Primarie, della dismissione del Pd napoletano, della negazione del voto

Facciamo ordine.
Primarie per il sindaco di Napoli: candidati del Partito Democratico Andrea Cozzolino (bassoliniano, europarlamentare); Nicola Oddati (bassoliniano ma meno, assessore comunale); Umberto Ranieri (sostenuto dal partito nazionale). Il favorito è Ranieri ma vince Cozzolino: accuse di brogli, si parla di settori del centrodestra che avrebbero aiutato e sostenuto Cozzolino. C’è un video in cui si vedono frotte di inconsapevoli cinesi al voto per indicare il sindaco di Napoli, ci sarebbero delle foto che documenterebbero certi sporchi giochi,  foto che il segretario napoletano Pd, Nicola Tremante spedisce a Bersani & co. Bersani che fa? Blocca l’assemblea nazionale del Partito Democratico che doveva tenersi guarda caso proprio a Napoli. Interviene Roberto Saviano che dice: no, rifate tutto. E dato che ci siete candidate il giudice anticamorra Raffaele Cantone. Cantone dice “no grazie”, c’è Antonio Di Pietro che butta davanti il fratello-coltello di Idv, Luigi De Magistris. E spunta anche il nome del procuratore Paolo Mancuso. Domani Cozzolino ha radunato i suoi  al Palapartenope di Napoli: si faranno sentire.

Questo è il bignami della crisi. Cosa se ne deduce?

1. Cos’è accaduto?. I brogli, se ci sono stati, vanno comunicati con dovizia di particolari a tutti. Eh no, non è che fai una accusa, la butti lì e poi lasci a due video e due foto la decisione. Hanno votato non solo iscritti al Pd, ma anche cittadini non legati al partito. Vogliamo dire che tutti sono complici di eventuali brogli?

2. Saviano. Ora, è noto che non mi sta simpatico, ma ha espresso legittimamente una opinione. Il punto è: quest’opinione diventa la linea del partito? Bersani è così debole e timoroso, il principale partito dell’opposizione è così inguaiato da piegarsi ad ogni “buh”? Decidere di smantellare tutto solo per non uscire male sui giornali significa sostanzialmente far passare un messaggio berlusconiano: chi più bastona, la vince. Non può e non dev’essere così.

3. Il candidato a sindaco. Napoli è una città particolare. Velenosa, piena di invisibili insidie che per un amministratore sono la cosa peggiore. Non serve solo un nome, serve una squadra decisa, compatta e forte. Altrimenti, ammesso che si riesca a vincere, si è ostaggio di tutti i partiti. Fra poco esploderà la febbre delle elezioni: già vedo frotte di candidati a sindaco, una fiumana di gentucola alle 10 Municipalità, accordi, sottoaccordi e triangoli per aggiudicarsi il voto in un vicolo, in un parco residenziale, fra le bancarelle del falso, tra i parcheggiatori abusivi.
Far arrivare un’anatra zoppa a Palazzo San Giacomo significa consegnare le chiavi di Napoli all’illegalità diffusa e ai poteri che mettono mano dove devono mettere. Le mani sulla città, avete presente? Il Pd si sta prendendo questa responsabilità, oggi.

4. La camorra. La camorra si posiziona non rispetto ad un ragionamento mafioso di “entrare a Palazzo”, bensì rispetto alle minime convenienze. Trattandosi di gruppi divisi e in guerra, non ci sarà una “camorra” che sostiene in blocco uno o l’altro candidato. Ma gruppi criminali che decidono di capire cos’è più conveniente qui e subito. E agiscono di conseguenza. Non è bianco contro nero, buoni contro cattivi. E’ tutto grigio alle elezioni a Napoli. Nel grigio bisogna stare attenti alle sfumature. Per questo un uomo solo al comando non basta. Serve  una squadra, un partito e soprattutto la convinzione di poter andare avanti a dispetto dei tanti venti contrari.

Il Partito Democratico per Napoli invece ha progetti diversi: l’importante è la discontinuità coi nomi del passato e la lontananza con l’ombra di Antonio Bassolino che inevitabilmente aleggia su ogni vicenda. Ma questo ha un prezzo enorme, ovvero la distruzione del consenso: coi brogli, con i veleni e le schifezze non basta un articolo di uno scrittore  e due video per sputare in faccia ad una consultazione popolare.

Quello strano gioco di trarre lezioni universali da piccole vicende

Venditore
Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere
Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore
Si signore.
Passeggere
Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore
Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere
Come quest’anno passato?
Venditore
Più più assai.
Passeggere
Come quello di là?
Venditore
Più più, illustrissimo.
(dalle Operette Morali, G. Leopardi)

Mi si è scassata la suola di una scarpa (sì, l’avevo già scritto). Si è spaccata in due, io manco ci avevo fatto caso, poi a guardare meglio, la crepa si è  creata tra un materiale e l’altro della costosa calzatura hi-tech.  Per quello strano gioco molto in voga, di trarre lezioni universali da piccoli fatti quotidiani, mi è venuto da pensare che quest’anno è stato proprio come la suola della scarpa: una crepa tra fatti inconciliabili. Due materiali differenti hanno sempre bisogno di “qualcosa” per legare. Una colla, del calore. Ho capito che è proprio così: se fra le cose che ti interessano non ci metti qualcosa di tuo non riesci a legare nulla.

Questo è stato l’anno di tanti fatti, alcuni davvero non belli, ma «pure questo l’avete già detto» direbbe Concetta Cupiello. Però ho imparato. Il valore della riconciliazione, ad esempio. Recuperando tempo perso per tante cose, ho tolto delicatamente il sale da tante ferite e le ho sanate. Bene. Non è tutto tranquillo, non tutto è risolto. Vedremo.

Un’altra grande scoperta di quest’anno è che la gente non è poi tanto imprevedibile, anzi. Che la delusione non dipende da quanto ti aspettavi succedesse ma da quanto non t’aspettavi che accadesse. Ho imparato a non farmi toccare dai complimenti; sto cercando di ridurre l’ego ad una piccola pietra che non pesa. Chissà se quest’anno riuscirà a farmi diventare davvero zen.
Io ho dalla mia una presenza straordinaria, fatata, capace di indicarmi la strada come solo lei sa.

Insomma: che finalmente non si debba citare più “Mellonta Tauta” di Stefano Benni  con malinconia, facendo la conta dei sommersi e dei salvati. Non più rivangare i bei tempi andati o lasciarsi confondere dalle convinzioni espresse a mezzo monitor. Ma raccontare senza arroccarsi, restando per strada. E continuare a costruire la vita, a mani nude, come un gigantesco Lego colorato.

Buon anno nuovo.

«Ma non sono io, sono gli altri»