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La newsletter del giornalista Ciro Pellegrino. «E a Napoli che si dice?». Per chi ne è lontano (temporaneamente o definitivamente). Per chi la guarda da lontano. Per chi non la capisce più: una timida newsletter che riceverai poche volte al mese. Tutto gratis ovviamente.
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Siccome dicono che a Napoli non ci sono più le politiche sociali perché si mangiano tutti i soldi, voglio aiutare io con un supporto psicologico e giornalistico tutti coloro che si apprestano al ritorno estivo in città, magari perché lavorano fuori regione o all’estero.
Tranquilli! Vi spiego che è successo recentemente così non dovete chiedere ai parenti e potete buttarvi nella discussione sapendo già tutto.
1. Il fatto della camorra e di Gomorra
Allora, vi voglio spiegare: non è che la camorra non esiste più. È come l’amico della Signora Rinascente. Esiste, solo che lei non lo sa. L’hanno confusa. Gli hanno fatto credere di essere la sceneggiatura di una serie tv.
Voi non preoccupatevi: si uccide ancora. Dalla parte di Miano, per esempio, stanno belli inguaiati. Di recente hanno arrestato degli imprenditori che vivevano a Posillipo ma poi facevano begli affari coi clan di San Giovanni a Teduccio. Quindi non vi lasciate condizionare dai vostri amici del Nord, ribadite con forza: non è vero, la camorra ce l’abbiamo ancora. Non gli abbiamo fatto alcuna scortesia e lei è ancora qui tra noi, è ovunque. Come sempre.
2. Ma che è sto fatto di quelli che fanno sesso in piazza San Domenico?
Mammamia come siete morbosi (senti chi parla). Non è che questi hanno fatto sesso perché volevano fare le oscenità. Niente affatto. Come dice il nostro sindaco: qui stiamo pieni di turisti. E dunque gli alberghi sono aumentati di prezzo. Povera gente, che poteva fare? Mo’, con tante oscenità del centro storico di Napoli (degrado, abusivismo, microcriminalità) vuoi vedere che ci dobbiamo scandalizzare per una sveltina di 30 secondi?
3. È vero che a Natale piazzeranno un altro cazzimbocchio* enorme al Lungomare?
Sì, è tutto vero. L’anno scorso fecero l’albero di Natale? Mo’ vogliono fare il corno rosso. Però a me hanno sempre detto che il corno porta bene se ha la punta rivolta verso il basso, tipo che ‘scarica’ a terra tutte le maledizioni. Invece questo avrà la punta in alto, tipo parafulmine. Non voglia mai iddio viene una tempesta…
*Cazzimbocchio: elemento ingombrante dall’inequivocabile forma fallica
4. Ma hanno dato la cittadinanza onoraria a Maradona?
Si. Non so se è vero che lo pagheranno o meno (non c’è ad oggi uno straccio di carta del Comune alla faccia della trasparenza). Di certo il 5 luglio ci sarà una festa in piazza Plebiscito.
Io qualche tempo fa ho scritto che, con tutto il rispetto, per un uomo che fu immortalato – consapevole – in una vasca da bagno coi boss del clan Giuliano (non è che in una vasca vai con uno sconosciuto e che cazzo…) la cittadinanza è un atto eccessivo. Bastavano una medaglietta di ottone e due paste da Scaturchio. Non c’entra niente la passione sportiva.
5. Devo sapere se ha aperto una pizzeria nuova a Napoli.
No, non mi pare. Cioè forse ha aperto qualcuno ma alla fine non è cambiato niente, la pizza è sempre con la mozzarella, non vi mangiate la sfogliatella quando fa caldo perché c’è la ricotta.
Mo’ a Napoli si porta assai il “panino gourmet”. Che enorme stronzata.
7. Se scendo a Napoli tutto il mese mi conviene fare l’abbonamento a metro e bus?
Ma sei pazzo/a? Non fare niente, fattela a piedi. Nientedimeno la metropolitana a Piscinola la sta studiando la Nasa, pensavano fosse una nuova cometa che passa ogni 110 anni…
7. Ma chi è LIBERATO?
Secondo me è Livio Cori.
