Barbare soluzioni

barbari

Che aspettiamo, raccolti nella piazza?
Oggi arrivano i barbari.Perché mai tanta inerzia nel Senato?
E perché i senatori siedono e non fan leggi?
Oggi arrivano i barbari.

Che leggi devon fare i senatori? Quando verranno le faranno i barbari.
Perché l’imperatore s’è levato così per tempo e sta, solenne, in trono, alla porta maggiore, incoronato?
Oggi arrivano i barbari
L’imperatore aspetta di ricevere il loro capo.
E anzi ha già disposto l’offerta d’una pergamena. E là gli ha scritto molti titoli ed epiteti.

Perché i nostri due consoli e i pretori sono usciti stamani in toga rossa?
Perché i bracciali con tante ametiste, gli anelli con gli splendidi smeraldi luccicanti?
Perché brandire le preziose mazze coi bei caselli tutti d’oro e argento?
Oggi arrivano i barbari, e questa roba fa impressione ai barbari.
Perché i valenti oratori non vengonoa snocciolare i loro discorsi, come sempre?
Oggi arrivano i barbari: sdegnano la retorica e le arringhe.Perché d’un tratto questo smarrimento ansioso?
(I volti come si son fatti seri)
Perché rapidamente le strade e piazze si svuotano,
e ritornano tutti a casa perplessi?
S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.

Taluni sono giunti dai confini, han detto che di barbari non ce ne sono più.

E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi?
Era una soluzione, quella gente.

Konstantinos Kavafis – “Aspettando i barbari”

Aprile

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi

Ogni anno, come sempre e finquando ci sarà la forza, nel giorno della Liberazione bisognerà ricordare Calamandrei e gli splendidi versi della sua lapide ad ignominia.

Tuttavia, in tempo di elezioni, quest’anno sarebbe d’uopo ricordare anche un altro Aprile, quello di Nanni Moretti:

Comune open: l’anagrafe degli eletti a Napoli

Qualche giorno dal Consiglio comunale  è nata la proposta di delibera per istituire l’Anagrafe degli eletti in Aula (e degli assessori, quindi anche dei “nominati”).  In definitiva si tratta di rendere pubblici su web tanti dati già in possesso delle Amministrazioni (reddito, presenze in Consiglio, curricula eccetera). Il Comune di Napoli discuterà questa la preposta fra qualche tempo, presumibilmente prima dell’estate, ma ritengo sia importante diffonderla. Dunque ecco qui la delibera originale così come mi è stata fornita (un pdf ma ahimè fatto di immagini e non testo copiabile). Meglio di niente: è necessario monitorare affinché, quando arriverà in Aula quest’atto, ci sia un buon gruppo di pressione, capace di ricordarne a tutti l’importanza.

You’ve gone to the finest school all right, Miss Lonely

Capisci che qualcosa è cambiato quando il Sole 24 ore, il giornale delle banche e degli industriali, allega al quotidiano il film “Wall Street” e spiega perché Gordon Gekko era un pezzo di merda e nel giro di vent’anni  i Gekko reali hanno affamato il Globo.

Capisci che qualcosa è cambiato quando vai ad Acerra – il mio treno passava di lì –  e ti accorgi che i cerrani guardano  l’inceneritore con orgoglio. In una terra ammorbata, il cui frutto è malato se non morto, lo sbuffetto bianco dell’inceneritore è l’unica cosa viva. Una volta era l’odore acre della Montefibre, il grasso e l’olio sulle tute della vicina Alfa di Pomigliano, il luppolo della Birra Peroni di Miano o la colata all’Italsider. Quelle ciminiere erano religione: campanili e minareti urbani.

Nel treno diceva il fratello al fratello, seduti davanti a me: «Lo vedi?  Il fumo va direttamente ‘ncielo. Nun fa male». E in cielo andava pure la mia preghiera, qualche decina d’anni fa, quando, studente superiore di Chimica industriale, l’unica visita guidata che feci, fu quella della fabbrica di polimeri: ci mandarono in gita in mezzo agli operai che bestemmiavano, mangiammo in mensa il primo scotto, i grissini e le pere molli. Una specie di battesimo infernale.

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La storia di chi ha la mia età non l’ha scritta nessuno. Qualche giorno fa ho visto un libro, “Generation X“, che parlava di trentenni. Volevo comprarlo, l’ho aperto e ho trovato tutta roba americana, lontana anni-luce dalla mia realtà. L’ho lasciato lì. L’unico che mi ha dato un poco di soddisfazione di recente è “Napoli dei molti tradimenti” di Adolfo Scotto di Luzio, ma lui è del 1967, ha dieci anni esatti più di me e per quanto mi possa piacere – ha abitato dove abito io, ha vissuto musica, “costumi”  e speranze degli Ottanta – no, decisamente non è più un trentenne.

Qualche tempo fa il Corriere del Mezzogiorno si inventò a Napoli  una specie di club dei trentenni pronti a cambiare il mondo. Io non penso che quell’idea sia durata più del normale ciclo d’utilizzo della carta di un quotidiano (stampa, lettura, cestino o incartapesce). Mi guardo intorno  e vedo il deserto: lavoro con persone più grandi o molto più piccole. Politicamente, socialmente e culturalmente la classe ’75-’79 fa veramente schifo, almeno a Napoli.
Siamo arrivati nel posto sbagliato al momento sbagliato, avevano inventato già tutto e il contrario di tutto. Una volta Paolo Rossi in un monologo di quel meraviglioso programma che era “Su la testa”,  diceva: «Ci avete rubato le speranze dei nostri padri, per questo non vi perdonerò mai».
Ora dovrei trovare la formula per chiudere il pezzo, ma davanti questo scenario di confusione, manco un dipinto di Turner, ci sta meglio questa qui.