Il premio di giornalismo sponsorizzato dalla multinazionale chiede il pezzo su commissione

Il premio ‘Ischia’ di giornalismo è quello che nelle sere d’estate allieta la seconda serata delle reti Rai. Inquadrature di prestigiose, eleganti, sudate platee che dopo una giornata passata alle Terme dell’isola verde si spellano le mani per il grande reporter americano anziano, per il grande ex direttore del tiggì, per la grande inviata di guerra tutta truccata.

Quest’anno al premio-base è stato affiancato un bando per i giovani cronisti. Ma mica tutti i giovani, no eh. solo gli allievi del Master in Giornalismo del biennio in corso (a.a. 2011‐2012/2012‐2013).

Il premio è sponsorizzato dalla Coca Cola, nota multinazionale delle bibite gassate e zuccherate (no vabbè, c’è anche Coca cola Zero). I partecipanti   – dunque già un gruppo selezionatissimo e ristretto – hanno dovuto letteralmente scrivere un pezzo su commissione: il bando chiedeva espressamente un articolo giornalistico sul tema “Il rapporto tra le multinazionali e il territorio campano: Il caso Coca‐Cola HBC Italia a Marcianise”.

Possibile che agli studenti di una scuola anziché insegnargli l’etica, la deontologia, la capacità di dire no alle marchette li si gratifica e premia quando una multinazionale chiede loro un articolo su commissione?

Possibile che nessuno abbia protestato? Nessuno, sindacato dei giornalisti, ordine professionale, ha visto una stranezza in tutto ciò? Veramente siamo diventati delle piccole Barbie formato reporter?

 

La scuola dei giornalisti magna e bevi

“Comunicazione e giornalismo multimediale enogastronomico”. E fin qui è il solito master di primo livello, il solito master da 6mila euro per specializzare il giornalista, stavolta nella classica formula “mangia e bevi”.

Ma il master che oggi il Suor Orsola Benincasa ha presentato ha qualcosa di singolare, di strano. E inaccettabile.  Van bene 1.500 ore di lezione, ok per il costo, 6mila euro. Ma il fatto che questo master annuale valga come un anno di praticantato per diventare giornalista professionista secondo me è una cosa allucinante. Ridurre la conoscenza di una professione a materie del tipo “Analisi del settore agro-alimentare in Italia”; “Marketing del settore agro-alimentare e del turismo”; “Organizzazione e marketing degli eventi enogastronomici”; “Marketing food & Wine on line” o “Food branding” è davvero inaccettabile.