Ringrazio la buonanima di Massimo Troisi per avermi ispirato, come sempre.
«Cresci sano e fammi raccontare»
Una canzone di Pino Daniele ci sta bene
‘A robba mia (Ferryboat, 1985) è una delle canzoni che secondo me coniuga meglio l’italiano, il napoletano e il fraseggio inglese di Pino Daniele. Ironica sul presente, tagliente, non dimentica la tradizione e guarda al futuro. Scende benissimo, come un boccale di birra quando fa caldo. È il miglior Pino Daniele.
e allora don’t cry no more
a quant’o vvine e mo’ ‘a chi ‘o vvuo’
«A quant’o vvine» e «‘a chi ‘o vvuo’» sono due frasi tipiche bellissime. «A quanto lo vendi» significa ma cosa/quanto credi di valere, ma chi ti credi di essere? «Da chi lo vuoi» significa sostanzialmente: a chi vorresti addossare colpe che sono solo tue?
…E po’ che mazzo
si ‘ncuntrassemo a Gesù
ce jessemo a ‘mbriaca’.
E se poi incontrassimo Gesù andremmo con lui ad ubriacarci…
Nuje cuntavemo
‘e ritrattielle ‘ncoppa
‘e grade erano nere
‘e mmane e ‘o riesto
statt’accorto nun t’o scurda’
I ritrattielli erano le figurine dei calciatori e questa strofa sembra quasi omaggiare i “Guaglioni” di Raffaele Viviani, questi però sono ragazzini degli anni Settanta, sui gradoni neri dei vicoli mentre al mare i fumi del porto e degli scarichi e carichi di sigarette di contrabbando sono incessanti e dall’altra parte, a Bagnoli, l’altoforno mangia carbon coke e vomita acciaio in forma di fuoco.
«‘A ggente è stretta ‘e mano» come per dire che è poco generosa. E poi un capolavoro, una strofa che per me è meravigliosa, mi fa emozionare. Ascoltatela e leggetela insieme a me col ritmo della musica:
Primma ‘e figli se crescivano
c’o mare uno passo
a mano a mano se purtavano a campa’
nun me fa penza’
Prima i figli si crescevano col mare a un passo, a mano a mano, gli si insegnava a vivere e cavarsela da soli, non farmici pensare.
Sono echi di frasi di donne che tra un vicolo e l’altro parlavano e incantavano il giovane Pino. Lo so perché sono cresciuto pure io con queste frasi, la signora affianco, quella di fronte, le chiacchierate e io bambino ad ascoltare i luoghi comuni e la saggezza popolare.
Chi è di Napoli e ha la mia età può capire. I figli prima si crescevano col mare di fronte, pensa all’Ottocento di via Santa Lucia quando il borgo di pescatori affacciava a mare, pensa a San Giovanni a Teduccio, terra di scogli e onde e maestrale fresco. L’urbanizzazione novecentesca e la speculazione che hanno staccato Napoli dalla natura di città di mare (che non la bagna più! Anna Maria Ortese!).
Oggi scinne c’a paura, sissignore!
‘a quantu tiempo faje ammore
crisce sano e statte ccà
famme raccuntà.
Oggi scendi e fa paura, sissignore, i mariuoli la camorra.
E poi le domande delle vecchie nei vicoli? Da quanto tempo sei fidanzata? Cresci sano! Resta qui, resta a Napoli.
E fammi raccontare, fammi raccontare. Che è la cosa che pure noi che scriviamo, parliamo e ci sbattiamo tutti i giorni.
Speriamo che restate e che restiamo qui, speriamo che se pure siete lontani vi interessa ancora quello che succede tutti i giorni a noi, quello che succede tutti i giorni alla tua Napoli.
https://www.youtube.com/watch?v=p7qEho3hg5o
Ti scrivo mentre è notte e ascolto “Space Oddity” di David Bowie nella versione del film “I sogni segreti di Walter Mitty” con Ben Stiller (mai visto? Se no, fallo).
