born to 1977

Ci sarebbero un sacco di cose da dire. La più importante è che sono stato il protagonista di un film. No, non cronisti di strada. Una produzione di un fantomatico istituto Luce made in Naples. Il video si chiama "I baldi fiori del regime" e non lo troverete mai nè in edicola, nè in libreria. Però è fantastico. È una delle cose più belle mai viste. Compreso il regista.

Poi, per il resto:
– Ho la schiena a pezzi;
– Ho letto le recensioni, tutte buone, di Cronisti di strada. Idem gli ascolti (e chi l’avrebbe mai detto che mi sarei dovuto preoccupare dell’auditel?) La cosa mi coinvolge perché ho visto il lavoro di oltre un anno e mezzo, dei due autori, Paolo Santoni e Gianfranco Pannone. E perché è stato un lavoro onesto;
– Ah, ho compiuto trent’anni. Sono infatti nato il ventisettefebbraio del  millenovecentosettantasette.
– Ora, volendo ostinarmi a dire che ne ho 28+2, il giro di boa determina necessariamente una serie di riflessioni che, lo giuro, nella mia mente sono molto più struggenti di quanto io non riesca a scrivere qui.
Perché ci vuole una educazione sentimentale anche a scrivere e io, a botte di Iervolini e Bassolini, mi sa che questo galateo dei sentimenti, questa grazia nel porre le cose, questa sensibilità della carta e della penna l’ho persa (giuro che un poco ne avevo, ma pocopoco, per amici e parenti). 

Cerco di recuperarla scrivendo ma è difficile. Ho dei progetti (vedo ggente, faccio cose…[cit.]). Sarebbe bello poter raccontare la città, o almeno, qualche fattariello che conosco e capisco, in maniera sciolta, senza aver paura di dover piacere o di dover aderire al savianismo imperante. Purtroppo scrivere un libro è diventato per il 90% progetti, 9% culo e per l’1% il prodotto. Almeno per i dilettanti allo sbaraglio come me.
– Mi ha chiamato la segreteria di nanni moretti per un film. Ovviamente era uno scherzo (però il pasticciere troskista l’avrei interpretato, fosse sulo pe’ magnà…)

– Una manciata di giorni fa sono stato, per lavoro, a Bagnoli. Era un bel poco che io e Bagnoli ci chiamavamo a distanza.
Entra nel lavoro quotidiano del cronista di politica a Napoli, Bagnoli. Con le promesse dei politici e i soldi, le industrie dismesse e le case che, incredibilmente, la gente sta ristrutturando lungo tutta la costa: spera forse in una impennata dei prezzi quando i cantieri vomiteranno cemento e si alzeranno nuovi palazzi tra la terra e il mare, tra la Cala Badessa e il lungo molo che porta a  Nisida, tra il deposito di barche di manomozza e il costone friabile di coroglio. Ho fatto un sacco di foto, dopo aver visto altre foto sul web. I colori del  vecchio Lido Pola: c’è rimasta solo l’insegna di mattonelle bianche e arancioni. E poi l’amianto della Cementir, il capannone sconnesso ancora in piedi, quello rosso dell’Italsider dietro il filo spinato, metri e metri di verde e cemento accostati lì,  senza pudore l’uno affianco all’altro, senza filtri, senza mediazione umana, civile.

Raitre, mercoledì Cronisti di strada

Nel documentario c’è anche il mio lavoro. Se vi va, guardatelo, è una “fotografia” sincera su come si fa giornalismo a Napoli.

In tre puntate la verità dei “Cronisti di strada

Un anno per le strade di Napoli, accompagnati da giovani giornalisti, che nel loro duro ed imprevedibile lavoro, raccontano una realtà complessa, violenta e vitale La miniserie, diretta da Gianfranco Pannone e scritta da Paolo Santoni, andrà in onda su Raitre il 14, 21 e 28 febbraio 2007, alle 23.10

Cronisti di strada

Un documentario in tre puntate ideato e scritto da Gianfranco Pannone e Paolo Santoni Prodotto da Rai 3 e Ready Made Per la regia di Gianfranco Pannone
Fotografia Tarek Ben Abdallah e Romano Montesarchio Montaggio Federico Schiavi e Giuseppe Treppiccioni
Musiche di Daniele Sepe

Italia 2007 – 50′ x 3 In onda su Rai tre il 14, 21 e 28 febbraio alle 23:10

Primo episodio: Se non si spara si fanno più soldi
Secondo episodio: La guerra dei rolex
Terzo episodio: Tutte le strade portano a Napoli

Quelli che.. 2007 edition

Come al solito tornare a scrivere qui è come avviare un lentissimo diesel. E ogni cosa sembra inopportuna; il senso stesso di un foglio bianco digitale inadatto ad esprimere ogni cosa. Del resto, indosso il vuoto con classe, come direbbero gli Afterhours. E intanto l’ultimo mese dell’anno, numerata carta gialla di cucina appesa sotto l’orologio, malcelata dal nuovo calendario, mi ricorda anni di giri di boa, nomi incisi a penna su legnosi tavoli di biblioteca; mattinate di scarpe bagnate di pioggia e tempo nero come acqua di pantano.
Alla fine – ed è la solita domanda ricorrente – a che serve star qui ad annotare, nemmeno diligentemente, gli accadimenti, le silenti prese di posizioni. E il tempo che corre, mio dio, come cavolo corre.

