Il (mio) discorso di fine anno

No, non è quello di quel tizio su quel Colle romano, roba antica, superata.

Con Norberto Gallo e Francesco Bassini di Napolionline.org la mattina di San Silvestro mi sono immodestamente prodotto in una lunga videointervista su due argomenti che in questo scorcio di fine 2009 hanno tenuto banco: il fallimento politico e amministrativo delle Municipalità di Napoli e la questione della web-tv voluta da Palazzo San Giacomo. Ringrazio entrambi (più Francesco Iacotucci of course) per aver sopportato i miei sproloqui.

http://www.napolionline.org/new/intervista-a-ciro-pellegrino-de-il-napoli-le-municipalita

Resuscitate Indro ed Enzo: al Comune di Napoli serve il direttore della web-tv

Sul giornale di oggi ho scritto che il Comune di Napoli farà la sua web-tv. Con soldi dei fondi europei, eccetera. Fosse solo quello.

Trascrivo qui da un documento ufficiale i requisiti richiesti per individuare il direttore di questa televisione in Rete (lettera protocollata al Comune con numero  2989 datata 16/11/2009):

1. essere giornalista professionista da almeno 20 anni;
2. avere fatto parte per almeno 3 anni di una  o più redazioni di periodici e o quotidiani di rilievo nazionale;
3. aver collaborato per almeno 5 anni con quotidiani di rilievo nazionale;
4. aver collaborato per almeno 3 anni con quotidiani on-line;
5. avere una comprovata esperienza nel campo della comunicazione istituzionale con una esperienza diretta in un ente pubblico;
6. essere autore di reportages e servizi per testate nazionali;
7. essere autore di programmi di inchiesta e di informazione del servizio pubblico;
8. aver svolto almeno una esperienza come conduttore di programmi televisivi di approfondimento del servizio pubblico;
9. avere una esperienza di conduzione di almeno 5 anni di notiziario televisivo del servizio pubblico;
10. avere esperienze pluriennali di ideazione, redazione e conduzione di programmi televisivi e giornalistici nell’ambito della televisione pubblica e non commerciale;
11. avere svolto ampia qualificata e comprovata attività quale formatore nel campo del giornalismo e della comunicazione;
12. avere una comprovata esperienza di direzione e formazione di un team professionale nel campo della comunicazione.

Dodici requisiti, analizzati i quali si desume che:

– il prescelto avrà ad occhi e croce più di cinquant’anni (ma nella migliore delle ipotesi);
– il prescelto sarà necessariamente un giornalista (o un giornalista pensionato) della Rai (leggi punti 7,8,9,10);
– il prescelto non dovrà aver granché competenza di web. Ammesso che (punto 4) aver collaborato con quotidiani on-line non venga considerato un titolo di conoscenza di tempi, mezzi e modalità d’una web-tv.

Nel pezzo di oggi non l’ho scritto  (poco spazio ed è sempre meglio dare i fatti che le opinioni) ma è allucinante che un progetto pubblico con soldi pubblici per un ente pubbliconon venga avviato con una selezione pubblica.
Il Comune di Napoli – come tutti gli enti istituzionali – ha tra l’altro anche degli elenchi professionali ad hoc (che strano, sono spariti da internet) cui attingere  in caso di nuove attività da intraprendere.

Il sindacato dei giornalisti, l’Assostampa Napoli, ha inoltre un altro elenco, lunghissimo. È quello dei colleghi professionisti e disoccupati. A Napoli il precariato giornalistico è su percentuali altissime. Fra i senza lavoro ci sono colleghi con curricula di tutto rispetto.

Parliamo di qualità: essere professionisti da un ventennio è garanzia di qualità per dirigere un giornale, una radio, una web-tv?  Garantisce  a prescindere competenza e affidabilità? Imporre il requisito (punto 10) di aver lavorato nel solo servizio pubblico (dove non ci sono concorsi veri da decenni, ma assunzioni a chiamata diretta) è davvero giusto?

Leggeteli bene, quei requisiti: ipoteticamente Indro Montanelli e Enzo Biagi sarebbero fuori (nessuno dei due ha il requisito del punto 9).

E se il Comune di Napoli avesse voluto assumere, per assurda ipotesi, Enrico Mentana, non avrebbe potuto: il fondatore del TG5 e ideatore di Matrix ha lavorato (punto 10)  anche per la tivvù commerciale.

Cosa succede in città (ai giornalisti)

dossierstasi

In Germania sono passato sulla Normannenstraße, per il museo della Stasi. Un palazzone ministeriale come tanti a Berlino. Dentro, un’esposizione dei gingilli da spia: il bottone-microfono, la penna 007 e lo strumento di tortura. Eppure il controllo, il tentativo di governare con la paura, per decenni è stato affidato  ad un materiale ben più “docile” e conosciuto: la carta. Quintali, tonnellate di carta dattiloscritta. Tizio va a fare, a dire, parla con Caio. Le vite degli altri lo spiega bene.