Proprio Ben Stiller è stato a Napoli in questi giorni. Ha mangiato la pizza, fatto il giro ai Decumani, comprato i pastori, visitato la città sotterranea. Ci mancava solo che salisse sul fottuto bus R2 alla Ferrovia tutto sudato all’ora di punta scansando i mariuoli.
Mentre l’attore era qui è uscita la notizia della sua separazione dalla moglie dopo tanti anni di matrimonio.
Non so niente del gossip dei divi americani, ma ho sperato che la Napoli di questi giorni, così calda, ventosa, sorprendente negli sbalzi di temperature, gli sia stata di conforto.
Guardo questa foto: forse è andata così.
Pensa che qui il quartiere più panoramico (teoricamente il più bello, sicuramente il più ricco) della città si chiama Posillipo, dal greco Pausilypon, ‘pausa dagli affanni’.
La camorra non «torna a sparare», la camorra non ha mai smesso di fare niente. Sei morti in 48 ore, domenica ho scritto un paio di pezzi sulla percezione che si ha di questa cosa e su certi segnali tutti da interpretare.
Mo’ mi faccio qualche altro amico con sto racconto, ma che posso farci? Sono andato speranzoso al Caffè Gambrinus per partecipare a questa sorta di ‘assemblea costituente’ del nuovo Salone del Libro. Breve antefatto: a Napoli negli anni 90 c’era una cosa bella, si chiamava “Galassia Gutenberg” e si faceva alla Mostra d’Oltremare. Libri, incontri, dibattiti, scrittori, editori. Poi sono finiti i soldi ed è finita la festa.
Un noto editore napoletano, che peraltro conosco, Diego Guida (è stato assessore e io da giornalista per molti anni ho seguito le vicende del Comune di Napoli) vuole rifare insieme ad altri editori un grande evento annuale su libri ed editoria in città e per questo ha chiamato a raccolta un po’ di gente al Gambrinus.
Ci sono andato, speranzoso. Sono tornato a casa un po’ dispiaciuto.
Partiamo da un fatto. A Napoli oggi se vuoi avere diritto di parola o sei un antagonista “di sinistra” che i libri li scarica in pdf o sei un professionista vomerese che legge un libro all’anno e ne recensisce/consiglia 50 al mese.
Vabbé, sono entrato, ho trovato un salone strapieno di gente, con la classica struttura da convegno. I convegnisti (dotti, medici, sapienti) al tavolo, gli interessatissimi davanti a tutti, i curiosi dietro e i poveri stronzi come me in piedi. Fin qui tutto nella norma. Lo specchio alle spalle dei relatori rifletteva la platea e dava la sensazione che stessero discorrendo con loro stessi, in un paradigmatico loop d’autoreferenzialità.
Quando hanno iniziato a parlare è stato peggio, porca troia.
Monologo dell’assessore oggi arancione e ieri del PDS che assicura finanziamento all’evento. Salvo poi scoprire, tre giorni dopo, che il disavanzo nel bilancio del Comune è 1 miliardo e 890 milioni di euro. Forse intendeva i soldi del Monopoli. Dunque eventualmente occorrerà andare col cappello in mano alla Regione Campania di Vincenzo De Luca.
Poi, seriamente? Ho sentito dire cose ascoltate ai convegni su “Napoli capitale del Mediterraneo” nel 2002. La fiera itinerante, riscoperta dei vicoli, i piccoli eventi, la libreria ‘dal basso’ da valorizzare.
Ah: sapete quante sono le persone che hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi al Sud Italia? Il 28,8% (dati Istat).
E stiamo (stanno) pensando alla bancarella in piazza per vendere due-tre copie di fondi di magazzino ad un prezzo magari maggiore di quello che offre Amazon. Il tutto condito dal solito maledetto reading di brani del solito sferzante autore “di successo”.