Quelli che… vedrai, vedrai
Quelli che.. Paaaaaaaaaaa paraaaaaaaaaaaaaaaaaparààààààà
Quelli che ieri sera ho fatto tardi perché sai, io lavoro ad un progetto di integrazione razziale con l’assessorato e la nota agenzia una cosa davvero importante, ci danno ventimila euro.
Quelli che… tira vento
Quelli che… vieni pure tu, che portiamo insieme la bara.
Quelli che… paaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaparapapa papapa
Quelli che… fra piccole iene, solo se conviene
Quelli che… dovresti fidarti di più
Quelli che… dovresti essere meno fideista
Quelli che… lagrandeconfusionechelavitaavrebbefattoinme
Quelli che… L’Erba del Vicino (titolo che avrei tanto voluto fare insieme a “Parla mastro Olindo”)
Quelli che… dovresti dire le cose
Quelli che… dovresti ascoltare di più
Quelli che…  paaaaaaa para paaaaaaaa parapa parpapapaàààààà.
Quelli che… give him drugs and give him candy
Quelli che… zenia de porcu, eja!
Quelli che… Signore biglietto per cortesia? (sempre quando sto dormendo)
Quelli che… Tieni un accendino? Tieni una sigaretta? Tieni due euro? Tieni il dvd? Lo vuoi comprare un film? E lo vuoi un borghettoaranciobirraacquafrescacoca? Mavafammoccacchitemmuort, su questo cazzo di intercity non si dorme mai?
Quelli che… il gioco di carta è finito, si chiude la porta e si guarda avanti.
Quelli che… Io rappresento lo Stato. Senza passione, nè pregiudizi. E il mio cliente ha le sue ragioni.
Quelli che… sto crescenno nu bello cardillo e quanta cose che l’aggio ‘mpara’
Quelli che… io ti chiamo, ci vediamo, ci sentiamo, ci pigliamo un caffè
Quelli che… chiamami ..aspè facciamo una cosa: chiamami tra un mese.
Quelli che… paaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa parapaaaaa para paparpapaa bum.
Quelli che… due mani in una
Quelli che… ti aspettavo, anche quando non sapevo  che c’eri io, t’aspettavo
Quelli che… pààààààààààààààààààààààà parapàààààà paraàapaaaaparàààààààààààààà

Un sentito ringraziamento a: Enzo Jannacci (come ogni anno); Luciano Ligabue; Unione di centrosinistra – con Romano Prodi Presidente; 24 Grana; “Codice d’onore”;  Tracy Chapman; Paolo Serventi Longhi; Francesco Cossiga; Vittorio Zucconi; Afterhours; Trenitalia; Enrico Ruggeri

incongruit

Mellonta Tauta  – Stefano Benni

Di aver sperato
non mi vergogno
né di sperare
Chico
non credo
alle scritte enormi dei palchi
credo alla carne
da tatuare

Alba.
Amici comuni
recensiscon sconfitte

Notte.
di nuovo il suono
di calci di fucile
che sfondano porte

Rosa.
E poi siamo soli
lasciate il mondo
alla fine
alle ruspe
ai re della droga
ai pipistrelli
a chi tradisce
gli amici.

È tempo di identità mancate. Dicevano che internet ci avrebbe dato la possibilità di parlare, sì. Ma forse ci ha definitivamente tolto quella di ascoltare, i silenzi soprattutto, le tavole imbandite col terzultimo della fila zitto e felice, senza doverlo spiegare, senza avere l’obbligo di farsi capire. Dicevano che avremmo potuto pretendere più giustizia e io ho avuto in eredità le ingiustizie di mio padre, di mio nonno, di tutta una razza del sud abituata a subìre e – per questo – a non parlare più di tanto. Dicevano: tranquillo e racconta ciò che ti pare. Solo dopo ho capito che quello che mi pare è il prodotto distillato di ciò che è già stato confezionato, impacchettato e messo sullo scaffale delle verità pronte per l’uso, come i risotti, appese come pezzi di manzo da dissanguare. Dicevano che gli amici sarebbero durati, intorno a te, pianeta. O tu satellite, se è il caso. Invece, vedo molte comete. Fottutissime, egoiste, egocentriche comete.
E il risultato è un continuo paradosso, in equilibrio precario tra un sabba e uno shabbat, tra una musica interrotta e una connessione continua, ai problemi, alle tecniche, alle notizie e alle mode; ma non al mare, alle facce, ai semplici, semplici silenzi.