Dago non lo pago (più)

Dagospia riaprirà l’archivio e punterà tutto sulla pubblicità.

Dal 1 febbraio 2011 l’archivio di Dagospia sarà totalmente a vostra disposizione, tecnicamente rinnovato, quindi rapido e invincibile come un sommergibile. Addio agli abbonamenti, grazie di cuore a chi ci ha sostenuto fino ad oggi sborsando 90 euro l’anno per sbirciare gli articoli del passato, ma vogliamo puntare all’implemento della pubblicità, grazie al maggior numero di pagine cliccate. Proprio in concomitanza con i maggiori portali informativi, da Corriere.it a Repubblica.it, che andranno prograssivamente, dal prossimo anno, tutti a pagamento, Dagospia preferisce puntare sul gratuito.

Come ben scrive Federico Mello (vedi il pezzo che segue) “da quando Murdoch ha proposto la soluzione del pagamento, il numero di visitatori del Times è crollato dell’84% (rispetto a febbraio), e soltanto il 25,6% degli utenti che si collegano al Times ha deciso di pagare per leggere”.

Ecco perché abbiamo scelto la soluzione “aggratis”, sperando che la pubblicità ci assista.

Il Parlamento Europeo, la comunicazione e gli europarlamentari italiani

Il Parlamento europeo ha di recente discusso e approvato  una risoluzione dal titolo ambizioso: “Giornalismo e i nuovi media – creare una sfera pubblica in Europa”.

Sostanzialmente, potenziare la comunicazione dal palazzo europeo ai cittadini. Usare Twitter e Facebook,  promuovere un “approccio locale” alle decisioni Ue (l’esempio illustrato nel documento è il seguente: «Per i giornalisti ciò significa che gli articoli sul roaming, sulla PAC o sulla nuova normativa relativa all’etichettatura devono essere redatti in relazione all’impatto nazionale della notizia che riportano. Ciò implica un approccio dal basso verso l’alto, capace di inserire, nel grande dipinto europeo, il piccolo dettaglio relativo ad uno Stato membro»).
E ancora: potenziare l’EuroparlTV il canale web del parlamento europeo definita «un’innovazione tecnologica che, tuttavia, soffre della mancanza di spessore giornalistico» ed Euronews il canale televisivo definito «senza spessore giornalistico».
Poi c’è il discorso di invogliare i giornalisti a tornare a seguire i lavori dell’aula europea. Questo tema è interessante. Si legge in relazione:

Il numero di giornalisti accreditati presso le istituzioni europee è diminuito negli ultimi anni. Questo decremento non è sfociato in una riduzione della produzione di notizie, soprattutto grazie ai media online, generando la convinzione che non è necessario che i giornalisti stiano fisicamente a Bruxelles.

Questa tendenza preoccupa il relatore. Per occuparsi delle notizie sugli affari europei i giornalisti devono stare a Bruxelles. Soltanto incontrando le persone de visu, e a stretto contatto con le istituzioni europee, i giornalisti possono  praticare un giornalismo investigativo quotidiano e approfondito da Bruxelles. Amplificare la copertura mediatica sull’UE incrementando la presenza, a Bruxelles, di personale delle emittenti del servizio pubblico può essere, inoltre, un incentivo per le emittenti private, affinché accrescano la loro presenza.

Dunque, anche in questo caso, come in molti altri (sede Onu, corrispondenze da capitali estere) i giornali si affidano sempre più a qualche agenzia o a qualche frettolosa traduzione di articoli dei media locali che alle corrispondenze, molto più costose.

Ma se volete davvero sorridere dell’inadeguatezza dei nostri europarlamentari italiani al tema comunicazione politica e istituzionale, vi prego di leggere le loro dichiarazioni di voto. Tra le quali spicca quella di Clemente Mastella.

A Post coi numeri. E con la coscienza

(beh, se chiami un giornale così poi certi titoli te li devi aspettare).

Ho letto con attenzione quegli articoli sul presente e sull’ipotetico futuro del Post, il giornale diretto da Luca Sofri. Non ci vuole uno scienziato (e mi viene in mente Riccardo Pazzaglia con il suo “Me ne vado a fare il guru“) per capire che è ridicolo oggi tentare un bilancio o trarre leggi universali da questa iniziativa editoriale.
Ma non ne avrei avrei parlato nemmeno: agli scetticismi sulla sostenibilità economica del Post ha già risposto il diretto interessato e anche qualche altro professionista sicuramente più capace di me.