La tizia della libreria vomerese che ha detto di aggregare tutti, «dall’insegnante a chi lavora in banca e le casalinghe» mi ha fatto girare e guardare la reazione della platea. Ho visto negli occhi vividi di coloro che erano entrati propositivi, spegnersi l’interesse per un evento che rischia d’essere la stantia riproposizione di modelli ridicolmente messi fuori mercato.
Vabbé, parliamo di gente la cui massima aspirazione in molti casi sono tre righe su Repubblica, Mattino o Corriere. Ah, e la «potenza dei social network!».
Ho almeno 15 libri da consigliarvi. Ma questa newsletter non nasce per consigliare libri. Posso fare un video? Posso fare un audio che ve lo ascoltate? O è na cacata? RISP URGENTE. 🙂
(nella prossima invece parliamo un po’ di luoghi e cucina)
Mentre tutta Napoli si chiede “Chi è LIBERATO” il cantante anonimo e indie che va di moda io dico no.
Affanculo LIBERATO, radical chic piccoloborghese, ci sta Nino Buonocore che spacca tutto.
Per noi con la R moscia egli è il Mito.
Capita sempre più spesso: «Ciro sono/siamo a Napoli, ci vediamo?». Per me è sempre una gioia. E pure una responsabilità. Provateci voi a non farvi venire l’ansia dopo vent’anni di cronaca. No qui no, hanno ucciso a uno. Qui ci sta la piazza di spaccio, qui non passano bus. Vediamo di condensare i consigli utili
1. Valli a pigliare. Non esiste che ti lascio alla stazione centrale come un disperato in mezzo al ‘gioco delle 3 campanelle’, al borseggiatore facciadimerda (l’ho ribattezzato così) alla selva caotica di piazza Garibaldi di mattina che si trasforma in giungla la sera. Valli a prendere/vallo a prendere/valla a prendere in stazione. Se arriva all’aeroporto di Capodichino, invece, se la può tranquillamente fare con l’Alibus (taxi? Coraggioso e paghi tu).
2. Caffè subito. Togliamoci subito questo pensiero. Fagli prendere il caffè subito, così la discussione su quanto è buono rispetto boh, che so, a Bergamo la archiviamo e passiamo avanti.
3. Metropolitana fino a Toledo. Dico sempre che metro di via Toledo è così bella che i treni non passano per non sciuparla. Qualche giorno fa un gruppo di romani ha osato in mia presenza dire che insomma, non è granché. In realtà è vero, non è tutta questa magnificenza, ma la dovevo difendere a prescindere, quindi ho sbottato: «No, signo’ è meglio a Roma Battistini sicuramente!».
Mo’ la signora andrà raccontando che un tifoso del Napoli voleva accoltellarla in stazione. Fanno sempre così, gonfiano un po’ la storia per sentirsi Genny Savastano in Gomorra.
4. Voglio ‘o mare. A Napoli si dice: «’o ttengo e t’ ‘o ddongo» (ce l’ho e te lo do, con velata allusione sessuale). Il mare c’è. Puntare su via Caracciolo (chiamatelo un’altra volta “Lungomare Liberato” e vi sputo in un occhio). Percorrete la via Toledo, caotica e calda. Il cronista vi dirà che alla Galleria Umberto è morto un ragazzino con un pezzo cornicione caduto in testa. Che è un cantiere tutto e che non la riconosce più, la città.
Voi guarderete i vicoli dei Quartieri Spagnoli e direte: «Ma ci si può andare?». Poi vorrete andarci da soli e non vi succederà niente, nemmeno uno scippo. E vi sentirete un po’ stronzi per aver pensato che Napoli era così pericolosa (ecco, il tempo di pensare sto fatto e si sono fottuti il portafogli sul bus R2 che vi avevo detto di non prendere!).
Piazza Trieste e Trento, la fontana con la carcioffola, alla vostra sinistra il Teatro San Carlo. C’è un bel concerto, una bella opera. Perché non ci andate? Davvero.
