalla voglia di vedere Napoli sotto un’altra prospettiva. O quanto meno di stimolare una discussione diversa.

Newsletter su Napoli, come iscriversi?

Dunque vi presento la newsletter su Napoli di Ciro Pellegrino (è gratuita, ovviamente). Il titolo è, appunto: “Saluti da Napoli”.
Vi spiego perché?

«E a Napoli che si dice?». Per chi ne è lontano (temporaneamente o definitivamente). Per chi la guarda da lontano. Per chi non la capisce più: una timida newsletter che riceverai poche volte al mese. Tutto gratis ovviamente. Se ti va, inserisci il tuo indirizzo mail.

Saluti da Napoli – una newsletter di Ciro Pellegrino

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Tarantelle, canzoni, sole e mandolino, a Napoli si muore a tarallucci e vino…

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«Tarantelle, canzoni, sole e mandolino
a Napoli si muore a tarallucci e vino…»*

Abito a pochi metri dalla Duchesca, il mercatino della sparatoria in cui qualche giorno fa è stata ferita una bimba di 10 anni. E però lavoro in una redazione affacciata sul golfo di Napoli con un panorama spettacolare. Il salotto buono e il ripostiglio.
Napoli non è una immagine ma un percorso. Anche per questo mi arrabbio molto quando si semplifica la visione della città; coi social network poi quest’inguacchio ci riesce benissimo. La nostra città (non importa se non siete nati qui, se mi state leggendo vi offro la cittadinanza, la daranno pure a Maradona…) si presta magnificamente allo stereotipo commerciale su più livelli.
La vuoi iconografica e ammaliante? C’è.
La vuoi tetra e pericolosa? Eccola.
La vuoi storica? A disposizione.
Moderna, dalle mille sfide future? Postindustriale? Tradizionale? Camorra? Anticamorra?
Nessun problema.

Volete il piedino a zampa di leone? E Giggino vi da il piedino a zampa di leone…(ja vediamo se indovinate chi è)

È dunque normale che in una città del genere coesistano visioni (tutte schiacciate nella narrazione televisiva ovviamente) molto diverse l’una dall’altra. Il problema è la guerra tra i rappresentanti delle singole ‘fazioni’. Come al solito.

Qual è Napoli? La serie Sky Gomorra col clan Savastano (a proposito… ma che brutto spot, quello con Salvatore Esposito per la Dacia)? Il commissario dei Bastardi di Pizzofalcone, (cioè il Montalbano partenopeo andato in onda su Raiuno)? Le bellezze documentate da Alberto Angela? (Ah: dicono che la metropolitana di Toledo sia così bella che non facciano passare i treni per non sciuparla)
E non solo: aggiungici pure Un posto al sole che ha ormai 20 anni di vita e le sempreverdi repliche notturne de La Squadra.
Qual è la vera Napoli? E quanto i social hanno modificato la nostra percezione della città, quanto il nostro esserne cittadini consapevoli di ciò che accade?

Che dite, il discorso merita o no un approfondimento? Fatemi sapere che ne pensate, ci tengo.

Il libro Gomorra è stato pubblicato 10 anni fa, Luigi De Magistrisgoverna da 7 anni quasi. Secondo voi può essere d’attualità uno scontro in cui uno nega sostanzialmente l’altro? Ebbene sì.
Per la prima volta ho preso le parti dello scrittore, l’argomento era – manco a dirlo – la visione della città recente. A tinte cupe quella di Saviano, ottimista sulla camorra quella di De Magistris. Non mi sono piaciute le parole del sindaco. Sostenere che Saviano e ‘ci fa i soldi’ è vergognoso. Attenzione ad avallare questi ragionamenti: sono l’anticamera della censura preventiva sui temi fastidiosi da discutere ai politici

Due anni fa ci lasciava Pino Daniele. Io ne ho scritto, ma c’è chi l’ha fatto meglio di me, legandolo agli anni Ottanta partenopei.

Propositi nei prossimi giorni: andare  a vedere al cinema “Napoli ’44” di Francesco Patierno, tratto dall’omonimo libro di Norman Lewis.

*Il titolo di questa newsletter è una canzone particolare. È della Smorfia. La cantavano, quarant’anni fa circa, Massimo Troisi,Lello Arena ed Enzo Decaro. Spiega, mille volte meglio di come abbia tentato di farlo io, la rabbia di chi non vorrebbe Napoli inchiodata all’oleografia, a dispetto di una realtà tutt’altro che ‘a tarallucci e vino’.
La  conoscevate ? Mi fate sapere che ne pensate?

Tarallucci e vino
Sei bambini in un basso sporchi ed affamati
gli occhi pieni di paura
con le mani cercavano un pezzetto di pane
nei sacchetti della spazzatura
Ho provato a dargli una fetta di mare
un raggio di sole e una canzone
ma il sole ed il mare da soli non bastano
per poter campare!

Tarantelle, canzoni, sole e mandolino
a Napoli si muore a tarallucci e vino
Tarantelle, canzoni, sole e mandolino
a Napoli si muore a tarallucci e vino

Alla fine del mese il padrone di casa
vuole i soldi della pigione
Non abbiamo una lira, siamo senza lavoro
ma lui non sente ragioni
Napoli è il paese del mandolino
noi gli abbiamo portato il nostro concertino
ma lui non è un poeta
e così tutt’a un tratto abbiamo avuto
un avviso di sfratto!

Le strade crollano, il mare inquinato,
case come prigioni, m’hanno licenziato!
Però in galleria che soddisfazione
la gente è felice e parla di pallone
Però Napoli è sempre il paese del mare
e perciò si capisce ci si deve arrangiare
” ‘O mattino ” ” ‘e fravaglie ” ” ‘e treglie ”
” ‘e pummarole ”
Napule è ‘o paese d’’o sole mio!

Qui metto dei fatti che mi sono piaciuti e non c’entrano con Napoli