La classe precaria non va in paradiso (e lei lo sa)

Uno dei motivi di maggior vanto personale è quando chiedono a me del libro “Santa Precaria”, non foss’altro perché quando le domande vengono rivolte a Raffaella, la simpatica autrice – causa timidezza – svicola.
Una delle domande più frequenti rivolte a lei ma pure a me è: «Ma ora s’è aggiustata,  ‘a situazione?». ‘A situazione è lo stato di precariato. La risposta è no e se rispondo io, argomento dicendo che sì, prima o poi s’aggiusterà perchè per i bravi c’è speranza. La sua risposta è invece uno strano mugugno sacramentale che non oso ripetere – rischierei un fulmine in testa  – e l’ultima frase è: «la Regione Campania mi deve dei soldi».
Dalla rabbia diffusa e dal numero di mail che il mio giornale riceve sulla formazione-lavoro, devo dedurre che qualcosa, nella formazione professionale dell’Ente guidato da Antonio Bassolino continua a non funzionare. Non son bastate inchieste, denunce, non son servite le promesse. Qualcosa non funziona: bisogna occuparsene.

Non glielo direi, a miss Santa Precaria e infatti glielo scrivo, così lo legge e non devo sorbirmi il mugugno sacramentale. Però Raffaella ha un compaesano della provincia di Salerno che si chiama Antonello Caporale ed è una firma di punta della Repubblica. Caporale, qualche giorno fa è uscito con un bel pezzo su uno strano bando del  Cnipa che cerca un giornalista “super senior” per un cococo da 100mila euro all’anno.
E ora chi glielo dice a lei che sta con la testa su libri e intanto mugugna bestemmie inenarrabili nei confronti di note associazioni accreditate con la Regione Campania perché non l’hanno pagata, che qualcun altro – età media 55 anni e prossimo alla pensione – avrà un posto da 100mila euro pagato con soldi dello Stato, mentre in Campania ormai anche fare il giornalista finto precario (cioè senza contratto ma pagato meno di un portalettere interinale) è considerato un punto d’arrivo?

3 Comments

  1. Che dirti? Questione generazionale, secondo alcuni. Questione di sistema, dico io (precaria alla soglia dei 40 anni e con 23 anni di professione alle spalle). Il merito non conta, il prodotto nemmeno. Il paese, di conseguenza, va a rotoli. Ma se provi a parlare, si danno di gomito, lasciando intendere che parli perché rosichi. E se insisti, s’incattiviscono e dicono (ad altri, mai a te) che non sei abbastanza bravo. Lasciala mugugnare, che meglio lo faccia con te. Poi dille di schiaffarsi un bel sorriso sulla faccia. Parola d’ordine: rall’nfacc’. E, soprattutto, dille che ha tutta la mia solidarietà.

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  2. parole sante oranges!

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  3. Caro Ciro,
    io penso che magari sul giornalista senior ci siamo pure, spero che però prendano un pluriprecario che ha davvero l’esperienza in più che cercano, che sa davvero lavorare e che davvero ha bisogno di questo stipendio… Purtroppo mi rendo sempre più conto che il mestiere che cerco di fare diventa ad appannaggio di quelli che se lo possono permettere, che magari possono stare in un posto senza chiedere soldi o che magari possono iscriversi in una scuola di giornalismo. Io non posso, in questo momento ho a malapena i soldi per l’autobus, e forse dovrei adattarmi ad una vita da cassiera del supermercato nonostante il romanzo pubblicato o i sei anni a scrivere articoli e questo in certi momenti mi fa proprio girare i nervi…

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