Poi si apre piazza Plebiscito. Tira un po’ di vento e voi siete contenti, son contento pure io , se vi accompagno. Quello a sinistra è Palazzo Reale, sulle statue dei Re c’è una filastrocca che mi scoccio di raccontarvi, la trovate su internet. A destra il colonnato della Chiesa di San Francesco di Paola.
Sì, se ti metti al centro e ti bendano non riesci mai a centrare i due leoni. Però fa caldo è mattina. Meglio provarci di sera. E lì su c’è il Pallonetto di Santa Lucia. Montedidio, Pizzofalcone e blablabla. Ma tu lo vuoi vedere o no, il mare?
5. Il mare. Via Cesario Console, questo bicchiere pieno d’acqua di mare che scivola via. Andiamo sul bordo: è il golfo di Napoli. A sinistra Molosiglio, a destra lungomare. Santa Lucia l’ho saltata, magari torniamo se abbiamo fame a mangiare qualcosa. Il mare non è un elemento marginale.
A te piace ‘o selfie ‘e Instagram? E hai voglia di selfie e storie di Instagram, guarda qui.
Però magari se cammini invece di pensare a quanto casino ci sta e al caldo che fa e a come sarebbe bella Napoli se tutto questo fosse meno caotico, ecco, camminando camminando ti spogli dei pensieri, delle ansia, inizi a parlare del mare, del mare, solo del mare di quanto eri piccolo e di come a casa tua, d’estate si andava in spiaggia.
Se scenne tutto ‘a cuollo, tutto da dosso. È il più grande regalo che ti può fare Napoli e te lo fa una sola volta. Dovrai ritornarci per provarlo nuovamente.
E lo so, se stai leggendo e sei napoletano lontano dalla città, magari perché la vita ti ha portato altrove nel mondo ti sta venendo un po’ da piangere.
6. Non aspettare niente e nessuno per mangiare. Ci sono ristoranti e pizzerie che hanno file d’attesa chilometriche manco fossero l’ospedale Cardarelli quando ti devono operare la guallera. Io dico no alla fila, io dico no alla lista «venti minuti al massimo e si libera un posto». Andatevene affanculo, qui si mangia bene quasi ovunque. La pizzeria è piena? Ciao, vai a quella affianco. Ma non perdere un’ora o più per aspettare di pranzare.
7. Vuoi i posti dei turisti? Ok. Allora: Castel dell’Ovo, Maschio Angioino, il Cristo Velato alla cappella Sansevero al centro storico (si è bello però mammamia, tre ore ad aspettare…ma cammina, vivila, stai qui solo un giorno!). Castel Sant’Elmo vista bellissima da San Martino; vuoi vedere lo stadio? Prendi la metropolitana e scendi a Campi Flegrei, poi ti deprimi e torni indietro. Che vuoi fare? Il museo Archeologico arte classica e reperti egizi e romani? Il museo Pan, fotografia e arti figurative? Il museo Madre, arte contemporanea?
Volete il piedino a zampa di leone? E Giggino vi da il piedino a zampa di leone…(il palazzo di’ Così parlò Bellavista’ è in via Foria 106, nelle ore diurne è aperto).
7. Vuoi i posti non turistici? In realtà anche il luogo più turistico di Napoli contiene al suo interno un po’ della sua autenticità. Fatevi un giro per l’Anticaglia dietro via Duomo, sbucate davanti al ristorante ‘La Campagnola’ in via dei Tribunali e se non c’è fila (difficile) mangiate lì.
Vorrei dire: perdetevi senza una guida. Sì, ma che ve importa: perdetevi: Pallonetto, Pignasecca, Cavone di piazza Dante, Borgo di Sant’Antonio Abate, andate ngoppa ‘e mmura, dietro il mercato del pesce a Porta Nolana. Vorrei dire, prendetevelo, sto maledetto bus R2 dalla stazione a via San Carlo. Vorrei dirlo, ma evito. Poi magari se lo fate non succede niente. A Lisbona mi dissero: «No ma non andare all’Alfama di sera! No ma attento ai borseggiatori sul tram» a me veniva da ridere come risi in faccia al borseggiatore che voleva puntarmi a Dublino (ma seriamente, ma come si fa, a Dublino…ridemmo per tutta la serata).
