L’arresto di Mennetta (che non guardava Beautiful ma ‘o Zappatore)

Ho sempre pensato che prima o poi la conoscenza approfondita della sceneggiata napoletana mi sarebbe servita anche in cronaca. Antonio Mennetta, il giovane camorrista dei “Girati” di Scampia, in guerra con gli  “Scissionisti” e protagonisti di una sanguinosa faida nell’area Nord di Napoli, è stato arrestato ieri. E nelle immagini diffuse dalla polizia subito dopo l’arresto, nel tentativo di carpire qualche particolare in più, tutti si sono soffermati su cosa trasmetteva la tivvù, accesa, in quel momento, nell’appartamento di Scafati (Salerno) in cui è stato arrestato Mennetta.

Un fotogramma, giusto un fotogramma:  un giovane, ciuffo scuro e  mascella volitiva, vestito in frac. Uno, più uno, più uno, uguale Ridge Forrester di Beautiful. E quindi per molti giornali il “boss” prima di finire in manette stava guardando il mascellone della storica soap opera. Errore. Sarebbe bastato guardare un microsecondo in più per rendersi conto che si trattava della scena madre di «’Zappatore», la sceneggiata più nota di Mario Merola.

Pubblicità

Tg è un acronimo che in Italia è da tutti riconosciuto per indicare il telegiornale. Ora, mi dico, perché sempre più spesso vedo finti telegiornali che pubblicizzano prodotti, società finanziarie, mobilifici? E’ giusto, è lecito, è legale – mi chiedo – utilizzare un finto contenitore giornalistico con caratteristiche del tutto simili a quelli veri, per far passare una pubblicità, ovvero la proposta d’acquisto di un prodotto (dunque priva di caratteri di pertinenza, verità, continenza, oggettività) come una notizia che invece dovrebbe avere queste caratteristiche? E’ giusto che l’indicazione “informazione pubblicitaria” sia in sovrimpressione nell’angolo del video in corpo 5, praticamente invisibile a tutti?

E dove sono le associazioni di consumatori, il garante della pubblicità, ma soprattutto, dove è l’Ordine dei Giornalisti, la Federazione della Stampa?

Ps: altra cosa, ma non c’entra niente con quanto detto sopra. A Napoli c’è una ditta che trasmette – a sei mesi dalla sua morte – degli spot-sketch che hanno come testimonial Mario Merola.