Roberto ‘o ministro. Qui non siamo a Barbiana

Fnac di Napoli, qualche settimana fa, presentazione dell’album di Meg (e gli inciuci fateli fare alla grande Candida Morvillo, lei può).

Ragazzo curioso da Fnac: «Ciao»
Eletto+scorta: «…»
Ragazzo curioso da Fnac: «Ma tu….»
Eletto+scorta: (sorride a 78 denti poi abbassa la testa e si guarda le punte delle scarpe)
Ragazzo curioso da Fnac: «Ma tu sei…..OBBERTO SAVIANO
Eletto+scorta: «Sì, sono io»
Ragazzo curioso da Fnac: «OBBE’ forse ti ricordi di me, sono amico tuo su Myspace. E comunque sei grande!»

Vabbè, in fondo non è colpa sua, anzi, per quel pochissimo che ne so, Roberto Saviano è assolutamente lontano da comportamenti arroganti. Poi però leggo che vuole fare il ministro  dell’Istruzione. O meglio, si lamenta perché i guaglioni protagonisti del film “Gomorra” sono stati bocciati a scuola.  Salvo essere in parte clamorosamente smentito dagli stessi insegnanti, in un pezzo sul Cormez di oggi.
Nessuno gliel’ha spiegato, a Saviano, che non serve avere i complimenti da Napolitano o il premio della giuria a Cannes. A scuola serve studiare. E basta.

Caro Roberto, che torto avrebbero fatto quei professori che si fanno quotidianamente il culo in un posto dimenticato da Dio e dagli uomini come te, promuovendo chi va  a Cannes solo perché è andato a Cannes e bocciando chi resta solo perché resta? Bisognerebbe cambiar tutto, forse, ma qui non siamo a Barbiana e Don Lorenzo Milani non c’è più.

Il secondo Saviano (ovvero Roberto II, la vendetta)

Robertissimo Saviano dopo Gomorra prepara il suo secondo tomo (veramente è il terzo, se contiamo il libello pubblicato con il Corriere della Sera). Oggi un cattivissimo Dagospia viene ripreso (ma con toni decisamente più soft ed entusiastici) dal Corriere del Mezzogiorno. Dago lo riproduco qui “tanto loro sono rock e non s’incazzano”, direbbe quel bell’uomo di Gianni Solla. Per il Cormezz, ecco il link. Seguono repliche e controrepliche.

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Il voto secondo Saviano (giusto per farsi due risate, eh)

Se l’industria di una nota bibita osserva una flessione nella vendita del suo prodotto cosa fa immediatamente?
Semplice: una campagna pubblicitaria.

Fatta la premessa, scrivo di una cosa che non c’entra nulla con quella precedente (altrimenti poi le aziende di note bibite si offendono). L’ineffabile Roberto Saviano ha parlato. Il Verbo si è palesato oltreoceano, attraverso il Time.
In sintesi, il Nostro denuncia una cosa agghiacciante: «la mafia si compra i voti» (omioddio!). E come fa? Lui l’ha scoperto: ti danno un telefonino fuori il seggio, tu fotografi la scheda col cellulare e se hai fatto il tuo dovere ti puoi tenere il telefono, del valore di circa 75 dollari.
Due considerazioni al volo: la prima è che come al solito Saviano arriva tardi. La vicenda dei telefonini è di qualche secolo fa. E probabilmente è anche superata: 75 dollari a voto non sono convenienti, Savià. Devono costare molto meno, i voti. La seconda è dalla bocca del Nostro è scomparsa la parola camorra. Ora parla di mafia. Giustamente, rivolgendosi al pubblico internazionale, ci vuole una organizzazione conosciuta in tutto il mondo.
Altrimenti, queste note bibite come le vendiamo?

Ps: avete visto la prima puntata de “La Nuova Squadra“, fiction di Raitre? Rispetta in pieno i canoni del savianismo, no?

