Napoli, le classifiche sulla qualità della vita e Erri De Luca

10929959_10206454301106239_7291405629919177723_nOgni anno arriva la classifica della qualità della vita. Io concordo sul fatto che Napoli sia agli ultimi posti: vivere qui non è agevole né facile.
Però riporto volentieri il pensiero, bello, di Erri De Luca.

«Ignoro i criteri di valutazione ma dubito che siano adeguati allo scopo. C’è qualità di vita in una città che vive anche di notte, con bar, negozi, locali aperti e frequentati, a differenza di molte città che alle nove di sera sono deserte senza coprifuoco. Considero qualità della vita poter mangiare ovunque cose squisite e semplici a prezzi bassi, che altrove sarebbero irreali. Considero qualità della vita il mare che si aggira nella stanza del golfo tra Capri, Sorrento e Posillipo.

Considero qualità della vita il vento che spazza il golfo dai quattro punti cardinali e fa l’aria leggera. Considero qualità della vita l’eccellenza del caffè napoletano e della pizza. Considero qualità di vita la cortesia e il sorriso entrando in un negozio, la musica per strada. Considero qualità della vita la storia che affiora dappertutto. Considero qualità della vita la geografia che consola a prima vista, e considero qualità della vita l’ironia diffusa che permette di accogliere queste graduatorie con un ‘Ma faciteme ‘o piacere’.
Per consiglio, nelle prossime statistiche eliminate Napoli, è troppo fuori scala, esagerata, per poterla misurare».

Mare nostro che non sei nei cieli e abbracci i confini dell’isola e del mondo

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Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell’isola e del mondo
sia benedetto il tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale.
Accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde,
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino
con la pesca dei naufraghi salvati.
Mare nostro che non sei nei cieli
all’alba sei il colore del frumento
al tramonto dell’uva di vendemmia,
ti abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste.
Mare nostro che non sei nei cieli
tu sei più giusto della terraferma,
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le riabbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le visite cadute
come foglie sul viale
fai da autunno per loro,
da carezza, da abbraccio, da bacio in fronte
di madre e padre prima di partire.

Erri De Luca

Il regalo di Giancarlo

Napoli, 19 settembre 1959 – Napoli, 23 settembre 1985
«Della mia generazione ho potuto conoscere migliaia di persone perché per un bel po’ di anni quella gioventù, è uscita di casa e ha occupato vita e strada di questo Paese. Ha perlustrato in lungo e in largo la società che aveva intorno e ha potuto conoscere la società che lei stessa già costruiva. Se non ho amici tra i compagni di scuola, ne ho avuti in cambio migliaia dopo. Quindi non è per combinazione che ho conosciuto Giancarlo Siani, ma per l’immediata spinta a riconoscervi che avevano quelli che sono stati giovani negli anni ’70».
Erri De Luca, “Il cronista scalzo” 1996

L’anno scorso, per chiudere un cerchio che mi aveva portato da un nuovo lavoro alla cassa integrazione, mi fermai mezz’ora così, in piazza Leonardo al Vomero, dove uccisero Giancarlo Siani. Senza velleità d’alcun tipo. Solo per fissare bene nella memoria una piazza che fino ad allora avevo sempre percorso di sfuggita.
Nacque lì l’epilogo  di un libretto  sul giornalismo ai tempi del telelavoro che immeritatamente vinse proprio il “premio Siani” e che stranamente in dodici mesi non ho avuto il tempo  di  far pubblicare, pur nonostante qualche lusinghiero – e ancora stavolta immeritato – interessamento.  Con quello che è successo nei mesi a venire penso che ora potrei aggiungere un capitolo. O addirittura riscriverlo del tutto.
Eppure, anche quest’anno, in un mese abbastanza complesso, l’unica bella notizia è arrivata proprio quel 23 settembre, quella data così cupa, il giorno che ammazzarono Giancarlo.
Poi giorni passati immerso in un acquario e ieri, come spesso accade nella vita, è stata una cosa piccola piccola a ridestarmi da questa specie di trance.
In redazione (quella centrale a Cagliari) è arrivato un fax: è  di una ragazza napoletana di 18 anni i cui genitori lavorano entrambi in Alitalia. Lei ha pensato che era giusto prendere carta e penna e sintetizzare quello che papà e mamma forse dicono arrabbiati davanti ad una televisione, mentre guardano i loro colleghi in piazza o i soliti programmi di approfondimento sul caso.
Nel fax c’è scritto: «tra l’altro sono un’aspirante giornalista e ho sentito il bisogno di scrivere la mia». Il titolo dell’articolo è “Il futuro dei giovani nelle mani dei lavoratori Alitalia”.

E ho pensato che nient’altro è il senso di questo mestiere. È la 18enne liceale, arrabbiata, che dice di aver sentito “il bisogno” di scrivere. È Raffaella –  notoriamente timidissima – che prendendo la menzione assegnata quest’anno a “Santa Precaria” ha detto al direttore del “Mattino” Mario Orfeo, in una sala strapiena: bello qui in redazione, oh quasi quasi ci resto, perché non mi assumete? È la cocciutaggine di Arnaldo Capezzuto che si prende sputi, minacce e schiaffoni da quegli imbecilli razzisti che a Pianura vogliono cacciar via da un palazzo un gruppo di immigrati (mentre io al telefono cerco disperatamente come sempre di scongiurare la sua morte…); è Peppe Porzio che  dimostra cosa signfica rimettersi in gioco da professionista  vero e riparte dai vicoli del rione Sanità .
È la limpidezza di Ottavio Lucarelli, il nostro presidente dell’Ordine dei giornalisti che in tivvù ha abbattuto un allucinante tabù (o forse eccessivo pudore?) appartenuto a dire il vero più ai giornalisti della vecchia generazione: non ammettere chiaramente che Giancarlo Siani, il giornalista modello, il talentuoso cronista, il simbolo anticamorra, quella sera di settembre, quand’è stato ammazzato al Vomero su quella strana  macchina, poco dopo aver compiuto ventisei anni, era un collega precario.