L’Ora dei ricordi

Il titolo è quello di un suo libro, ormai introvabile, in cui raccontava l’epopea de L’Ora, dei suoi giornalisti ammazzati dalla mafia.  Direttori di un’altra epoca, con altre schiene, ben più robuste. Peccato, non aver potuto imparare questo mestiere dalla diretta voce di Vittorio Nisticò, scomparso ieri.

Update: su Articolo 21 un bel ricordo di Alberto Spampinato.

One Comment

  1. Formidabili, quegli anni.
    Come la mia amata Gazzetta del Popolo, L’Ora è stata un’indimenticabile palestra. Giuseppe Sottile in “Nostra Signora della necessità” ne offre un buon ritratto anche se, a mio parere, il libro avrebbe meritato delle riflessioni conclusive. Non importa.

    Tecnicamente, L’Ora è stato un ottimo giornale (parlo con cognizione di causa, avendone conservato alcuni numeri del periodo ’70/’80) testimone di un’epoca in cui quello strano prodotto che è un giornale aveva un senso e, andando più indietro nel tempo, gli imprenditori italiani erano persone illuminate capaci di affrontare con senso di responsabilità un’avventura editoriale.
    Se al signor De Benedetti (e molti suoi colleghi) fischiano le orecchie, sarà sicuramente colpa del vento…

    Tornando al giornale, e anche in questo caso parlo con cognizione di causa avendo raccolto molti anni fa una testimonianza diretta e attendibile, non è del tutto vero che durante gli anni del Ventennio fosse diventato organo della federazione fascista palermitana: riportando il pensiero di Nisticò, ribadisco che non bisogna fidarsi delle apparenze. Sono veri gli atti intimidatori, la chiusura e i sequestri a una parte del patrimonio della famiglia Pecoraino che, in seguito, venne gravemente danneggiata da una spregiudicata operazione economica ostile.

    Fortunatamente, anche nei peggiori totalitarismi alcune persone mantengono il controllo delle proprie opinioni e, fortunatamente, sostengono e sorreggono quelle piccole isole d’indipendenza dalle quali rinasce il pensiero democratico: L’Ora in Sicilia e un altro giornale a Genova rappresentano due di queste isole note al Regime e tuttavia tollerate. Ma questa è un altra storia.

    Dopo Michele Torre adesso siamo orfani anche di Vittorio Nisticò; meno celebri dei loro colleghi Montanelli o Biagi ma grandissimi maestri dei quali la nostra scellerata categoria avrebbe oggi più che mai bisogno. Cui prodest?

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