Quando fuori è mattina presto

«Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te
»

L’alba dei giornali è puro petrolio. Composizione, stampa e diffusione bevono benzina, in quella fase nessuno pensa a quello che un pugno d’ore prima ci è voluto per scrivere gli articoli: un altro miscuglio esplosivo e instabile di notizie, velocità, necessità, disperazione, spesso pagato meno di dieci litri di carburante. Ma questa combustione è il miracolo che si compie ogni giorno, la scintilla dell’informazione dura poco ed è bella, l’energia che produce ha alimentato e alimenta ogni mia giornata da dodici anni.

Il giornale è il calabrone che ignaro di tutto – o forse a dispetto di tutti – vola.

Capisci quindi che non è una tragedia, se per qualche motivo non vola più. Non sembrava eterno quando iniziò. Però è stato brutto quando se finì.
Mettici anche che il giornalista è l’unico professionista al mondo cui si chiede di risolvere anche i problemi del suo datore di lavoro. Sulla crisi dell’editoria il cronista si arrovella, più che il metalmeccanico sulla crisi dell’auto o il camallo su quella dei container. Forse ci si illude che il miscuglio di parole, il quotidiano gioco di carta possa sciogliere nodi o piallare vertenze.
Non è così, e l’avevo capito qualche anno fa, stavolta mi è stato chiaramente ribadito dai fatti, da quel muro a cento chilometri all’ora che abbiamo impattato in centoventisette, penso si tratti della più grave crisi dell’editoria italiana  da dieci anni a questa parte.

Eppure dopo il rompete le righe c’è stata una serata bella come è bello uscire da un cunicolo. Una piazza romana poco illuminata, il rumore dei ristoranti. C’eravamo noi, gli sconfitti a prescindere, quelli che il giornale l’hanno solo scritto, con i nostri dieci dialetti e un mestiere da amico fragile.
Ci sarà – perchè ci sarà – una soluzione. Non sarà indolore. Ci saranno iniziative, solidarietà e prese di posizione com’è già accaduto. Ma soltanto chi è stato a quel desk, chi ha vomitato paginate tra le quattro mura di casa, i pannolini dei figli, il ragù della domenica, i ventilatori scassati e  gli appunti dispersi ma-ti-giuro-che-erano-qui, ha potuto capire come stava morendo la grande scommessa di mettere in rete centinaia di giornalisti e cercare di cavarne ogni giorno qualcosa di buono. Alla fine il gioco del giornalista telelavoratore si è smantellato, ma più per incuria che per altro. Quel bellissimo bonsai è stato trattato come una gramigna qualunque. Chissà se e  quando sapremo chi in E Polis ha falciato il grano e lasciato le erbacce.

Galassia Gutenberg 2010? Non c’è

Già degradata a mercatino di libri, salvata in extremis lo scorso anno giusto per evitare la figuraccia dello stop nella XX  edizione, Galassia Gutenberg potrebbe saltare l’edizione 2010. La formula era vecchia, indubbiamente; gli spunti culturali, inesistenti. Però, da qui a perdere anche l’unica fiera dell’editoria libraria del Mezzogiorno…

Carta stampata e carta straccia

Ieri mi sono occupato di carta, non unico fra i giornalisti napoletani. Il Comune di Napoli spenderà un milione d’euro per i prossimi due anni in carta. In rotoli di carta igienica, in tovaglioli, tovaglioli, cartone, ma soprattutto fogli da stampante e per le fotocopiatrici: oltre 100mila risme di A4 per due anni. Ogni risma è da 500 fogli, il conto è presto fatto. Insieme alla carta, anche una analisi sui costi delle aziende partecipate, sfruttando la pubblicazione del semestrale report sull’argomento.

Il calcolo degli alberi è stato fatto su dato empirico: secondo Focus e il Wwf internazionale,  da ogni albero si ricavano circa 79mila fogli di carta A4. Ho ricordato anche che a Napoli le delibere vengono prima scritte al computer, poi stampate, poi rimesse in rete digitalizzate con lo scanner (!) Importante sottolineare che la carta che l’Amministrazione acquista non è riciclata.

Il Comune di Napoli, attraverso il suo sindaco, Rosa Russo Iervolino, il giorno dopo se ne esce con una replica di allucinante durezza.

Intorno al Comune di Napoli si sta cercando di sollevare un ulteriore e ingiustificato polverone privo di qualsiasi fondamento. […] Credo che la terza città d’ Italia meriti una stampa e dei commentatori politici all’altezza del proprio livello culturale e non una stampa che si occupi di strofinacci e carta igienica (con cosa si sarebbe dovuta sostituire?).

La storia è sempre la stessa: dobbiamo occuparci di quel che vogliono e di quel che dicono loro. Altro che cane da guardia, vorrebbero un docile barboncino. La risposta dell’Ordine dei Giornalisti della Campania non si è fatta attendere:

Dispiace che il sindaco Rosa Russo Iervolino non perda occasione per attaccare chi  svolge il proprio lavoro serenamente e con professionalità. Gli stipendi dei dirigenti pubblicati dai giornali sono quelli consultabili sul sito del Comune. Per quanto riguarda poi le aziende comunali l’ex assessore Riccardo Realfonzo a marzo del 2009 dichiarò che avrebbe tagliato metà delle poltrone e degli stipendi pari a 730 mila euro e invece oggi la spesa annuale è di un milione e 600 mila euro. Quanto alla qualità della stampa e dei commentatori cittadini ‘non da terza citta’ d’Italià il sindaco farebbe bene a guardare le statistiche degli istituti specializzati nella qualità della vita con analisi meticolose anche sull’efficienza delle giunte e dei sindaci, massimi rappresentanti delle stesse.
Purtroppo, Napoli da 10 anni è stabilmente agli ultimi posti della classifica della vivibilità e non è nelle graduatorie la terza città d’Italia.