Amici e nemici classe 1994

smemoranda 1994 Questa è la mia Smemoranda – l’unica che ho mai avuto, datata 1994.
Un capolavoro, così non ne fanno più davvero. Il tema: amici e nemici. Per me quanto mai attuale visto che i miei amici di ieri sono i nemici di oggi e viceversa.  A cambiare sono i modi; una decina e passa anni fa era più netta – o almeno a me 17enne così pareva – la distinzione fra buoni e cattivi. C’erano i 99 Posse ed era l’anno di Pulp Fiction. Entrambi li avrei scoperti dopo; giuro di non esser mai stato al passo coi tempi. Mentre la Posse, insieme agli universitari della “Pantera” (che è la nonna dell’ “Onda” universitaria) e ai fighi che non ho mai frequentato cantava “dico non mi provocare/dico non mi disturbare/dico stammi lontano/dico vattene a cagare” io boh, mi ricordo gli enormi, antichi  banchi di legno  sporco e scheggiato dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “Enrico Fermi” di Napoli. Mi ricordo le lezioni su Pirandello, “La Tregua” di Primo Levi al posto degli sposi di Alessandro Manzoni. Amici e nemici e che sciocchezza, mi sembra come quando in “Sapore di sale” Virna Lisi dice degli anni Sessanta «ricordo solo che ci batteva il cuore». Amici e nemici: Ivano Fossati scrisse della “mediocrità del silenzio“; Ligabue inaugurò ciò che per me ora è un immancabile rito di fine anno: “Quelli che…“; Da Lucio Dalla poche righe belle e sognanti: “amici e nemici nella  stessa mano…“.
Io leggevo e alla mia sinistra c’era il finestrone con infissi in alluminio e plexiglass e grata carceraria sfondata; alla cattedra si chiedeva “se questo è un uomo” e di così è (se vi pare). Cose che avrei capito solo anni dopo. La Smemoranda gialla, i contenuti li ho trovati tutti su internet e mi sono stupito e commosso. Ma sono andato a cercarla con la memoria e con il tatto, dovevo toccarla perché non riuscivo a provare l’emozione che sto provando ora, sfiorando la carta; la mia scrittura blu incerto ma forse meno mediata e per questo più vera. Gialla come un limone, la Smemoranda, con un succo di speranze che mo’ sembrano rinsecchite, manco fosse rimasto qualche giorno al sole, il limone, o spremuto eccessivamente da qualcuno che ora vuol buttarlo via.
E una su tutte, la mia preferita, di quel 1994. Stefano Benni. Insomma, la speranza di ieri che diventa balsamo sulle ferite di oggi. Ma pure questa dovrà passare.

Mellonta Tauta
Di aver sperato
non mi vergogno
né di sperare
Chico
non credo alle scritte
enormi dei palchi
credo alla carne
da tatuare
Alba. Amici comuni
recensiscon sconfitte
Notte. Di nuovo il suono
di calci di fucile
che sfondano porte
Rosa. E poi
siamo soli
lasciate il mondo
alla fine
alle ruspe
ai re della droga
ai pipistrelli
a chi tradisce
gli amici