Bisogna saper scegliere: il Pd e il caso Trombetti

Nella nuova giunta di centrodestra della Regione Campania spicca il nome di Guido Trombetti, rettore dell’Università Federico II, già coordinatore dei rettori italiani. Ora, tralasciando le ironie sul Trombetti matematico che si è fatto due conti ed ha scoperto quanto fosse meglio, a scadenza di poltrona universitaria, buttarsi in politica, secondo me bisognerebbe riflettere sulla capacità che ha il Pd campano di scegliere la sua classe dirigente.

Un partito di catapultati e cooptati (basta scorrere i nomi dei quadri dirigenti campani) finora fedelissimi al Re Sole don Antonio Bassolino, il Partito democratico è stato capace come non mai di bruciare nomi e gonfiare all’inverosimile altri.  Il caso di Trombetti è emblematico: il suo nome ormai circolava come papabile anche quando serviva l’idraulico. Un profilo politico gonfiatissimo sui giornali cui sostanzialmente corrisponde una persona incapace di catalizzare interesse politico. Ha gestito il principale Ateneo della Campania, non voglio dare un giudizio, spero lo faccia con onestà chi nell’università c’è stato e la conosce dall’interno. Da fuori però non mi pare che la Federico II sia migliorata granché in questi anni. E vabbè.

Il dato politico: Stefano Caldoro ha nominato Trombetti assessore all’Università. A pelle mi provoca fastidio pensare che chi ha gestito finora un singolo ateneo debba ora essere garante di tutti. Ci riuscirà? C’è o non c’è un conflitto d’interessi? E ancora: la prassi è quella di bollare il Trombetti sinistrorso “traditore” nell’ambiente del centrosinstra, per poi sottolineare che “in politica è così” e via discorrendo.

Eh no: il Pd avrebbe dovuto evitare tempo fa che si gonfiasse questo mito candidabile a tutto e al contrario di tutto, che si creasse quest’uomo delle istituzioni un poco tecnico e un poco politico, un poco carne e un poco pesce. E invece s’è preso il trenino piccolo Dem e poi  è salito sulla carrozza di lusso Pdl. Fare ciao ciao con la manina please: il massimo del rendimento col minimo sforzo. Del resto l’algebra come dice? Meno per meno fa più.

E comunque la storia recente ci sta insegnando che il tecnico in politica va controllato, anzi blindato. Sai, a volte gli prende la mano.

La Campania, la destra in treno e la sinistra in auto blu

Qualche giorno fa, nel mio treno Av per Roma, entra pure il nuovo presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro. Non mi stupisce: è parlamentare e per lui conviene l’Alta velocità che ai deputati e ai senatori è data praticamente in dotazione-regalo insieme al super stipendio e agli altri benefit. Si stupiscono però i miei compagni di viaggio, per lo più napoletani diretti nella Capitale o a Milano per lavoro o per motivi familiari. «Ma è lui o gli somiglia?». «Comm’è giovane!». «Allora auguri, preside’!».

Caldoro ha la borsa di cuoio in una mano, con l’altra fa ciao ciao con la manina e scompare in prima classe. La gente compiaciuta, commenta l’illustre presenza a bordo. Mi viene in mente e mi appunto la battuta da twittareoggi in Tav ho incontrato Caldoro. Sul suo biglietto c’era scritto “Posto prenotato. Da Cosentino“»).  Si parte. E penso.

Mi chiedo cosa c’era, in quella scena che a me sembrava banale, da piacere tanto ai miei concittadini. Lo capisco subito dopo, chiedendomi da  quanti anni non vedevo Antonio Bassolino in giro da solo per la città, su un treno – non voglio dire l’autobus o il metrò, qui i politici non hanno l’abitudine di prenderlo -. La risposta  è che non ricordo manco più  l’ultima volta di Bassolino tra la gente, quella normale, capace di riconoscerti, non aggredirti ma sicuramente rimbrottarti per le cose che non hai fatto, le posizioni che non hai preso, i problemi che non hai risolto. Bassolino non è certo il solo: come lui, tutta l’allegra compagnia di centrosinistra – io negli ultimi giorni di campagna elettorale ho preso a chiamarla brechtianamente l’Invincibile Armada – da tempo ormai evitava il confronto più importante per un politico locale:  quello con la quotidianità.

