Raitre, mercoledì Cronisti di strada

Nel documentario c’è anche il mio lavoro. Se vi va, guardatelo, è una “fotografia” sincera su come si fa giornalismo a Napoli.

In tre puntate la verità dei “Cronisti di strada

Un anno per le strade di Napoli, accompagnati da giovani giornalisti, che nel loro duro ed imprevedibile lavoro, raccontano una realtà complessa, violenta e vitale La miniserie, diretta da Gianfranco Pannone e scritta da Paolo Santoni, andrà in onda su Raitre il 14, 21 e 28 febbraio 2007, alle 23.10

Cronisti di strada

Un documentario in tre puntate ideato e scritto da Gianfranco Pannone e Paolo Santoni Prodotto da Rai 3 e Ready Made Per la regia di Gianfranco Pannone
Fotografia Tarek Ben Abdallah e Romano Montesarchio Montaggio Federico Schiavi e Giuseppe Treppiccioni
Musiche di Daniele Sepe

Italia 2007 – 50′ x 3 In onda su Rai tre il 14, 21 e 28 febbraio alle 23:10

Primo episodio: Se non si spara si fanno più soldi
Secondo episodio: La guerra dei rolex
Terzo episodio: Tutte le strade portano a Napoli

Quelli che.. 2007 edition

Come al solito tornare a scrivere qui è come avviare un lentissimo diesel. E ogni cosa sembra inopportuna; il senso stesso di un foglio bianco digitale inadatto ad esprimere ogni cosa. Del resto, indosso il vuoto con classe, come direbbero gli Afterhours. E intanto l’ultimo mese dell’anno, numerata carta gialla di cucina appesa sotto l’orologio, malcelata dal nuovo calendario, mi ricorda anni di giri di boa, nomi incisi a penna su legnosi tavoli di biblioteca; mattinate di scarpe bagnate di pioggia e tempo nero come acqua di pantano.
Alla fine – ed è la solita domanda ricorrente – a che serve star qui ad annotare, nemmeno diligentemente, gli accadimenti, le silenti prese di posizioni. E il tempo che corre, mio dio, come cavolo corre.

Quelli che… vedrai, vedrai
Quelli che.. Paaaaaaaaaaa paraaaaaaaaaaaaaaaaaparààààààà
Quelli che ieri sera ho fatto tardi perché sai, io lavoro ad un progetto di integrazione razziale con l’assessorato e la nota agenzia una cosa davvero importante, ci danno ventimila euro.
Quelli che… tira vento
Quelli che… vieni pure tu, che portiamo insieme la bara.
Quelli che… paaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaparapapa papapa
Quelli che… fra piccole iene, solo se conviene
Quelli che… dovresti fidarti di più
Quelli che… dovresti essere meno fideista
Quelli che… lagrandeconfusionechelavitaavrebbefattoinme
Quelli che… L’Erba del Vicino (titolo che avrei tanto voluto fare insieme a “Parla mastro Olindo”)
Quelli che… dovresti dire le cose
Quelli che… dovresti ascoltare di più
Quelli che…  paaaaaaa para paaaaaaaa parapa parpapapaàààààà.
Quelli che… give him drugs and give him candy
Quelli che… zenia de porcu, eja!
Quelli che… Signore biglietto per cortesia? (sempre quando sto dormendo)
Quelli che… Tieni un accendino? Tieni una sigaretta? Tieni due euro? Tieni il dvd? Lo vuoi comprare un film? E lo vuoi un borghettoaranciobirraacquafrescacoca? Mavafammoccacchitemmuort, su questo cazzo di intercity non si dorme mai?
Quelli che… il gioco di carta è finito, si chiude la porta e si guarda avanti.
Quelli che… Io rappresento lo Stato. Senza passione, nè pregiudizi. E il mio cliente ha le sue ragioni.
Quelli che… sto crescenno nu bello cardillo e quanta cose che l’aggio ‘mpara’
Quelli che… io ti chiamo, ci vediamo, ci sentiamo, ci pigliamo un caffè
Quelli che… chiamami ..aspè facciamo una cosa: chiamami tra un mese.
Quelli che… paaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa parapaaaaa para paparpapaa bum.
Quelli che… due mani in una
Quelli che… ti aspettavo, anche quando non sapevo  che c’eri io, t’aspettavo
Quelli che… pààààààààààààààààààààààà parapàààààà paraàapaaaaparàààààààààààààà

Un sentito ringraziamento a: Enzo Jannacci (come ogni anno); Luciano Ligabue; Unione di centrosinistra – con Romano Prodi Presidente; 24 Grana; “Codice d’onore”;  Tracy Chapman; Paolo Serventi Longhi; Francesco Cossiga; Vittorio Zucconi; Afterhours; Trenitalia; Enrico Ruggeri

incongruit

Mellonta Tauta  – Stefano Benni

Di aver sperato
non mi vergogno
né di sperare
Chico
non credo
alle scritte enormi dei palchi
credo alla carne
da tatuare

Alba.
Amici comuni
recensiscon sconfitte

Notte.
di nuovo il suono
di calci di fucile
che sfondano porte

Rosa.
E poi siamo soli
lasciate il mondo
alla fine
alle ruspe
ai re della droga
ai pipistrelli
a chi tradisce
gli amici.

