incongruit

Mellonta Tauta  – Stefano Benni

Di aver sperato
non mi vergogno
né di sperare
Chico
non credo
alle scritte enormi dei palchi
credo alla carne
da tatuare

Alba.
Amici comuni
recensiscon sconfitte

Notte.
di nuovo il suono
di calci di fucile
che sfondano porte

Rosa.
E poi siamo soli
lasciate il mondo
alla fine
alle ruspe
ai re della droga
ai pipistrelli
a chi tradisce
gli amici.

È tempo di identità mancate. Dicevano che internet ci avrebbe dato la possibilità di parlare, sì. Ma forse ci ha definitivamente tolto quella di ascoltare, i silenzi soprattutto, le tavole imbandite col terzultimo della fila zitto e felice, senza doverlo spiegare, senza avere l’obbligo di farsi capire. Dicevano che avremmo potuto pretendere più giustizia e io ho avuto in eredità le ingiustizie di mio padre, di mio nonno, di tutta una razza del sud abituata a subìre e – per questo – a non parlare più di tanto. Dicevano: tranquillo e racconta ciò che ti pare. Solo dopo ho capito che quello che mi pare è il prodotto distillato di ciò che è già stato confezionato, impacchettato e messo sullo scaffale delle verità pronte per l’uso, come i risotti, appese come pezzi di manzo da dissanguare. Dicevano che gli amici sarebbero durati, intorno a te, pianeta. O tu satellite, se è il caso. Invece, vedo molte comete. Fottutissime, egoiste, egocentriche comete.
E il risultato è un continuo paradosso, in equilibrio precario tra un sabba e uno shabbat, tra una musica interrotta e una connessione continua, ai problemi, alle tecniche, alle notizie e alle mode; ma non al mare, alle facce, ai semplici, semplici silenzi.

2 Comments

  1. ti voglio bene *

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  2. attendo con impazienza, non sai quanta, il tuo bilancio di fine anno. è un anno che aspetto quelle lacrime liberatorie, che hanno un sapore nostalgico… a presto

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