CHE PIZZA! 🍕

2016-2017. Un anno di newsletter

Questa newsletter ha compiuto un anno. La prima  mail è stata inviata a 600 persone il 27 novembre 2016. Questa di oggi raggiungerà più del doppio dei destinatari (sempre che la mamma di Gmail non ve la infili in spam). Ne ho spedite 22, più o meno sono riuscito a garantirla ogni 2-3 settimane e ne sono felice. Mi sono arrivate circa 150 mail in risposta, non ho scritto a tutti (scusate) ma ho letto tutto. Ho fatto vedere le cifre della newsletter a chi ne spedisce per mestiere, dice che «sono stato molto bravo».Ma resto umile.
Come ho spiegato qui tutto è iniziato perché non sopportavo più (e nemmeno ora lo sopporto) un certo modo di raccontare la città. E perché volevo parlare a chi da qui se n’è andato, il titolo è infatti “Saluti da Napoli”.
Sono riuscito a far vedere le cose in maniera diversa?
E chi ‘o ssape. Però grazie, è stato ed è un privilegio dire certe cose qui, solo per voi.
Scriviamoci un po‘, magari qualcuno di voi mi spiega se dovrei cambiare argomenti o aggiungerne altri.

Eppure so’ cuntento. O ssaje m’hanno futtuto ‘e viaggi l’autostrada, tutto chello che aggio passato

Cosa succede ogni volta che esce la classifica sulla vivibilità delle città

Qui la versione immagine.

1. Se è una giornata di sole pubblichiamo su Facebook la foto del sole dicendo: fanculo, abbiamo il sole. Se piove pubblichiamo la tazzina di caffè fatto bene.
2. Citazione di Erri de Luca su come considera valore la parmigiana che lui mangia quando viene qui a presentare un libro.
3. Elenco di opere realizzate dai Borbone: il bidè.
4. Bestemmie contro: Emanuele Filiberto Savoia, Camillo Benso conte di Càvour (si, così), Gonzalo Higuain e il fratello.
5. Incremento di visite alla pagina “Le frasi più belle di Alessandro Siani”.

Posso giurarvi che dopo anni e anni è una grande rottura di scatole per me avere a che fare con le classifiche e le discussioni che ne derivano. Sempre le stesse. Sembra quel film in cui uno si sveglia e vive sempre lo stesso giorno. Dovremmo ignorarle? Non lo decido io e siccome se ne parla tocca lavorarci dando un senso a questi elenchi di città.

Luciano De Crescenzo fu ironico:
«Ho letto in una classifica sulla qualità della vita che in Italia Sondrio figura al primo posto e che Napoli si trova al penultimo. Qualcuno però, adesso non ricordo chi, mi ha detto che Sondrio è grande il doppio del cimitero di Napoli ma che ci si diverte solo la metà».

Erri De Luca scrisse qualche anno fa un pensiero che all’epoca mi pareva bello. Ma è stato talmente usato a sproposito che ora lo sopporto a malapena.

La verità è che ci sono tante percezioni. Del turista mordi e fuggi; dello studente spagnolo in Erasmus; del disoccupato disperato di Ponticelli; del giornalista che o vede tutto bello o tutto marcio; dello scrittore che vive parlando di Napoli; del cittadino che se ne fotte di tutto e vuole solo evitare il traffico di via Marina e festeggiare lo scudetto; del camorrista cui interessa solo che non loincoccino ‘e gguardie.

Ma la stessa cosa è pure per Torino, per Milano, per Genova.
Solo che a Napoli abbiamo un problema con chi solleva i problemi. Il “male di Napoli” una volta raccontato, può diventare un guaio serio per chi ne ha scritto (ehm ne so qualcosa).
Ieri mattina lo storico Paolo Macry ha parlato proprio di questo ad una platea di oltre 200 persone (paganti). Ha riempito il Teatro Bellini con una lezione di storia (bellissima!) sul romanzo di Napoli da Matilde Serao a Gomorra (il libro). C’è voglia di capire, di andare oltre. Peccato che questa voglia non ce l’abbiano tutti.

E ‘a sape tutto o munno. Ma nun sanno ‘a verità. (quando l’ha scritta Pino Daniele aveva solo 18 anni. C’è gente che in una  vita intera non riesce a dire la metà).


Pizza, pizza!

L’arte dei pizzaiuoli è diventata patrimonio Unesco.
Ho scritto un sacco di cose entusiaste su Facebook pure io, manco fossi un neoborbone col bidet in braccio. Vergogna. Va fatta chiarezza.

Schematicamente:

1. Non è la pizza, è l’arte dei pizzaiuoli il patrimonio immateriale. Non  l’alimento ma il rituale di chi lo prepara. A leggere la motivazione ufficiale Unesco facciamo pure un poco la figura dei pezzenti pizza-pizza marescia’.

Eccola qui:
“Il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità”.

2. Propongo nella prossima puntata di Gomorral’introduzione di Pasqualino ‘o pizzaiuolo il killer che uccideva con pizze indigeribili. In effetti la pizza che gonfia uccide.

3. Dietro la storia dell’Unesco c’è un personaggio della politica che forse conoscerete: Alfonso Pecoraro Scanio, ex leader dei Verdi, ex ministro con Giuliano Amato prima e con Romano Prodi poi, andato in disgrazia quando è esploso il bubbone dell’emergenza rifiuti in Campania (in quel momento era lui il ministro dell’Ambiente).

In sintesi: non ce n’era assai bisogno dello scudetto Unesco. La pizza è nota e perfino il tentativo di standardizzarla con un disciplinare Stg si è rivelato è complicatissimo.  Però se tutta quest’ammuina aiuta la baracca va bene così.

Ci sarebbe semmai bisogno di indagare e bene su tutta la filiera, dai pomodori ai latticini, dalle farine al legno usato per la cottura.
Report tre anni  fa ci ha provato devo dire la verità con argomenti piuttosto deboli. Occorrerebbe un annetto di lavoro serio.

INFINE.

1. Sorbillo (Io sono fan di Gino)
2. La figlia del Presidente (la adoro)
3. Di Matteo (la frittatina è na  bomba)
4. Vesi (quella davanti al Policlinico Vecchio)
5. Da Michele (no ma solo due tipi di pizza però non va bene)
6. Gorizia (al Vomero)

Se avete da dire qualcosa sulla mia mini-classifica beh, fatelo.

Ah no, dimenticavo: la foto.
È Massimo Troisi in ‘No grazie il caffè mi rende nervoso’.
Aveva capito tutto. Come al solito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *