Dici: per noi va male. Il buio cresce, le forze scemano

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La poesia “A chi esita” di Bertolt Brecht è sempre adatta quando ti sembra di non capire il mondo che hai intorno.

Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più mentire.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha travolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.

A chi esita – Berthold Brecht

Napoli, fai uno sforzo e vai a votare

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Schifati dagli avvenimenti, annoiati, superiori e superati. Preoccupati – ma più di Facebook e della brutta seconda serie di Gomorra -. Sciatti scialbi e attenti. Come gatti che non guardano ma guardano tutto e pronti a scattare, scappare o stare. Comunque siate, andate a votare.
Immaginate per un momento, solo per un momento, un altro modello di governo, e le schede con un solo partito su cui mettere il segno. È successo, non molto tempo fa. I militari a sorvegliare il corretto andamento dell’inutile sforzo elettorale, la radio a gracchiare il trionfo e il bagno di folla. È successo, non molto tempo fa.

Andate a votare.
Napoli non ha bisogno soltanto di votare qualcuno, Napoli ha bisogno di qualcuno che vada a votare. Non di qualcuno che difenda la città, ma di una città forte e capace di difendere chi la vive. E per essere forte c’è bisogno di qualcuno che la  forza te la dia; quale miglior modo della partecipazione?

Ecco cosa succede a Napoli dopo un omicidio di camorra

Ho pensato fosse utile spiegare cosa succede a Napoli dopo un omicidio di camorra. Ovviamente di cose ne accadono tante, ma ci sono fasi che potrei definire ‘standard’ nell’opinione pubblica, soprattutto in quella che utilizza i social network anche per esprimere opinioni sulla propria città. Io non sono immune da questo quadro che ho racchiuso in una comoda infografica. Buona lettura.

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Le parole sono un mezzo molto sopravvalutato. Ma questo abbiamo

Il disegno è del vignettista Plantu

Il disegno è del vignettista Plantu

Le parole sono un mezzo molto sopravvalutato. Ma questo abbiamo.
E il pensiero va alle piazzette nord europee di sera, alla birra, al francese che scivola dentro le altre lingue, all’Africa che non è più solo Africa ma un pezzo di noi. All’aeroporto di Bruxelles con gli amici che vanno e tornano dal Parlamento Europeo. A quel senso di quiete al centro del Vecchio Continente; forse pure troppa quiete diceva qualcuno e infatti puntualmente è arrivata la storia a sconquassare e dirci che i terremoti arrivano all’improvviso e sotto i nostri piedi. Io ho iniziato a viaggiare tardi per pigrizia e mancanza di possibilità; quando ho iniziato  e solo allora ho capito che vita è la varietà e che la bellezza è la pace della comprensione tra persone di etnia, religione e cultura diversa. La scuola e la convinzione politica non mi avevano preparato alla comprensione dell’altro; il viaggio, solo il viaggio me lo ha permesso.

E ci vogliono togliere quello, la possibilità di intenderci guardandoci faccia a faccia e capire che tutto è superabile e Dio o Maometto di certo non tentano di mettersi in mezzo a un libero dialogo. Se stiamo da soli nelle nostre quattro mura, tutto diventa potenzialmente nemico. E moltiplicando il tutto si ottiene la paura.

 

La Napoli che non è di Napoli (oggi è bel tempo e io non voglio essere frainteso)

napoli-centro-storico

 

Oggi è una bella giornata e io non voglio essere frainteso: sono nato a Napoli (non in provincia, profani, io sono del rione). Conosco questa città non grazie a Instagram o a un tag. La conosco dai racconti, dai vicoli in cui sono nato, dai vasci che ho frequentato con amore e sconfinata riconoscenza. Come ho frequentato le case belle del Vomero e di fronte c’era il panorama. Pure su casa mia c’era il panorama. Per vederlo devi uscire e salire un po’, ma ne vale la pena. Poi c’è l’Osservatorio Astronomico e io ero l’unico del vicolo che sapeva cosa ci fosse, a cosa servisse. La Napoli che non è di Napoli: il Bosco di Capodimonte era di tutti, noi andavamo a giocare a pallone ma non rompevamo il cazzo a nessuno. O forse sì e l’ho rimosso.

Mi viene in mente questo ricordo svogliato, che potrebbe essere molto più bello, particolareggiato e seducente oggi che a Napoli è una bella giornata di primavera e per tornare a casa abbiamo dovuto fare lo slalom: gli scippatori ci hanno seguito professionalmente fino all’uscita del vicolo, hanno imboccato controsenso via Cesare Rosaroll pensando di poter strappare una borsa e ridiscendere giù fino a vico Pontenuovo e da lì incrociare via Cirillo e uscire dalla circolazione.

Ma oggi Napoli è bellissima, c’è bel tempo, non voglio essere frainteso: le scale che portano al palazzo di casa mia avranno visto gli spazzini l’ultima volta quando è venuto Papa Francesco in città e ora si è messo un povero cristo, un immigrato, stipato in mezzo alla munnezza, in un posto dove non tira assai vento , imbardato di coperte, a dormire.

Napoli è bellissima e domani scenderò di nuovo al lavoro, percorrerò via Cesario Console come una discesa a mare e poi via Santa Lucia. Guarderò l’orizzonte scordandomi che vivo dall’altra parte della città, in una Napoli che non è Napoli per chi deve decidere il presente e il futuro di Napoli. E fino alle ore 20 scorderò di dover tornare a casa, prendendo un filobus 201 se passa. Che se non passa è meglio salire, farsi piazza Dante e poi piazza Cavour e via Foria che tanto camminare fa bene.