Questo probabilmente c’entra non poco la rabbia che  mi è venuta sapendo di una  amica e collega giornalista,  come Giuliana Covella, finire schedata nel dossier del Cau, il collettivo autorganizzato universitario di sinistra, un documento chiamato “No Casapound”, tutto centrato sui protagonisti della vicenda che per mesi ha visto giocare agli anni Settanta, nel cuore di Napoli, al rione Materdei, un gruppetto di giovani di destra e uno di sinistra. Solidarietà dagli enti di categoria, Ordine dei Giornalisti e Associazione della Stampa, poi però resta la rabbia di un pensiero a senso unico: probabilmente se fosse accaduto ad una firma eletta dell’antiberlusconismo militante si sarebbero mossi i social network in massa. Qui c’è solo una precaria  di trent’anni.

Stesso discorso per Alessandro Migliaccio, che un anno fa venne schiaffeggiato dal capo della Polizia Municipale di Napoli, Luigi Sementa. Un anno dopo, il risultato è trovarsi al punto di partenza, con un processo che stenta a partire. Dover incassare il silenzio del Comune di Napoli. Dover fare appello alla Procura affinchè si muova qualcosa, si faccia giustizia.

In entrambi i casi la solidarietà di Ordine e sindacato c’è stata. Ma, a malincuore, ho visto pochi colleghi interessarsi a queste vicende. Non li  biasimo, ma individuo in questo disinteresse a Napoli uno schifato distacco dai fatti della nostra professione.
Potremmo, dovremmo, io dico, fare qualcosa per riavvicinarci tutti.

Brunetta e gli altri: i siti web istituzionali e il loro utilizzo politico

Qualche giorno fa questo blog riportava la notizia della risposta via sito web istituzionale di Renato Brunetta ad una inchiesta de L’Espresso. Ora il giro s’è allargato e la notizia è finita sui giornali. Ci si scandalizza molto,  probabilmente a ragion veduta. Però secondo me andrebbe fatta una riflessione più ampia, prescindendo dal caso Brunetta e dall’evidenza grafica con la quale è stata occupata la pagina del sito innovazione.gov. Vale a dire: il sito di un ente pubblico può o no contenere dati di natura politica? Mi spiego meglio con un esempio che mi riguarda perché a suo tempo ne scrissi a più riprese : il caso Bassolino.

Il governatore della Campania, Antonio Bassolino, ha un blog che va sotto le cosiddette “pagine del presidente” linkate alla homepage dell’Ente regione. Il blog è pagato con soldi pubblici, creato da una società in house che si chiama Campania Digitale. Ovviamente Bassolino nel blog riflette di cose personali, di politica e società, molto spesso i suoi portavoce spediscono alle agenzie comunicazioni del tipo “lo ha scritto Bassolino sul suo blog”. A quanto pare non c’è una legislazione chiara sull’argomento, trattasi di etica della politica e contenimento delle spese (il blog di Bassolino è costato non poco alla collettività e non è granché). Ecco, mi chiedo: quest’episodio non è ancor più grave?

https://www.giornalisticamente.net/blog/2009/09/12/e-mio-e-lo-gestisco-io/

Babele su rotaia

Quel poco che sono stato a Londra ha confermato una mia coinvinzione sui trasporti napoletani: è più difficile prendere un metrò a Napoli che ha un paio di linee e una ventina di fermate che capire il meccanismo della Tube londinese, una formazione laocoontica di convogli, un numero sterminato di fermate.

A tal proposito, ecco il cartello informativo di Metronapoli, la società della Linea 1 di Napoli, il metrò nuovo, cosiddetto “collinare” (ce n’è poi uno gestito dalle Fs).

1metronapoli

Il cartello informativo non risponde alla prima, fondamentale domanda: dove conducono le metropolitane napoletane? Già, perchè dal cartello Metronapoli è clamorosamente sparita l’altra linea, la 2 (Gianturco-Pozzuoli).  Non importa alla Metronapoli dare un’informazione completa: vuol solo comunicare quali sono i mezzi sotto sua gestione fruibili. Eppure non è un’azienda mossa dall’esclusiva volontà di profitto: è una società tutta pubblica. E ancora:  in una esibizione muscolare di progetti e progettini, il cartello (che è in tutte le stazioni del metrò 1 di Napoli) chiude l’anello su rotaia aggiungendo alla linea funzionante (Piscinola-piazza Dante) le “tratte in costruzione” e quelle di “estensione futura”.
Per la serie: queste fermate ci sono, queste qui le stiamo facendo, queste ultime invece, non preoccupatevi, le abbiamo soltanto pensate.