Sindaco, da domani nella battaglia pensa anche a comunicare Napoli

 

Il nuovo sindaco di Napoli è Luigi De Magistris, il suo problema sarà arrivare a Palazzo San Giacomo, aprire il cassetto con la scritta "conti lasciati dall'altra amministrazione" e non morire sul colpo. Superato questo scoglio, tutto è possibile, ma la politica è la cosa che mi interessa meno in questo momento.

Mi fa piacere scrivere di come dovrà comunicare il nuovo primo cittadino. Con molta probabilità dopo un decennio avremo a Napoli un sindaco con uno staff comunicazione proprio, esterno all'amministrazione. Con Rosa Russo Iervolino non era stato così, i risultati si sono visti chiaramente: l'ufficio stampa dell'Ente era oberato di lavoro (assessori più sindaco della terza città d'Italia) e senza un mandato politico preciso come punto di riferimento. Iervolino voleva fare tutto da sola e la mancanza di mediazione ha portato ad un messaggio "non aderente", ovvero segnali quotidiani e contraddittori, in alcuni frangenti addirittura rancorosi e isterici. Le battutine al vetriolo concesse da Rosetta su tizio o caio si sono sì tramutate in titoli a tutta giustezza ma sono state anche la goccia cinese che ha scavato un solco tra il sindaco incazzoso e arroccato e la sua città.

DE MAGISTRIS E LA SUA COMUNICAZIONE. Cosa dovrà fare De Magistris? Probabilmente l'idea di continuare ad andare in giro per Napoli almeno nel periodo estivo, quello della "luna di miele" tra il neoeletto e la città è giusta, giustissima. Poi sicuramente affrontare con calma e serietà il discorso dei social network: una delle chiavi del suo successo elettorale è stata anche il saper usare la grammatica dei social e del web. Ora però non c'è più l'ex pm o l'europarlamentare. C'è il sindaco di Napoli. Che sul web avrà più grattacapi da una buca in via Foria che, tanto per dire, dal rispetto dei diritti umani in Congo. Spero che De Magistris tenga il suo Facebook e il suo sito personale. Ma dovrà rapidamente adeguarlo alle necessità comunicative di un sindaco. Anche in questo si capirà l'ex pm dove vorrà andare a parare: egli nella sua campagna elettorale ha tenuto ben distinto il sito internet personale e quello della corsa a primo cittadino partenopeo. Continuerà ad esser così? Due entità astratte? Interessante è anche capire se continuerà lo streminglife su Fb, Twitter e sito: finalmente forse la Napoli che usa internet potrebbe sapere in tempo reale dov'è i suo sindaco senza affidarsi alla comunicazione istituzionale.

Al di là di ciò, avremo con tutta probabilità anche un sindaco capace di entrare più facilmente nell'agenda media nazionale (tv, giornali) e nei dibattiti dai quali il precedente sindaco di Napoli era automaticamente tagliata fuori perchè forse ritenuta adatta a parlare solo della sua città.

 

DE MAGISTRIS E LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE. Altro discorso è quello che aspetta il sindaco a San Giacomo. Gli strumenti messi a disposizione dal Comune sono un sito web molto ben aggiornato, che propaga le sue informazioni attraverso twitter e friendfeed. E una web-tv della quale non si conoscono statistiche di gradimento. Basta ciò per definirlo un Comune aperto all'informazione su web? Non penso. Non è certo necessario star su Facebook per una Amministrazione, ma quanto meno è necessario far girare quel che di buono fa in maniera più incisiva. E per questo non c'è bisogno del solo mezzo, ma anche della capacità di metterlo a frutto e di creare contenuti davvero accattivanti per le varie piattaforme. Anche contenuti belli da vedere, grafici, professionali. Un bilancio va spiegato ai cittadini non solo proponendo una delibera fotocopiata e messa in pdf, o un grafico excel malamente ricopiato. Ma ad esempio una infografica web. Un consiglio comunale non va raccontato solo negli interventi ma anche nei contenuti. Un sindaco deve gestire l'emergenza rifiuti anche facendo visualizzare ai propri cittadini dove sono i "colli di bottiglia" del sistema. E la campagna per la raccolta differenziata? Quella dovrà essere il primo banco di prova della comunicazione istituzionale comunale. Non ci si potrà affidare ad un volantino, occorreranno idee serie, importanti, dove troppi hanno fallito.

