Eh, il Festival del giornalismo .
Io non lo sapevo, giuro e quest’ennesima riflessione, nata da una giornata di corta mai così prolifica (purtroppo per i pochi lettori di questo sversatoio) mi porta a due domande.
1. Festival, se non sbaglio, significa “festa popolare che si tiene all’aperto”. Ora, voglio dire: siamo popolari noi? Dico noi giornalisti, siamo popolari? Non mi pare. Nè c’è interesse “del popolo” verso una kermesse che discute esclusivamente di temi di nicchia, «facendosi pompini a vicenda» (mr. Wolf dixit). Dunque, già il termine festival fa venire la pelle di gallina.
2. Voglio un premio giornalistico. Sì, una specie di “Saint Vincent” (che poi sarebbe San Vicienzo) o Premio Ischia, o Premio Siani o Premio Ilaria Alpi. Come scrittore di brevi. Chi l’ha fatto può capire: colonnoni interi di brevi, 500-450 battute la capobreve, 300 le altre, tutti titoletti nei quali non si dovevano assolutamente ripetere i termini utilizzati in precedenza. Il che, quando capitava il colonnone di nera, compilato spulciando i rimasugli del mattinale della Questura, 405.424 scippi; 10.346 tentati furti; 5.335 cavalli di ritorno in 24 ore, era piuttosto complicatuccio.
Un gioco di enigmistica degno del miglior Bartezzaghi.
Insomma, voglio sto cazzo di premio qui: Premio per il miglior scrittore di brevi. E se nessuno ancora ci ha pensato, beh lo faccia. Schiere di giornalisti attendono, fiduciosi. Almeno qui, dico, sto cagacazzi di Igor Man non si becca la targa d’oro.
Amo’ io voglio il premio per la migliore condensatrice del proprio curriculum vitae in 300 battute per candidarsi a fare lo stage mondadori.
Eppoi anche il secondo posto per capacità di ridurre ai minimi termini articoloni sull’uscita dei Comunisti Italiani dalla maggioranza di centrosinistra governata dall’asse margherita-democratici di sinistra (“Pdci lascia Margherita, i Ds piangono”).
Baci.
è vero nn ci avevo pensato…
proverò a chiedegli !
ciaooo
luana