Poi c’è sempre crisi e crisi

Sono stato in Irlanda qualche mese fa, Dublino è una capitale europea e non dava alcun segno di crisi. Ovviamente un turista, seppur attento, che ne può sapere? Qualche amico m’ha poi raccontato che a Cork,  lì sì che la situazione era davvero difficile. Sarà, ma io ho visto fondi europei utilzzati per realizzare ferrovie funzionanti, strade pulite, insomma, qualità della vita nordeuropea.

Ieri ho chiesto ad un amico emigrato a Dublino cosa ne pensasse. O meglio, gli ho detto: in Italia ci vendono la crisi irlandese. Dobbiamo crederci o pensare alla nostra crisi, quella di cui non ci parla nessuno? Ecco la sua risposta:

la società dove lavoravo prima ha assunto: 6 persone a settembre, 12 ad ottobre, 13 a novembre. mentre ti scrivo sotto casa stanno lavando i marciapiedi e non piove.
Cosa è cambiato? l’affitto è calato del 30% in 2 anni, con 20 euro fai la s…pesa, trovi le offerte anche sul caffe italiano.
Cosa potrebbe accadere? Aumento delle tasse da 21 al 24% (60 euro in meno sullo stipendio). Ma, cosa più seria, l’Imf potrebbe obbligare il governo ad alzare la tassa sulle aziende (corporate tax) dal 12.5% ad un parametro ”europeo”. In quel caso ti faccio sapere…al momento è solo finito il tempo dei pranzi a parigi per i ricchi irlandesi e dei 60 mila euro all’anno per chi lavora come bibliotecario!

Cosa succede in città: il futuro dei giornali italiani

Da qualche tempo, complice anche un mio maggiore interessamento alla stampa estera, leggo in tutte le salse notizie, opinioni, dati e ipotesi sul futuro dei giornali e del giornalismo. Dibattito appassionante, un poco catastrofico. Capirete, ogni blogger che scrive “i giornali stanno morendo” è una grattata di balle.
Mi sta venendo l’orchite.
La situazione non è buona, non ci voglio io per dirlo. Qualche giorno fa, parlando con un bravo collega napoletano, poliglotta, emigrato in Scozia nei tre mesi che hanno preceduto l’acme della crisi, mi ha raccontato che è entrato in un Paese e ne ha lasciato un altro. «I giornali hanno tagliato subito, iniziando dai collaboratori ma anche dai redattori ordinari. Lì c’è flessibilità ad uscire dalle aziende. Ma ce n’è anche ad entrare nel mondo del lavoro». Già.
Dunque, volendo tralasciare il New York Times cui già tutti stanno tirando i piedi, vorrei parlare del mio piccolo mondo.
Ci credereste che nel periodo di crisi più nera del giornalismo, editori e sindacato si apprestano a rinnovare il contratto di lavoro dei giornalisti, scaduto da quattro anni? Un paradosso a prima vista, in realtà sarebbe assolutamente plausibile. La crisi dei giornali in Italia, la ritrosia dei big spender della pubblicità a cacciar quattrini per finire sulla carta stampata, soprattutto sui quotidiani,  è nota anche alle creature dell’orto e del bosco.  Quindi che facciamo, tutti fagotto entro 24 ore? Direi di no, il contratto giornalistico che si andrà a firmare – rimasto fermo per anni – è ora mosso da una parolina magica: prepensionamenti.
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Iniziativa “Salviamo Il Napoli, salviamo E Polis”, petizione web

Ieri notte ho messo giù una rudimentale petizione web (sì, preferisco controllare di persona tutto). Nasce con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica napoletana e non (e anche i pochi amici lettori di questo blog) sulla crisi del gruppo E Polis. La dannata paura che è ho è il mese d’agosto: tra cinque giorni è agosto. E ci si scorda di tutto e tutti.

La petizione è qui.