Surviving is the new flourishing

Nathania Zevi ha concluso la sua avventura laurendosi alla Columbia University Graduate School of Journalism . Siccome da queste parti abbiamo sempre seguito con attenzione il suo bel blog tiriamo con lei le somme e le facciamo  un grande in bocca al lupo.

Sono diventata una giornalista migliore e so che anche se, legittimamente, magari cercherò un modo creativo e poco ortodosso di esserlo vista la situazione del lavoro in Italia e nel resto del mondo, ho imparato il mio mestiere. C’è ancora tanto che non so, ma sono un idraulico che sa fare le riparazioni base, impara svelto e non ruba sul prezzo. So quali sono gli attrezzi che devo portare e non esco mai senza, so quali domande fare e come farle.

Tra le cose che ho già scoperto più utili c’è la tecnica Tarzan di intervistare, così denominata da Michael per il fatto che si basa sull’abilità di agganciarsi sempre ad un’immaginaria liana lanciata dall’intervistato per poi lanciarsi sul ramo successivo con la domanda seguente. Bisogna fare un’attenzione maniacale a quello che le persone dicono, ma è anche un po’ per questo che ci piace questo lavoro e, come insegna ancora Michael, non bisogna mai dimenticarsi che l’intervista per l’intervistato deve essere un’esperienza estatica, come un massaggio con le pietre calde, così che alla fine il tizio non vorrebbe smettere mai di parlare, anche se in realtà lo si sta scuoiando vivo.

Giornalista, un factotum di qualità: le scuole italiane e quelle americane

La scuola di giornalismo della Columbia University mette in campo un corso per avvicinare la figura del giornalista a quella del programmatore informatico, una sorta di “ingegnere dell’informazione”. Di seguito un ottimo report dell’Ansa sull’argomento:

Roma, 8 aprile 2010.  Il termine multimedialità non basta più. Le redazioni del futuro puntano a cronisti interdisciplinari in grado di padroneggiare con la stessa abilità giornalismo e informatica spinta: a raccogliere questa sfida, per prima, è la Columbia University che lancia dal 2011 un corso di laurea che ha l’ambizione di abbattere la barriera tra redattori e professionisti delle tecnologie. «Il Dipartimento di Information Technology mette a punto software che i giornalisti non usano, i giornalisti chiedono software non realizzabili dal punto di vista informatico. Vogliamo formare una nuova generazione di professionisti in grado di capire entrambi i settori», ha spiegato a Wired.com. Julia Hirschberg, professore di informatica presso la Columbia Fu Foundation School di Ingegneria e Scienze applicate. La prima tornata di candidature verrà accettata a partire da questo autunno, saranno 15 i partecipanti ammessi a questo corso che si spinge decisamente più in là rispetto a quelli di giornalismo multimediale e social media, con cui oramai scuole e università hanno sintonizzato i loro programmi alla realtà costantemente online in cui siamo immersi. Questo programma interdisciplinare prevede due semestri presso la Scuola di Giornalismo della Columbia e tre alla Scuola di Ingegneria e Scienze Applicate, sempre dell’università newyorkese. Tra i moduli di ricerca in cui si cimenteranno professori e studenti, c’è quello che riguarda il giornalismo automatizzato (individuare attività di routine da affidare alle tecnologie per liberare tempo utile ad approfondimento, interviste e scrittura); ma anche la ‘visualizzazione dei datì, con cui si raccontano le notizie soprattutto in tv (schermi sempre più grandi e processori più veloci). C’è pure il modulo ‘analisi approfondita dei datì, sepolti in rete e nei database (per sintetizzare «i dati grezzi ma rilevanti» presenti anche su Twitter). C’è poi un corso che cercherà di individuare una nuova architettura di trasferimento notizie ai dispositivi mobili come i cellulari; un altro che mira, grazie all’invenzione di un software, a ‘fiutarè notizie come epidemie e catastrofi a volte tenute volutamente basse; un altro ancora, ‘digital trust’, aiuta a distinguere nel marasma del web, sempre con l’uso delle tecnologie, le notizie più accurate. «Alcuni studenti che escono dalle scuole superiori o dalle università hanno delle abilità tecniche, ma il loro raggio d’azione si ferma alla capacità di utilizzare Wikipedia, Facebook, Gmail o alimentare siti web», ha sottolineato il professor Bill Grueskin, decano della Columbia School of Journalism a Wired online. «Ci auguriamo e ci aspettiamo – ha aggiunto – che i laureati di questo corso siano in grado di innovare di più e creare soluzioni di business così disperatamente urgenti nel settore dell’editoria». (ANSA).

Di seguito, la parte relativa ai computer e all’informatica del  Master biennale di I livello in Giornalismo dell’Istituto universitario di Napoli Suor Orsola Benincasa (ho scelto questo ma potevo tranquillamente prenderne un altro):

La redazione è divisa in un’area per le postazioni computer (che sono 37, collegate con internet, con il server del sistema editoriale che genera il giornale del master, e con le stampanti di rete), in un aula per le lezioni frontali e le videoproiezioni

Al  2009 in Italia sono attive 17 scuole di giornalismo che ogni due anni sfornano 451 praticanti giornalisti che dopo l’esame di Stato diventano professionisti.