È tempo di identità mancate. Dicevano che internet ci avrebbe dato la possibilità di parlare, sì. Ma forse ci ha definitivamente tolto quella di ascoltare, i silenzi soprattutto, le tavole imbandite col terzultimo della fila zitto e felice, senza doverlo spiegare, senza avere l’obbligo di farsi capire. Dicevano che avremmo potuto pretendere più giustizia e io ho avuto in eredità le ingiustizie di mio padre, di mio nonno, di tutta una razza del sud abituata a subìre e – per questo – a non parlare più di tanto. Dicevano: tranquillo e racconta ciò che ti pare. Solo dopo ho capito che quello che mi pare è il prodotto distillato di ciò che è già stato confezionato, impacchettato e messo sullo scaffale delle verità pronte per l’uso, come i risotti, appese come pezzi di manzo da dissanguare. Dicevano che gli amici sarebbero durati, intorno a te, pianeta. O tu satellite, se è il caso. Invece, vedo molte comete. Fottutissime, egoiste, egocentriche comete.
E il risultato è un continuo paradosso, in equilibrio precario tra un sabba e uno shabbat, tra una musica interrotta e una connessione continua, ai problemi, alle tecniche, alle notizie e alle mode; ma non al mare, alle facce, ai semplici, semplici silenzi.

strani giorni / strange days

Strange days e non potrebbe essere altrimenti. Un figlio che sta per nascere, dura sì 9 mesi di gravidanza, ma un giornale che puf, spunta lì all’improvviso, mettendosi tra il capo e il collo di una città, è molto più devastante – almeno nel breve periodo – nella vita di qualsiasi giornalista. Specie se il giornale è una «zeppa» per dirla alla Scalfari, in quel compromesso storico (che ormai ha fatto il suo tempo) tra i giornali che si vendono e quelli che si fanno acquistare. E non intendo dai lettori.
Che, poi, voglio dire, io ancora non ci credo a tutta una serie di cose: certi comportamenti isolani mi hanno sorpreso, in bene. Mica capita tutti i giorni di salire in una barca senza trovare quello che ti dice: "stanotte dormi in stiva, amico, qui ci sono arrivato per primo e comando io. E se non ti va bene, vaffanculo". No, non capita quasi mai, direi. Non a Napoli, non in una città che ancora, con mio sommo sbigottimento è isterica anche nel modo di giudicare un nuovo giornale. Una nuova voce che – timidamente, ma neanche troppo – si mette lì, un poco in disparte e cerca di fare la voce stridula quando non serve. Cerca di rompere le palle, insomma. A Dio piacendo, se non le rompe, almeno le fa girare a qualcuno. Il che non è mai male.
Il bidone di notizie napoletane non delude mai: basta rovistare ben bene che dal calderone salta giù sempre qualcosa di interessante, ogni giorno. Una soddisfazione ampiamente compensata dalle malignità che quotidianamente accompagnano il nuovo. Io, da fortemente scarmantico, ho un paio di accorgimenti che mi costringono a tenere spesso le mani in tasca.

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Nella superesposizione di questi giorni, si fa poi il pieno di niente. In saccoccia notizie e un paio di caffè al giorno, un’organizzazione che piano piano prende la sua strada, costruisce i binari sulla base di esigenze e qualità della vita (quella, però, ancora manca).
Così come manca una giornata normale, unplugged dal calderone bolloso di notizie. Qualche amico con cui parlare in tranquillità (ah, e ringrazio tutti quelli che qui, sul blog, hanno chiesto di me in questi giorni). Mi manca un gatto docile che fa le fusa e qualcuno che ti accetta al di là dell’immagine tua con la penna in mano due cellulari e cinquecentochiamateinlineaaspettaspetta. Qualcuno capace di sgonfiare ogni boria, ridere su ogni collera, affondare ogni boccone amaro e indigesto. Questo sì, manca. Bisogna tenere ancora i pugni serrati, amore mio (per non dire le chiappe strette, che pareva troppo brutto su un blog, non ti pare?).