E se proprio vuoi/volete vedere una cosa che vedo io tutti i giorni ecco. Via Santa Lucia, quasi alla fine, prima dei barbacane che sostengono il costone del Monte Echia (quel coso di tufo).
Io questo l’ho ribattezzato il balcone dell’ottimismo.
Perché sei di fronte al mare, non lo vedi ma ne senti l’odore, lo immagini e sai che due passi e sei lì. Potresti avere una grandiosa vista e non ce l’hai.
Ma aspetti. Un giorno, chissà, Napoli la aggiusteranno tutta.
Chissà.
Intanto resto, aspetto…
1. Chi cazzo è il cantante LIBERATO? Ipotizzate di saperlo ma di non poterlo dire.
2. Chiedete agli ospiti se piace l’imitazione di Maurizio De Giovanni del cabarettista Lino D’Angiò. Ricordatevi di non fare troppo gli ironici che De Giovanni è come Fidel Castro, ha gente ovunque.
3. Gioco di società: ripetere a memoria il monologo del Cavalluccio Rosso di Riccardo Pazzaglia.
Sostanzialmente.
1. Arrivi alla Stazione centrale. Poche chiacchiere:è un caos incredibile. Nulla ti ha preparato alla stazione di Napoli, forse l’India, il Medioriente o certe strade dell’Avana. In stazione stai tranquillo, più o meno. Uscendo lo sei di meno, soprattutto di sera (lo dico a quelli che “essere Napoletani è meraviglioso”: strunz, io abito a pochi metri dalla stazione ferroviaria di Napoli, so di cosa parlo).
Comunque se sei a piedi attento al trolley, cerca di uscire il più rapidamente possibile su corso Umberto.
PS: ma veramente hai messo il Rolex? A parte che è na cafonata, toglilo. Napoli è bellissima e il 99,9% delle persone sono di una onestà specchiata, ma toglilo dal polso. Ma che cazzo te lo sei portato a fare?
2. Come esci dalla stazione?
Non prendere il taxi fuori la stazione centrale se non costretto. Piuttosto spostati al corso Umberto e prendilo, paghi 1 euro in più la chiamata, ma i tassisti alla stazione so’ predisposti a spennare il turista (ok, non tutti, non è giusto fare un’erba un fascio, vabbè, ok, viva lo Re Borbone). Vuoi prendere il bus? Veramente? L’R2? E sentiamo, hai indossato anche il cilicio nelle mutande? Il bus 151 è pieno di borseggiatori, pure l’R2. La cosa più economica e valida? Prendi la metro Linea 1 così non devi uscire nemmeno dalla stazione. Quando passa regolarmente (quasi sempre dai) è ottima.
3. Taxi situation
Il tassista fiuta il pollo da spennare. Se hai un accento bresciano io non posso farci niente. Quelle e oppure quelle o allungate sono un disastro 🙂
Stammi a sentire. Attento che il tassametro sia acceso: non devi pagare niente in più rispetto al tassametro. Solo la chiamata se telefoni (1 euro) o eventuali valigioni in più (50 cent). Qui trovi tutto il tariffario attualmente in vigore.
Tu hai ragione, quelli ti fottono sul percorso, mica su altro. Io sai come faccio? Quando prendo il taxi per andare in redazione dico “andiamo alla Regione Campania”. Perché il tassista quando sente l’istituzione ha paura. Una volta millantai di lavorare al “corso pubblico comunale” (l’ufficio che rilascia o revoca le licenze ai tassisti) per evitare un percorso monstre in mezzo al traffico.
Parlaci, col tassista. «Sa, io che lavoro alla questura di Brescia conosco molti tassisti napoletani». Lui pensa che sei un guardio e si intimorisce.