COMUNICARE NAPOLI.  Dieci anni ci hanno fatto capire (ma non ne sentivamo il bisogno di un periodo così ampio) che la città non è stato affatto comunicata all'esterno. Ci si è affidati al fato: le cose belle le esibiamo, le cose cattive le nascondiamo o diciamo amen. Non è così, non va così: come investire in Borsa, anche nella comunicazione puoi vincere pure se le tue azioni vanno in ribasso (o almeno non perdere pure le mutande). La verità è che è mancata la tutela della reputazione di Napoli, in questi anni. Certo, i morti di camorra, le inchieste giudiziarie e i rifiuti non garantiscono grande appeal, ma il modo della gestione di queste vicende non doveva certo essere quello di caricare sul solo sindaco l'onere delle risposte e nel caso peggiore sbarrare il  Municipio rendendolo off-limits ai cronisti. Anche in questo la consiliatura De Magistris dovrà rappresentare un cambio di passo. Capiremo subito se sarà così: la comunicazione è una formidabile cartina di tornasole della politica.

Todo sobre mi candidato, ovvero il tatuaggio su Napoli. La storia scritta dai perdenti

Tatuarsi la pelle non significa scriverci sopra e via. È piuttosto scegliere il punto giusto tra la profondità della carne e l'epidermide. Così da incastrare l'inchiostro in un posto visibile all'esterno ma al tempo stesso protetto. Non è tutto immediato: serve il tempo giusto per applicare il pigmento; occorre calma. E precisione. Potrebbe uscire un poco di sangue: non bisogna spaventarsi. Alla fine è come una lucida ferita, protetta con la scivolosa paraffina per qualche giorno. La pelle si risana e farà il suo corso.

Ecco: un sindaco è sostanzialmente un tatuaggio sulla città.

Dovranno passare altri giorni prima che io riesca a descrivere con sufficiente lucidità cos'è successo da quando ho iniziato questa campagna elettorale fino ad oggi che ne realizzo la conclusione. Ora sono a casa: il telefono squilla ma non furiosamente. E ho dormito più di sette ore: non mi capitava da mesi.

Non esordirò dicendo di aver trovato e di aver lavorato (non da solo, ma poi ne parlo) per un risultato difficile e di aver fatto il massimo: sapevamo che i candidati a sindaco di Napoli (tutti) non sono Barack Obama, JFK o Gorbaciov. Voglio definire numericamente questo ragionamento. Alcuni sondaggi li trovate poi su internet. Altri no, sono stati commissionati in maniera privata e non ritengo di doverli divulgare visto che non li ho pagati io.

Insomma: alla fine di marzo Swg dichiarava Mario Morcone conosciuto dal 31-32 per cento circa dei napoletani interpellati. Venti giorni dopo quella percentuale era aumentata al 46-47 per cento e successivamente ha tallonato i livelli (comunque meno del 70 per cento) di Gianni Lettieri. Con una differenza: mentre Lettieri ha avuto una bassa percentuale di fiducia rispetto alla notorietà ("ti conosco ma non mi fido") con Morcone i due aspetti sono andati sempre parallelamente. De Magistris, invece, è conosciuto (come Mastella) dall'80 per cento della popolazione con una fiducia più bassa di una quindicina di punti (significa che lo conoscono anche nel centrodestra). Ci sono state le disastrose primarie Dem: con Mario Morcone la prima, frenetica, fase della candidatura, quella del "posizionamento" si è consumata sollecitando la gente del Partito democratico dove il candidato non era conosciuto.

Dunque molto del pochissimo e prezioso tempo a disposizione è stato speso appresso alla gente che in una elezione comunale avrebbe già dovuto conoscere vita morte e miracoli del suo candidato.  Occorreva rassicurare un elettorato arrabbiato per le primarie e per l'amministrazione uscente e poi propagare il messaggio. Già: l'amministrazione Iervolino. Giudicata negativamente da quasi il 90 per cento dei napoletani nelle rilevazioni di aprile. Una enormità politica, un iceberg al cui confronto le primarie erano uno scherzo. Un cataclisma con il quale ci siamo scontrati ogni giorno, fino all'ultimo.  Perché se le primarie sono state sostanzialmente una figuraccia irrisolta, la malagestione del Comune di Napoli è stato un pugnale conficcato  nella schiena del candidato dal primo all'ultimo giorno.

Defendit numerus: De Magistris ha iniziato prima ma è stato bravo a rimettere in moto intorno a lui pezzi di città atrofizzati. Altri pezzi che prudentemente (sì, è un eufemismo per definire i furbi) sono stati alla finestra ad attendere si sono messi in moto mezzo minuto dopo il primo turno. Ma questa è la politica.

