Statte buono, Putipù

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«Embè, tu vuoi fare il giornalista? E mo’ te lo faccio fare io».
Domenico Di Meglio, in redazione a Napoli. Un pomeriggio di molti anni fa

Questo è un ricordo che avrei dovuto scrivere ieri; poi il giornale, la chiusura, le telefonate. Ma la mia memoria va a quel pomeriggio di tanti anni fa, quando entrai nell’ultima stanza a destra, in un palazzone alla fine di via Duomo, di fronte il porto e la via Marina. Venti minuti per finire con una macchina fotografica digitale – una delle prime in Italia, costava  oro e avevo una fottuta paura che me la rubassero – lungo i vicoli alla ricerca della nutizia. «Perché tu vuoi fare la cronaca? Fai bene, è un bel settore. Ma s’adda fatica’, eh?».
Così diceva Domenico Di Meglio, Mimì per gli amici e per me solo “direttore”. Fu lui ad accogliermi a “La Verità”,  battagliero giornale «dei napoletani veraci», giornale che i napoletani hanno dimenticato ma che è tatuato sul cuore di chi vi lavorò. Ora Mimì Di Meglio non c’è più ma i nercologi li lasciamo agli altri. Particolarmente  negato al computer, dettava ad alta voce tutta la prima pagina, ogni sera. Uno spettacolo, perché quella composizione era infarcita di battute e  sferzate ai giornalisti: «Li dovete fa tremare».

Noi ci abbiamo provato, direttore, qualcosa è andata bene, qualcos’altra no.

Siccome è morto sul campo, seduto alla scrivania della sua creatura, “Il Golfo” di Ischia (dove Mimì Di Meglio era “il giornalista”) lo immagino come un pirata alla guida del suo vascello a caccia di notizie, di fetienti da fustigare, un predatore che sfida la sabbia del deserto e l’indifferenza generale verso chi non ha voce. In mano nessuna spada, nessun fucile: ma il putipù, quello strumento musicale del folklore napoletano il cui suono è a metà fra uno sberleffo e un tuono. Dedicata al putipù fu la  sua rubrica che per anni tenne banco sulla “Verità”.  Parole schiette, che non guardavano in faccia a nessuno.
Ciao direttore, non me ne vorrai se non vengo al funerale, sono sicuro che avresti preferito che lavorassi, oggi, per portare una buona notizia in cronaca. Così come mi chiedesti, quel pomeriggio di tanti anni fa.