– Stai bene?
– No amico, mai stato così lontano dallo stare bene.
(Pulp fiction)
Anzitutto una sola parola: grazie. In questi giorni difficili sono state tante le mail, tanti i messaggi di amicizia e solidarietà. Ma quanta gente legge questo blog? Io non l’avevo mica intuito il potere di questo piccolo spazio.
Poi, una piccola premessa, per tutti quelli che hanno detto, stanno dicendo e diranno: “L’avevo detto”. Rispondo che bisogna viverle, le cose, per capirle.
Difatti non riuscirò a spiegare esattamente perché E Polis il gruppo editoriale per il quale lavoro (redattore politico de Il Napoli) attraversa una profonda crisi economico-societaria sfociata ieri nel blocco delle pubblicazioni che durerà almeno fino a quando non saranno ripianati i debiti tra la società di Nicola Grauso e lo stampatore (Gruppo Seregni). Quel che dicono i giornali (anzi più che altro i siti web, perché sugli altri quotidiani la vicenda è pressoché ignorata, tranne che per Il Roma, l’Unità e il Manifesto) non è di certo tutta la verità.
Posso però dare testimonianza viva di quanto accade a me, redattore assunto a tempo inteterminato col gruppo E Polis nelle ultime ore.
Innegabile è lo smarrimento, la rabbia per lo stop ad un giornale che in soli 8 mesi (Il Napoli è nato il 6 dicembre 2006) è riuscito a ritagliarsi un posto nel panorama informativo cittadino. Lo dimostrano i tanti attestati di solidarietà giunti in queste ore e non solo da parte di politici, associazioni, magistrati, ma anche da tante donne e uomini che hanno apprezzato la qualità della nostra informazione.
Ci sarebbe molto da dire su chi bolla la free press come carta straccia, foglio infarcito di pubblicità quant’altro. Ma non voglio mettermi certo ora ad “incensare” un progetto editoriale che rischia di lasciarmi in mezzo ad una strada.
Stiamo giocando una partita sindacale delicatissima ancor più per Napoli, dove la disoccupazione è su livelli record in Europa in tutte le categorie, ancor più nel saturo comparto giornalistico che in Campania sforna ogni anno centinaia di professionisti – anche di ottimo livello – provenienti dalle scuole di specializzazione post-universitarie.
Il futuro? Labile come la fiamma di una candela esposta ai quattro venti. Però si va avanti, consapevoli del fatto che la mancanza di uno strumento, il giornale, al tempo stesso responsabilità e tutela del giornalista, qui all’ombra del Vesuvio, terreno di camorra e di infiltrazioni malavitose ad ogni livello, causerà non pochi problemi. Abbiamo attaccato duro, abbiamo dato fastidio quanto più potevamo. E ora, senza giornale, siamo guerrieri sguarniti perfino di quella spada di carta. Scoperti ad ogni tipo di rappresaglia, intelligenti pauca.
Per il resto, ovviamente brucia non avere la quotidiana “dose” di pagine da sfornare, di cose da dire. So bene che una volta esaurita la pur utile e affettuosa solidarietà, se le cose non andranno come si spera, verranno i periodi dell’oblìo, dello scoramento. Spero di non arrivarci. Comunque sia, i progetti sono tantissimi, le cose da fare anche, la voglia di farle ancor di più.
Del resto, siamo o non siamo cronisti di strada?