Il Savianismo e la lotta alla camorra

update 23 agosto: Daniela Lepore di Decidiamo Insieme, in questo post commenta le mie misere considerazioni sul Saviano nazionale. Oh, le opinioni sono opinioni. Però mi permetto di dissentire su un fatto. Lei definisce «una pretesa un po’ eccessiva (e una critica un po’ pretestuosa)» la mia provocazione nel chiedere all’eroe anti clan un ritorno in patria, scorta e motivi di sicurezza permettendo (voglio dire, se a Napoli ci viene il Papa che avrà più nemici di Saviano, significa che un minimo di sicurezza gliela garantiranno…). Dico io, lo stesso Marco Lombardi nel pezzo di qualche giorno fa su Repubblica parla della necessità per Napoli «riabbracciare al più presto Saviano». Il ragazzo, Saviano. Facciamo che quest’abbraccio avvenga non in una sala della Regione o del Comune o della Procura, ma in mezzo ai guaglioni di cui tanto il Nostro ha parlato e da cui tanto ha preso per il suo best seller.
La verità è che da Napoli tutti (o meglio, tutti i furbi) prendono. E che, una volta preso, il frutto sono solo montagne di merda contro chi ci combatte ogni giorno e che quasi quasi passa per un filocamorrista soltanto se muove critiche contro l’impero che si muove dietro Saviano.

Anzitutto, mi dispiace per il titolo del post. Bisognava pur condensare uno stato di rabbia. E mi dispiace aver scritto di Roberto Saviano in 1 post su due: non ce l’ho con lui e considero anzi degno di assoluta stima il suo impegno letterario. Ma bisognerà pure rispondere.
Parto da una considerazione: a Decidiamo Insieme, il movimento dell’ex maestro di strada e candidato a sindaco Marco Rossi-Doria (che ho seguito da giornalista durante le ultime Amministrative a Napoli) piace il termine Savianismo. Rossi-Doria cita il termine Savianismo qui , riportando un articolo di oggi pubblicato su Repubblica. In estrema sintesi quest’articolo sostiene che criticare il giovane Saviano, scrittore di un bestseller, Gomorra, «voce della coscienza» minacciato dalla camorra e bandiera della lotta alla criminalità è da «oziosi incapaci e invidiosi»; tipico di persone dalle «miserie immaginative».
Ok. Mi hanno iscritto al partito degli antiSaviano, voluto da qualcuno che evidentemente ci guadagna nella contrapposizione bianco-nero. Volevo postare un commento al pezzo riportato sul blog di Rossi-Doria; tecnicamente non ci riesco. Lo metto qui. E non ne parlo più. Forse.

Gentile Rossi-Doria,
sono abituato a chiedermi il perché d’ogni cosa. Per questo, ogni volta che vedo il mio coetaneo Roberto Saviano in prima pagina (ed è quasi sempre sul glorioso Espresso) mi chiedo il perché. Le risposte non riguardano sempre la libertà di cronaca, la lotta anticamorra, la libertà d’espressione. Mi chiedo il perché di una foto in prima pagina tra due uomini di scorta, pistola in pugno; il perché di un dito indice puntato su una città intera; il perché della costruzione d’un pulpito ad inviti. Gli “abilitati a parlare” sono soltanto coloro che di questa città sanno poco e nulla o quelli che scambiano il diritto di critica con l’invidia del mediocre. Altro che ‘mille culure’: Napoli è dieci, centomila cose tutte insieme. Perché devo leggere “voi dov’eravate?” e non devo dire dove cazzo ero? Sarò drastico: penso che per fare una domanda simile occorra avere qualcosa alle spalle che valga più di un bello e vendutissimo romanzo. Perché devo leggere che la mia critica è quasi automaticamente tradotta in filocamorrismo? Quel che ho definito Savianismo è niente di più e niente di meno che il ragionamento parallelo di chi dice “è tutta camorra, è tutto uno schifo”. Eh no, così non va. C’è il diritto di attaccare un ibrido tra romanzo e reportage che non cita le fonti; c’è il diritto di arrabbiarsi se il ruolo civile di Saviano a Napoli non esiste. Invece io penso che uno scrittore così esposto debba esercitarlo, fi-si-ca-men-te. Costi quel che costi. Facile fare i discorsi su gennaro ‘o boss e pasquale ‘o camurrista parlando alla platea di attempati signori torinesi. Iniziamolo a fare con 15 ragazzi di Ponticelli o del Cavone. E vediamo se le risposte sono così bianco-nero come chi difende il Savianismo a spada tratta continua a ritenere.