#Occupyscampia, il coprifuoco, il dito che indica la luna e non le Vele (qualche proposta operativa)

 

L’ho scritto lo ripeto: in via Baku o in viale della Resistenza tutte queste famigliole contente che passeggiano non le vedo. Dunque dire che il “coprifuoco” a Scampia non c’è, non esiste, non c’è mai stato, non mi piace, non è giusto.
Già, perché qualcuno obietta: non è vero che il clan impone il coprifuoco. Vi invito però a vivere una certa realtà. Andate stasera, a mezzanotte, a Scampia. Se non è il clan che lo impone è l’istinto di sopravvivenza. Dice: ma è in tutte le periferie così. Davvero? In tutte le periferie c’è un disegno organizzato teso a controllare perfino il traffico veicolare ad uso e consumo della più grande piazza di spaccio d’Europa? Molti di voi non sono di Napoli, hanno visto il film Gomorra. Ebbene, stupite: quel controllo così stringente è realtà.

Perché, dunque, tanti ditini alzati su #OccupyScampia? Perché è comodo. A Casal di Principe certa gente dice che il paese è “tranquillo”. Lo dicevano anche a Ottaviano con Raffaele Cutolo. Mi dispiace dirlo ma anche un certo associazionismo si muove secondo logiche vecchie: ho letto di “piattaforme” e “documento” da stilare. E invece il web va velocissimo. Non dico che bisogna star dietro ad un hashtag ma quanto meno non ridursi a tempi da pentapartito. Organizzare la speranza significa che ci mettiamo tutti lì, annullando le nostre individualità e individuiamo uno strumento nuovo, “un’arma” nuova.

Fermo restando che occorre occupare fisicamente i luoghi, e ricondursi sempre all’attività di chi si fa il mazzo sul territorio, io penso anche ad altro.

A una sorta di reportage permanente, stile Terra dei fuochi.  Uno strumento agile in mano a chi vive e opera quotidianamente a Scampia;  un ossevrvatorio che partendo ad un hashtag sia una specie di campanello d’allarme pronto li a martellare sulle istituzioni. Foto, filmati, testimonianze, notizie: tutto su hashtag #occupyscampia per martellare le istituzioni; a SCampia si fa molto lavoro sul territorio ma si è distanti dal rapporto col palazzo, serve un filo per collegare i due aspetti. Ecco, in quel filo ci mettiamo l’elettricità e diamo la scossa.

 

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2 Comments

  1. viola sarnelli 1 Febbraio 2012 at 13:24

    “Perché, dunque, tanti ditini alzati su #OccupyScampia? Perché è comodo. A Casal di Principe certa gente dice che il paese è ‘tranquillo’. Lo dicevano anche a Ottaviano con Raffaele Cutolo”.

    Ma è comodo per chi, di grazia? Questo dibattito sta diventando ridicolo. A prescindere dalla bontà della mobilitazione su twitter, che può essere indirizzata verso obiettivi più o meno utili, mi sembra che:

    – inviti i tuoi lettori a trascorrere una serata a Scampia, ma ignori la possibilità che singoli e/o associazioni possano già lavorare su quel territorio da anni, e peggio ancora dai per scontato che gli stessi abitanti del quartiere abbiano bisogno di essere salvati da missionari non ben identificati – con quale progetto specifico? Attirare l’attenzione dell’amministrazione comunale sui problemi del quartiere? Ottimo, ma forse ci vorrebbe una delle vecchie piattaforme per focalizzarsi su obiettivi più precisi.

    – Mi sembra piuttosto rischioso dire che chi critica la vostra iniziativa lo faccia per interessi personali, come quelli di Cutolo a Ottaviano… E’ un affermazione che non si capisce bene dove vuole andare a parare, forse meglio così.

    In bocca al lupo

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  2. viola, se rileggi con attenzione c’è scritto: coinvolgere in primis le associazioni del territorio.

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