Stasera in tivvù l’ho sentito ripetere questo termine – stampa locale – con la violenza di una colpa.
La stampa locale non ha detto, non ha fatto. «La cronaca locale anestetizzato tutti».
Se internet mi ha insegnato una cosa, è che la storia continuano a scriverla i vincitori, ma grazie alla Rete è più difficile che non resti traccia dei vinti.
I vinti siamo noi, la stampa locale. «Siamo pessimisti, siamo i cattivi pensieri», mi viene in mente quella canzone.
Roberto Saviano di noi giornalisti napoletani ha salvato – parole sue – pochi coraggiosi con la patente di cronisti anti-camorra. Pochi coraggiosi che ovviamente non albergano nemmeno nei piccoli giornali cittadini, o peggio ancora, in quelli municipali, in quelli di paese.
Per accreditarsi come unico portatore del Verbo, unico legittimato a parlare di camorra al di là del bene e del male, l’autore di “Gomorra” nel suo lungo soliloquio su Raitre ha portato quei giornali che si occupano di cronaca nera alla ribalta nazionale. Su questa vicenda ho già espresso la mia opinione parlando di “Stampa di rispetto e rispetto della stampa“. Ho anche proposto un codice deontologico anti-clan: ho portato la mia proposta a Caserta e a Casal di Principe, quando la categoria si mobilitò contro la camorra. Penso sia stata approvata dall’Ordine dei Giornalisti, ma non ne ho saputo più nulla. Peccato non sia stata aperta nemmeno una discussione, ma sono tempi complicati se non fai lo scrittore: i giornalisti attendono con trepidazione la firma per il nuovo contratto, quello precedente è scaduto da 4 anni.
Quel che mi stupisce – e mi scandalizza – è la totale delegittimazione della figura giornalistica. Non stiamo parlando di editori, di figure apicali della piramide di comando redazionale. No: stasera Roberto Saviano se l’è presa con i giornali e purtroppo la tivvù di Stato ha consentito un monologo (Usigrai, dove sei?).
Le lezioni di giornalismo le accetto con piacere; le digerisco male se però la persona che sale in cattedra non fornisce informazioni complete. Che cos’è un titolo su Don Diana donnaiuolo? Chi buttò il fango, chi infamò? No, perché mi pare che pentiti cercarono di intorbidire le acque. E ancora: nel Casertano o a Napoli agivano soltanto quei giornali lì (non sono nè un difensore di Cronache di Napoli, nè del Corriere o della Gazzetta di Caserta, mi limito a pormi questioni) o c’erano anche i giornali “importanti” della Campania, quelli sui quali anche Saviano scrive? E come trattarono certi argomenti. O meglio, li trattarono?
E ancora, cosa fondamentale, per me. Dov’è il capitolo “politica” di tutto quest’immenso campionario fatto di alias, storielle e psicopatologie camorristiche? Ecco, manca il capitolo politica. E il racconto ha il sapore dell’omissione per quieto vivere.
Del resto, è giusto così. Parlare di intrecci fra camorra e politica in tivvù viene molto male.