Se l’editore non sa comunicare: la campagna Fieg sulla lettura

«Chi legge, si vede» dice la campagna della Fieg, cioè la Federazione degli Editori. E la pubblicità dovrebbe far capire che leggere (quotidiani e periodici) è un vantaggio. Lo è mica per la cultura, perché così si è migliori e si capisce più di ciò che hai intorno. Lo è perché si ha la battuta pronta con le amichette o in ufficio. Lo dicono i due soggetti che Fieg utilizzerà per le sue campagne. «Il miglior modo per non rimanere senza parole». E gli argomenti sono cuciti letteralmente addosso ai protagonisti della campagna, una sorta di tag cloud umana. Andando ad ingrandirli, si vede che c’è di tutto. La donna ha: danza, jeans, moda, tatuaggi, coiffeur, mare, uomini, polizia (?), pianobar. L’uomo: pesca d’altura,  calcetto, mostre, Borsa, touchsceen, pizza (?), fisico, sauna, foto.

Insomma argomenti fondamentali per l’acquisto di un quotidiano o un settimanale. Politica, sociale, welfare, fisco, medicina magari un’altra volta che intristiscono tanto. Scrive nel suo lancio la Fieg:

«Realizzata con la collaborazione creativa dell’Agenzia TBWA Italia – la stessa che ha curato la precedente attività di comunicazione della Fieg rivolta agli investitori pubblicitari, tuttora visibile su parte della stampa periodica – la campagna sottolinea come leggere i giornali “faccia la differenza” in termini di ampliamento e approfondimento delle proprie conoscenze, di scoperta di cose nuove, di costruzione di una coscienza critica, di aumento di consapevolezza: chi legge i giornali, quotidiani e periodici, raramente resta “senza parole”, ma, al contrario, sa cosa e come dirlo».

Se così devo essere rappresentato, da lettore, questo punto, preferisco il non-lettore ritratto in mutande con un eloquente “boh”.

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