Non mi illudo: imparerà anche Caldoro ad andare nell’auto di servizio in dotazione al Presidente della Regione Campania. Anch’egli sparirà dietro la scrivania, così come imparerà a dotarsi di un factotum di qualità capace di fargli da segretario 24 ore su 24; del resto i suoi “angeli custodi” del Pdl regionale in quanto a sfoggio di status symbol non sono secondi a nessuno.

La questione politicamente più interessante è se la sinistra, dopo aver tenuto lo scettro in Campania riesca a tornare, per dirla con Battiato, «a quote più normali». Indubbiamente nella storia indietro non si torna, ma quei corsi e ricorsi di cui si parla fin troppo spesso dove porteranno chi ha tenuto il comando finora ed è già in evidente astinenza da potere decisionale?

Caldoro-De Luca, testa a testa con fuoco amico: piccola analisi

Secondo la ricerca della società di Luigi Crespi sulle elezioni regionali in Campania, Stefano Caldoro (Pdl) sarebbe al 55% mentre Vincenzo De Luca (Pd) sarebbe al 45%. Un sostanziale testa a testa, con Pdl che “doppierebbe” il Pd (40% contro 22%), Idv all’8,5 e Udc al 10, una sinistra che sparpagliata non arriva al 5% e i rutelliani con percentuale da prefisso telefonico. Prendendo col beneficio d’inventario questi sondaggi, per la sinistra il campanello d’allarme è suonato già da tempo: se non fanno un patto restano fuori dal Consiglio regionale. Il Pdl invece ha paura che lo sceriffo De Luca vada a pescare nel suo elettorato moderato che ritiene Cosentino inaccettabile.
Il dato del “fuoco amico” sarà fondamentale: Caldoro  teme che i nemici di Cosentino (Bocchino in primis) optino addirittura per un De Luca, quest’ultimo è preoccupato del colpo di coda di un Antonio Bassolino infuriato per esser stato messo da parte.

Update: l’analisi di Luigi Crespi

Brunetta e gli altri: i siti web istituzionali e il loro utilizzo politico

Qualche giorno fa questo blog riportava la notizia della risposta via sito web istituzionale di Renato Brunetta ad una inchiesta de L’Espresso. Ora il giro s’è allargato e la notizia è finita sui giornali. Ci si scandalizza molto,  probabilmente a ragion veduta. Però secondo me andrebbe fatta una riflessione più ampia, prescindendo dal caso Brunetta e dall’evidenza grafica con la quale è stata occupata la pagina del sito innovazione.gov. Vale a dire: il sito di un ente pubblico può o no contenere dati di natura politica? Mi spiego meglio con un esempio che mi riguarda perché a suo tempo ne scrissi a più riprese : il caso Bassolino.

Il governatore della Campania, Antonio Bassolino, ha un blog che va sotto le cosiddette “pagine del presidente” linkate alla homepage dell’Ente regione. Il blog è pagato con soldi pubblici, creato da una società in house che si chiama Campania Digitale. Ovviamente Bassolino nel blog riflette di cose personali, di politica e società, molto spesso i suoi portavoce spediscono alle agenzie comunicazioni del tipo “lo ha scritto Bassolino sul suo blog”. A quanto pare non c’è una legislazione chiara sull’argomento, trattasi di etica della politica e contenimento delle spese (il blog di Bassolino è costato non poco alla collettività e non è granché). Ecco, mi chiedo: quest’episodio non è ancor più grave?

https://www.giornalisticamente.net/blog/2009/09/12/e-mio-e-lo-gestisco-io/

Bassolino reloaded

Qualche giorno fa per questioni di lavoro ho rivisto Antonio Bassolino. Era al Pan,  museo d’arte e celebrazione degli ex comunisti napoletani. Don Antonio era, come si dice a Napoli “nel suo”:  in mezzo a fedelissimi, fra i quali tanti docenti universitari (di quelli che hanno a che fare con l’edilizia, ovvero ingegneri e architetti). Parlava del centro storico partenopeo e della pioggia di milioni che presto arriverà.

