Dei sondaggi elettorali e di Beppe Grillo sui giornalisti precari


I sondaggi elettorali sono vietati. Quindi dovrete capire qualcosa se vi dico che «le pummarole aumentano e ‘o ciuccio se stanca ngoppa ‘a saghiuta» come l’ ‘assistito‘ del film “Così parlò Bellavista”. Il ciuccio tiene, il cavallo trotta e il conclave si fa: sembriamo tornati a radio Londra . Da un osservatorio privilegiato, il giornale per il quale lavoro, mi rendo conto di quanto siano “cercati” via google i sondaggi elettorali con particolare riferimento a quelli su Beppe Grillo.
Già, Grillo: la sua storia è stata sviscerata ovunque, io ho avuto anche il piacere di essere ospitato sul suo blog senza censura alcuna. E non ne dirò male per partito preso.
Tuttavia la dichiarazione di ieri, riportata dall’agenzia TmNews m’ha fatto arrabbiare non poco. Confido in una smentita ma ho l’impressione che non ci sarà. La parte brutta del discorso di Grillo è questa qui:

Poi “vai a vedere quanto pagano i loro precari, i giornalisti: 5, 6, 10 euro ad articolo. E’ chiaro – ha aggiunto – che un ragazzo che prende dieci euro ad articolo non va a controllare le fonti dei suoi articoli: fa un articolo, lo sbaglia, fa un altro contro-articolo, poi fa una smentita, fa tre articoli e porta a casa uno stipendio. E’ questa l’informazione”.

Eh no, caro Beppe Grillo. Avrai mille sondaggi elettorali a tuo favore, entrerai in Parlamento con 100 tuoi rappresentanti, ma credimi, è la più grande fesseria che potevi dire. Hai offeso in un sol colpo una categoria e una generazione. Una categoria perché hai sostenuto che chi fa questo mestiere senza contratto o da abusivo o da freelance o con contratto atipico non eserciti il suo dovere di approfondire le notizie perché non è pagato quanto dovrebbe. E’ diverso. Semmai chi non è pagato è sotto ricatto e non può imporsi in caso di censura perché senza tutela alcuna rispetto all’editore o al direttore che eventualmente vuol far sparire una notizia scomoda. Ma la stragrande maggioranza di noi si fa un mazzo così per portare notizie fresche e che non ha nessuno. Sai perché caro Beppe? Perché altrimenti le testate non se le comprano. E nemmeno quei pochi spiccioletti vediamo.
Altra offesa, questa ad una generazione intera, è quella secondo la quale noi giornalisti precari scriveremmo apposta le notizie non verificate per poi scrivere una smentita e una contro smentita. Ma ti rendi conto di quel che dici, Beppe? Ma sai che spesso su di noi e noi soli ricade l’eventuale  peso legale delle cose che scriviamo – pagati poco e male –  sui giornali? Così infanghi anche la memoria di persone come Giancarlo Siani, giornalista precario e morto semmai per aver verificato sin troppo a fondo determinate dinamiche senza fermarsi davanti a niente. Che credi, che siamo disperati e facciamo ‘la cresta’ sugli articoli? Ti stupiresti a vedere quanto lavoro c’è nella giornata di ogni singolo cronista precario. Stavolta hai toppato: hai colpito i senza voce, hai colpito chi non può difendersi.

Huffington Post Italia, i blogger non pagati, la Fiom e la politica “di sinistra”

Lo dico all’inizio così evitiamo equivoci: non sono fra quelli che criticano Huffington Post a prescindere. La questione dei blogger non pagati è una discussione infinita. A me non piace l’idea che qualcuno accetti di scrivere in cambio di “visibilità”: chi trova e scrive  notizie dovrebbe essere retribuito. Così come le opinioni di un certo rilievo, frutto di elaborazione, esperienza e ricerca dovrebbero essere pagate. E non solo su Huffpo ma su tutte le testate.

Tuttavia questa è la mia visione, il mio mondo: non posso ignorare che esiste una categoria di persone che si può permettere il lusso di rifiutare il pagamento di una sua opinione o notizia scritta (e magari trarne vantaggi diversi da quello economico). Rispetto questa visione. Però consentitemi: un giornalista che scrive a gratis, esclusivamente per la gloria, per quanto mi riguarda vale quanto l’articolo che accetta di scrivere a quelle determinate condizioni.

Detto ciò, ho seguito con vivo interesse la nascita della versione italiana di Huffington Post, frutto di una col gruppo L’Espresso. Il sito è davvero notevole e va seguito. Vado a spulciare ogni tanto i blogger (la lista completa ad oggi non è ancora disponibile) e faccio dei ragionamenti.

Mi hanno molto colpito alcuni nomi presenti. Penso a Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil. Proprio a lui mi verrebbe da chiedere se non vede nell’apertura di un blog su HuffPo una contraddizione rispetto a quanto ogni giorno proclama sull’eterna vertenza Fiat. La sua visione così rigida del lavoro non si applica in altri ambiti? Vale solo per le tute blu? Folgorato sulla via di Arianna?

Poi c’è Pizzarotti, il sindaco a Cinque Stelle di Parma. Ieri col coltello fra i denti contro i giornali, oggi docile blogger nella schiera d’un impero italoamericano. Vogliamo parlare di Lele Rizzo dei NoTav, uno dei movimenti più duri contro la stampa italiana, anche col gruppo l’Espresso? E dei tanti progressisti di centrosinistra (Nichi Vendola, Anna Paola Concia, Chiara Geloni, eccetera)? C’è una buona schiera di giornalisti – per lo più disoccupati e precari – che vorrebbero sapere come la pensano questi politici, giornalisti, opinion leader in merito alla retribuzione del lavoro. Sarebbe davvero utile capire come lorsignori vedono questa loro nuova avventura lavorativa. Ops, volontaristica.

E magari pure le morti bianche

Per salvare l’editoria italiana bisogna delocalizzarla. Tagliare i costi di produzione trasferendo il Sole 24 Ore, Libero, l’Unità e il Corriere della Sera all’estero. I giornalisti cinesi e rumeni possono sostituire i nostri a un decimo (forse meno) dello stipendio con l’ulteriore grande vantaggio di un’informazione più libera.

Questa la grande idea di Beppe Grillo:  la fabbrica cinese applicata al giornalismo. Beh, si stupirebbe se sapesse che non solo c’è già, ma che ormai le sue “tuonate” non sortiscono che sorrisi rassegnati e un poco di umana compassione?

Campania, Grilli per la testa

Ammetto di essere sorpreso per l’appoggio di Antonio Di Pietro a De Luca, un tizio che ha due processi in corso per associazione per delinquere, concussione, falso e truffa. Ma lo sono ancora di più per la standing ovation che l’assemblea dell’Italia dei Valori ha riservato al discorso di De Luca. Sembrava una convention di Forza Italia.

via  Blog di Beppe Grillo – De Luca Superstar.

C’è Catone e Catone …

La storia di Google Italia che censura Beppe Grillo è così inverosimile che mi fa sorridere. Peccato, uno che scrive cose così divertenti come questa sulle scarpe anti-Bush.
Ah, chi di blog ferisce, di blog perisce: sul sito di Antonio Di Pietro fulmini e saette, è saltato il commento video di Marco Travaglio nel giorno delle dimissioni del Di Pietro jr.  citato (ma non indagato) nell’inchiesta Global Service di Napoli.