C’è una parte che mi appassiona, tanto. È quella che riguarda i giornalisti e le loro retribuzioni. Lessi  a suo tempo (era appena gennaio! Ma come cazzo fanno certi a proporre bilanci a meno di un anno?) l’annuncio di lavoro e ora leggo che il giornale online ha inquadrato i suoi redattori con il contratto nazionale di lavoro giornalistico. Una scelta coraggiosa di questi tempi, una scelta d’onestà e di coerenza. Dice qualcuno che con la coerenza non ci porti il pane a casa e che forse è meglio inquadrare i ragazzi che lavorano in redazione con un contrattiello da web editor, di quelli la cui carta vale più del compenso che garantiscono: 6mila euro all’anno.
Sarà che di questi tempi sono ancora più sensibile all’argomento, ma la scelta di inquadrare correttamente i giornalisti va difesa e sostenuta. Leggete il Post anche perché non affama i suoi 5 cronisti.

(lo scriverei in calce ai pezzi: «Nessun giornalista è stato sfruttato per la stesura di quest’articolo»).

Giornali, seguire le avvertenze

Fantastica “segnaletica per giornali”. Anzi, per i lettori. Tra le frasi:

  • Avvertenza: Questo articolo è fondamentalmente solo un copia e incolla da comunicato stampa.
  • Avvertenza: Questo articolo contiene curiosità, verificate le informazioni da Wikipedia.
  • Attenzione: Per garantire future interviste con il soggetto, le questioni scottanti non sono state trattate.
  • Attenzione: per rispettare una scadenza, quest’articolo è stato plagiato da un’altra fonte.

Bisognerebbe tradurle in italiano, no?

Journalism Warning Stickers

Rai e Bbc, selezioni per giornalisti a confronto

La Rai Tv assume giornalisti con una selezione pubblica a partire da settembre 2010. Un mesetto per vedere il bando, finora evidentemente coperto da segreto di Stato e per ora abbiamo in mano il verbale Usigrai-Rai che fissa i criteri di selezione. Senza voler fare i polemici a tutti i costi, andiamo a vedere cosa succede in casa Bbc. La tv  britannica di Stato recluta giornalisti (e non solo) in maniera trasparente, semplice. C’è un sito ad hoc, jobs.bbc.co.uk. Certo, ce l’ha anche la Rai, il sito ad hoc, lavoraconnoi.rai.it, ma di giornalisti manco l’ombra.

L’accordo tra sindacato dei giornalisti Rai e azienda di stato prevede una serie di competenze per gli aspiranti giornalisti del servizio pubblico. Di che tipo? Ecco qui:

  • diploma di laurea vecchio ordinamento oppure laurea specialistica o magistrale del nuovo ordinamento, oppure diploma rilasciato dalle scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine purché acquisito dopo il conseguimento di laurea.
  • iscrizione all’Albo dei Giornalisti, elenco professionisti.
  • conoscenza dell’inglese
  • navigazione web e utilizzo software in ambiente Windows.

Noi al giornalista Rai (non si sa di cosa si dovrà occupare il cronista…sport, gossip, politica, salute, spettacoli, cultura?) chiediamo una generica conoscenza della cultura alla Trivial Pursuit, un poco di english e soprattutto l’immancabile “navigazione web in windows”. Una definizione che ci porta dietro di vent’anni.
Dopo le tenebre, la luce: basta andare su quel sito della Bbc e vedere in una delle tante posizioni aperte, quali sono in Uk le competenze richieste:

Skills, abilities and experience required

  • A high standard of editorial judgement, writing ability and production skills based on substantial broadcast journalism experience.
  • Ability to originate and develop programme ideas.
  • A thorough understanding of production methods used in Regional Broadcasting and the ability to use technical and operational skills across Television, Radio and Online as required.
  • A detailed knowledge of the BBC’s Editorial Policy and awareness of legal considerations applying to all types of output.
  • Ability to use financial and technical resources to best effect and to manage programme budgets.
  • Ability to lead staff, giving feedback on performance; a high level of interpersonal skills.
  • A thorough knowledge of the editorial aims and policies of Regional Broadcasting.
  • A keen interest in and thorough knowledge of local, regional and national and, where appropriate international affairs and an awareness of the needs and interests of regional and local audiences.

Gli inglesi dicono al giornalista di cosa si dovrà occupare e cosa serve affinchè svolga decentemente il suo compito. Dev’essere un gioranlista multimediale, trattare su più piattaforme. Questo l’accordo Usigrai-Rai non lo considera nemmeno. Benvenuti nel passato. E no, non è la Bbc.