Wikileaks, un documentario

Here’s a well-produced (even in rough-cut form) documentary on Wikileaks by Swedish network SVT, published on YouTube in 4 parts. It covers quite a bit of the history of the organisation, the lessons it learned and the partnerships it made along the way – all of which provide valuable insights for any student of journalism as a practice or a cultural form, not to mention a more complex understanding than most coverage of the current situation provides. It really is essential viewing. (via Paul Bradshaw)

Dolori esclusivi

Nelle prime ore del terremoto d’ Abruzzo, scrive Adriano Sofri, «non c’è stato un casting, non c’erano telecamere pronte». Ha ragione, è stato così. Ma per la verità han subito rimediato.  Una autocolonna di  importanti registi italiani e non, vale a dire Paolo Sorrentino;  Michele Placido;  Mimmo Calopresti; Ferzan Ozpetek e Francesca Comencini sono andati o sono ancora a L’Aquila. Riprese subito montate e riversate su web. Perché? Non saprei, davvero, mi viene solo in mente la “Merda d’artista” del “Manzoni quello vero, Piero“.

Contro i giornalisti s’è scatenato invece un putiferio: accusati di scarsa sensibilità. In alcuni casi chi lo dice ha perfettamente ragione. Penso a quel «scrivo da un paese che non esiste più» di Giampaolo Pansa. Fra vent’anni ci sarà un unico articolo di giornale che sintetizzerà  in maniera così efficace la tragedia, come accadde per  il Vajont?

Parlo con un amico documentarista, uno di quelli molto bravi, famosi e profondamente umani nel proprio lavoro. Dice lui che no, non ci sarebbe andato ora  a fare le riprese;  semmai sarebbe meglio farlo fra un mese o due, quando i più si saranno dimenticati di tutte quelle persone che ora sono costrette a vivere, oltre che male, sotto i riflettori delle troupe giornalistiche e di filmmakers assetati di storie.

Ma più di tutto quel che mi stupisce, sconcerta e anche indigna un po’, è quella parola, nella sezione di Repubblica.it del terremoto, dedicata ai video d’artista: Esclusivo.

I terroristi di Pannone


Gianfranco Pannone
l’ho visto lavorare, per un anno intero, insieme a Paolo Santoni, alla realizzazione di “Cronisti di strada“. Un documentario che nonostante fosse seriamente inficiato della mia presenza, rappresenta, a qualche anno dalla sua messa in onda, una fotografia attualissima sulle contraddizioni di Napoli. Mai una ricerca del sensazionalismo, del sangue, della “fiction” che ha ucciso il giornalismo di cronaca e i documentari di questi ultimi anni (potete immaginare a chi mi riferisco). Insomma, la serietà del lavoro di Pannone fa cazzotti con le polemiche di questi giorni su “Il Sol dell’Avvenire“, documentario presentato a Locarno, scritto con Giovanni Fasanella, riguardante terroristi ed ex terroristi. E diciamola pure tutta, mi fa un poco schifo la speculazione politica  perpetua sugli anni di piombo.