Comunque un navigatore sul cellulare lo tieni pure tu…non farti fregare. E tieni sempre spiccioli altrimenti la corsa da 7 euro non avrà mai 3 euro di resto.
Attento alle banconote false! (ahah ora i napoletani orgogliosi ultras mi uccidono)
4. Mangiare senza truffe
Premessa: siamo a Napoli, non a Roma. A Napoli si mangia bene quasi ovunque e non ti propongono una lurida carbonara a 18 euro. Tuttavia, occhi aperti. Più sembrano trattorie caratteristiche e fetide fronte strada affacciate dal vicoletto e più sono in realtà locali acchiappa-turisti. Evita, ma che t’importa di risparmiare 2 euro se mangi male? Vai a mangiare in posti che t’ispirano anche nell’aspetto: sei turista, fai il turista intelligente e posa i soldi.
In generale nei giorni feriali, se vai a pranzo in un locale che serve di tutto, dai primi alla pizza, ci sono anche i menù coi piatti del giorno. Che non riceverai mai al momento, ma solo previa richiesta. Di solito ti danno il menù standard da turista.
Devi dire: «C’è anche il menù coi piatti del giorno?»
Se invece il cameriere ti spiega i piatti “fuori menù” per lo più a base di pesce, sappi che costano di solito di più.
Il capolavoro però sono gli antipasti.
«Facciamo un antipastino all’italiana? Per due? Quattro? Me la vedo io?». E lì sei fottuto. Non hai scelto l’antipasto dal menù, ti arriva un misto fritto enorme che ti uccide il gusto del primo piatto o della pizza e lo paghi più di tutto il resto. E invece tu sii zen e resisti all’odore della frittatina di maccheroni a pranzo: quella te la mangi in strada, ai Tribunali.
Cosa ordini? Pesce se lo paghi poco hai quanto paghi. Io eviterei intingoli simil Masterchef, la cucina napoletana è così bella nella sua semplicità.
Vabbé, fino al pranzo ti ho salvato. Il resto lo vediamo successivamente, ok?
Sono da sempre sostenitore dell’importanza dei centri sociali occupati nel tessuto urbano di una città sempre meno inclusiva. Negli anni 90 ero adolescente e il movimento che aveva appena scatenato la Pantera nelle università creava Officina99, Ska, DAMM eccetera.
Sono stato il primo a scrivere a Napoli che Rifondazione comunista aveva imposto all’allora sindaco Rosa Iervolino di far acquistare al Comune lo stabile di Gianturco occupato da Officina 99. Scatenai le ire di alcuni della defunta sinistra napoletana (l’operazione doveva essere tenuta bassissima fino al rogito) ma era una notizia: il centro sociale non più occupato ma di fatto legalizzato.
Oggi si fanno legalizzare prima di entrare…
Così come una notizia è, oggi, quella di Mezzocannone Occupato, delle proteste per il troppo rumore in zona, di notte e l’intervento dei carabinieri. La contraddizione è : lo spazio occupato deve coltivare il dissenso, la controinformazione, oppure organizzare festini per adolescenti fino a tarda notte?
Anche ad un sincero sostenitore degli spazi occupati come me appare chiaro a Napoli lo schiacciamento delle realtà un tempo antagoniste nei confronti dell’esperienza di governo comunale De Magistris. Non si capisce chi tiene per le palle chi. Loro o il sindaco? Giggino prende ordini dagli antagonisti o loro hanno tramutato i centri sociali in comitati elettorali? È un fatto che i nomi delle realtà occupate siano legati a doppio filo con l’Amministrazione comunale. È un fatto che De Magistris li difenda sempre, comunque, ovunque, come farebbe con il suo partito.
Se però queste cose le dici o le scrivi, il risultato è una vagonata di merda sui social e anche de visu da parte di leader – o presunti tali – dei movimenti.
E chi come me era abituato ad andare a prendersi una birra, ogni tanto, lì, ora non può più poiché bollato come «nemico». Questo è il clima, eh.