Tornando alla comunicazione: particolarmente contento del fatto che nelle rilevazioni su Facebook la pagina di Morcone era seconda solo a quella dell'europarlamentare Idv che era ed è una potenza sui social network. E noi avevamo iniziato a fine marzo. Nessun segreto particolare: solo il racconto quotidiano delle attività (alla fine eravamo arrivati ad un post ogni 40-60 minuti) e una conversazione continua via social, via mail, con chi scriveva.

Il tatuaggio è venuto male e l'abbiamo visto, chiaramente. Scrivo questo post prima di conoscere il risultato del ballottaggio, ma non mi faccio troppe illusioni sul dopo: seguo da cronista le attività del Comune di Napoli da abbastanza per non riuscire più ad esaltarmi. Ci sono tante cose che ho imparato, in questi mesi: magari le racconto con calma.

Però una cosa ci tengo a dirla: un grazie grande grande a coloro i quali hanno preso parte a questa frenatica e affannosa corsa. Tantissima bella gente ed è stato il regalo più grande di quest'esperienza. Pur scrivendo da perdenti non siamo sicuramente noi gli sconfitti di questa campagna.

 


 

Elezioni reggae (gimme just a little smile)

La campagna elettorale è nel vivo, si sente la tensione crescere come quando si accelera sull'autostrada. Non è solo un fatto di propaganda: scopro cose della città che sono visibili soltanto a chi sta dietro la plancia di comando della "macchina del consenso" (se, vabbè, più che macchina, uno scooter scassato).

Da quartiere a quartiere l'approccio è diverso. Alla Pignasecca abbiamo sentito la storia del palazzo puntellato dal dopoterremoto del 1980, in cui gli inquilini morti nel corso degli anni sono stati calati dai balconi e messi nella bara nell'androne perché non si riusciva a salire la bara al quarto o al quinto piano. A Scampia al lotto H la gente ci fa entrare a casa per farc vedere le colonne fecali sfondate, la pioggia dal soffitto. Al Pallonetto di Santa Lucia ci passano davanti in quattro sul motorino e ci chiedono di salvare Napoli. Tutti e quattro.

Capisci che qualcosa non ha funzionato: che da Palazzo Giacomo l'impulso non arrivava più e da tempo. L'hai scritto centomila volte sul giornale e non dovresti stupirti. Ma come fai a non stupirti, ora che vedi l'altra faccia della situazione, con la gente che ti offre il voto in cambio di vivibilità? Dovevamo stare più attenti, noi giornalisti? Dovevamo fare di più, mi ripeto, mentre cammino sul terriccio della Zampaglione-Caselle, la discarica di Pianura che è una bomba a cielo aperto. Quello non è terriccio, è munnezza e c'è qualsiasi cosa lì sotto, mi dicono.

Per l'ottanta per cento la campagna elettorale è fatta di manifesti, Facebook, icomunicati stampa e promesse. Nessuno controlla quanto si spende, nessuno monitora: ma possibile che dei milioni d'anime belle che abbiamo in Italia, a Napoli soprattutto, nessuno si prende la briga? Su una scala da 1 a 10 io scommetto che la gente valuta assai il programma, assai la biografia del candidato a sindaco e le liste. Ma nessuno si preoccupa dei costi della campagna: un sindaco che spende tanto deve spiegare da dove vengono tutti quei soldi? È o no più ricattabile, se quei soldi glieli hanno regalati le "lobby"? Ci preoccupiamo delle strategie sociali sul web e invece dovremmo soltanto guardarci intorno: strade e vicoli tapezzati, a che costo (sociale, etico, politico?).

A questo pensavo quando sono salito su quella montagna di merda compressa, la discarica di Pianura. Ci hanno spiegato che c'è una inchiesta, che è tipo un disastro ambientale come quello del film su Erin Brockovich con Julia Roberts. Solo che lì i colpevoli li scoprivano. Noi invece ci interroghiamo su faldoni di perizie e inchieste.

È stato proprio allora che la radio dispettosa, ha trasmesso Sunshin Reggae.

 

Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

La campagna elettorale è un diesel scoppiettante. Entra nel vivo giorno dopo giorno e lo senti da come la tua vita viene assorbita dagli impegni, dagli orari impossibili, dalle cose da fare. Finisci per non riuscire nemmeno a riflettere sulle tante cose nuove che stai vedendo. Sto tenendo un diario. La mia agenda, invece, è ferocemente ironica: è quella che mi regalarono all'Ambasciata della Repubblica popolare Cinese. Approposito di primarie, insomma.