A dispetto di quel che molti pensano, ‘o governatore è uscito ringalluzzito dalle elezioni. Limitato sì ad un contesto regionale, ma cosciente che in questa regione lui e i suoi hanno ancora qualcosa da dire in termini di voti (che poi son gli unici termini che conosce la politica italiana). Sta talmente bene che non ha nemmeno più la necessità di farsi la tintura.
Non c’è bisogno di cambiar colore ai capelli, basta cambiare le parole-chiave.
Insomma, la Provincia di Napoli è andata al centrodestra? E si fa di necessità virtù, presentando un piano per il Centro storico della città di Napoli da 450 milioni euro. Bassolino ha detto (cito dagli appunti che ho nel mio taccuino) che analoghe iniziative saranno prese per i centri storici di altre città della Campania. Le Provincie vanno a destra e scompare il concetto di Area Metropolitana utilizzato fino a qualche tempo fa in tutte le salse. Ecco dunque che dal Basso-vocabolario scompare la parola “provincia” e torna prepotente la “città”, diretta dipendente del Sistema-Regione. Del resto, non è stato lui uno dei promotori del governo delle città, del governo dei sindaci eccetera? Quindi, Parigi (anzi, facciamo Napoli) val bene una messa: scompare l’Ente Provincia, le sue funzioni, le sue prerogative. Se è come penso, nei prossimi anni Palazzo Matteotti, che con Di Palma comunque degradato a plastilina da plasmare secondo il volere di Palazzo Santa Lucia, sarà completamente escluso.
In fondo, potrebbe anche non essere un male.

Dunque: il piano per il centro storico. Lo tengo qui davanti, con tutte le schede e schedine. Mi viene in mente che avevo 10 (dieci) anni di meno, quando Antonio Bassolino presentò il piano per la trasformazione dei “bassi” ai Quartieri Spagnoli in botteghe d’artigianato. A quei tempi, nel giornale d’allora, facemmo  paginate sane con le voci delle “vasciaiole”: «da qui non ce ne andiamo, manco Mussolini c’ha cacciato».
Trattandosi di Bassolino (non cito la Iervolino non foss’altro perché i soldi sono della Regione e il piano per il Comune l’hanno curato bassoliniani come Nicola Oddati, quindi “Rosetta” è soltanto un accessorio in questa storia) era inevitabile richiamare alla mente la Neapolis di pomiciniana memoria – ovvero la proposta di sventrare i quartieri poveri della città fatta a suo tempo dall’allora ministro -. Fatto questo, il progetto è tutto un revival degli anni Novanta. Stringendo stringendo, questi 450 milioni più altri che arriveranno con un accordo aggiuntivo, andranno per aprire cantieri su palazzi o edilizia monumentale di proprietà pubblica e per contribuire a rifare facciate di palazzi privati i cui condòmini hanno i soldi e l’organizzazione per avviare i lavori.

Alcune cose m’hanno però colpito: ci sono soldi per aprire finalmente il museo di Totò nello splendido palazzo dello Spagnuolo al rione Sanità e per riaprire il Museo Filangieri. Ci sono (ci sarebbero, vah) soldi dell’Unione europea per la realizzazione di una rete internet Wi-fi in tutto il centro storico di Napoli (!). La realizzazione di tutto? Nel 2013. Qualcuno (io di certo) ricoderà che la deadline è stata spostata d’un paio d’anni. Prima era il 2011 (metropolitana, Bagnoli, Napoli Est, strade, arredo, telecamere, eccetera). Ma il 2011 è domani, quindi meglio spostare a dopodomani, nel 2013, anno del Forum delle Culture. Per allora cosa sarà completato?