Per il resto questi giorni confermano l'andazzo: De Magistris cerca lo scontro come un rissoso fuori all'uscita del bar. Condividere la sua linea? Andare al muro contro muro? Mario Morcone non ce lo vedo, mentre sbava davanti ad una telecamera. Non si vede nemmeno lui così. E giustamente se uno odia il "circo equestre" della politica, perché dovrebbe emularlo? Solo perché candidato?

Gianni Lettieri invece adotta la tattica della non legittimazione dell'avversario. Insomma: ci chiamano entrambi per un confronto? Lui non va. Noi nemmeno, per ora: il confronto  è tale solo se lo fai con tutti i candidati. E poi l'uomo di Nicola Cosentino avrà anche qualcosa da spiegare ai napoletani, no? Lui invece non va, consigliato dal buon Claudio Velardi. Che sa bene, nelle dinamiche interne a sinistra, che c'è un De Magistris pronto a sparare sul Pd ogni volta. Dunque sindrome di Tafazzi e si chiude il cerchio.

Io dico: sarà così fino alla fine?

E poi, i soldi. Vedo una fiumana di denaro nelle campagne di posizionamento degli avversari. Lo capisco dalla massa di manifesti in tutta la città. Addirittura Lettieri ne ha in provincia di Caserta e di Salerno. Ma tutti questi soldi da dove escono?

Passione comunale e politica evanescente

Stamattina i piedi mi hanno riportato sotto Palazzo San Giacomo: ho fatto la strada in automatico, senza pensarci. Una volta lì, le facce di sempre che gironzolano tra le banche. E il Municipio. Sotto al Palazzo  c'è sempre uno striscione di protesta, c'è sempre un drappello di vigili e qualche auto parcheggiata male.

Guardare la campagna elettorale da dentro (e da una parte ben precisa) mi ha consentito di confermare (semmai ve fosse stato bisogno) una cosa: la profonda diversità di Napoli. Qui il voto di "pancia"  non esiste,  qui un fenomeno tipo Deborah Serracchiani sarebbe difficile da realizzare. Qui non fa presa la programmaticità ma la politica vive di quel tam tam che passa dai portatori d'acqua ai pezzi più grossi dell'ingranaggio e poi  al "cittadino comune".

In parole povere: te lo deve dire qualcuno, di votare quello lì.

Per questo la campagna elettorale napoletana è abbastanza anomala. rispetto al contesto italiano già comunque deprimente. Gianni Lettieri attualmente passa mi dicono molto tempo a ricevere persone al suo comitato. Mario Morcone fa il globetrotter tra gli iscritti Pd e quelli Sel per ravvivare una base choccata dalle primarie ma non rassegnata a dover regalare Napoli al centrodestra. De Magistris in questo rappresenta una novità perché sollecita e solletica una base di ex popolo antagonista, ex grillino, attivista (qualcuno  in area ex Rifondazione con una battuta feroce ha detto che i "Disobbedienti" ora obbediscono, eccome).

Il suo problema è il seguente: la chiamata alle armi contro il nemico (e sono tutti nemici per lui) e il pericolo (la centrale nucleare, i sommergibili nucleari, il rischio vesuvio, il rischio terremoto, i cacciabombardieri. solo per citare una sua singola dichiarazione) funziona davvero in termini di consenso, a Napoli? Staremo  a vedere, ma l'effetto sovrastima penso ci sia. Lo capiremo presto.

Così come staremo a vedere se funziona l'immagine di uomo distaccato, pacato e che si gode la vita che Claudio Velardi sta tratteggiando per Gianni Lettieri. Esempio, questa foto del suo Fb:

Lettieri  e l'aspirante assessore Fabio Cannavaro in quel di Dubai. La posa è effettivamente innaturale. E Lettieri è incredibilmente abbigliato alla Steve Jobs.

Dalle mie parti, in casa centrosinistra? Contraddizioni non ne mancano, però devo dire che vedo impegno per superarle. Il vero problema è proprio la campagna elettorale italiana. Una liturgia vecchia come il paese che rappresenta e la politica che sintetizza. Il problema è che ad esempio oggi l'aspirante sindaco di Napoli deve impegnarsi a produrre una soluzione definitiva ed efficace per raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Quando sa benissimo di non avere tutte le competenze per mettere in atto ciò che promette di fare o di non fare (ad esempio sugli impianti): ci sono una Regione e una Provincia che vengono prima, nella catena di comando. Però la gente vuol sentirsi fare le promesse.

Un poco come il medico della mutua che prescriveva farmaci giusto per soddisfare il paziente.