Il CdR, Comitato di redazione nel resto d’Europa. Cosa cambia?

Lsdi, lo straordinario gruppo di ricerca sulla professione giornalistica guidato da Pino Rea, che si muove all’interno della Federazione della Stampa ha tradotto in italiano uno studio comparato del Senato francese che analizza a fondo le caratteristiche degli organismi aziendali di rappresentanza dei giornalisti della stampa scritta. Insomma, i nostri CdR esistono in Francia, Gran Bretagna, Belgio, Germania? Sì esistono organismi di tutela sindacali, ci sono alcune interessanti differenze rispetto a quelli nostrani.

Diversamente che in Italia, negli altri paesi analizzati nessuno di questi organismi ha funzioni specificamente sindacali – Mentre assolvono invece soprattutto  un ruolo di carattere editoriale, di difesa dell’ autonomia della redazione e dell’ orientamento politico-editoriale della testata –  Un ruolo che in molti casi porta a un rapporto di stretta concertazione con la direzione giornalistica e con l’ editore.

*LA RICERCA: ANALISI PER PAESE

* LA RICERCA: TESTO ORIGINALE

di seguito, la nota di sintesi

Continue reading →

Giornalismi generazionali

Alla fine il risultato  preciso è stato questo: favorevoli 158, contrari 57 e astenuti 20. Ma capirete, col caos che c’era qualche voto può pure sfuggire. Vabbè, comunque è andata e ci sarebbe da discutere ore e ore sul nuovo contratto giornalistico. Potrei parlarvi di scatti d’anzianità, contintgenza, ammortizzatori sociali, Inpgi, CdR, distacchi e sanzioni disciplinari. Non lo farò ora, però.

Partiamo da lontano. Da Perugia: mentre ieri all’Ergife Hotel si consumava l’ultimo atto che prelude al sì al contratto (ci sarà un referendum nelle redazioni ma è solo un atto politico, non è tecnicamente vincolante) a Perugia c’era il Festival Internazionale del Giornalismo. Beh, veramente io volevo anche andarci – domani si parla di Giancarlo Siani – tuttavia era doversoso guardare al contratto, da buon sindacalista. In Umbria c’erano blogger, colleghi inglesi, americani, direttori di riviste e giornali,  si discuteva di AgoraVox, di micro blogging, di pagare per la singola inchiesta su web anzichè per il vecchio e ormai agonizzante (?) giornale cartaceo; all’Ergife si decideva di come mandare avanti lo sgarrupato sistema editoriale italiano. Paradossale: l’ottimismo di Perugia sul futuro che ho letto da alcuni blog è sconvolgente se penso a quel che ho sentito io al sindacato. La crisi del Gazzettino, i tagli al Mattino di Napoli; Il Sole 24 Ore vacilla e taglia i compensi ai collaboratori; un pianto greco collettivo.

Nei commenti al live blog ce n’è uno di un caro amico  e collega che provocatoriamente suggerisce una moratoria alle iscrizioni all’Ordine dei Giornalisti, viste le migliaia di  professionisti sfornati ogni anno, nonostante una crisi che non garantisce nemmeno i “garantiti”, figuriamoci i precari. D’altro canto, come poter impedire ad una persona di fare quel che vuole nella vita?
Ordine e Sindacato: ogni volta che vado ad un evento promosso da Fnsi o dall’Odg, non posso non notare l’acredine fra i due organismi, l’uno sindacale l’altro ordinistico, che dovrebbero tutelare i giornalisti e invece spesso non collaborano, litigano anzi. Non conosco le ragioni politiche profonde, ma è preoccupante. E soprattutto  si stanno mettendo in condizione che qualcuno dica, un domani non troppo lontano che “uno di loro è di troppo”. E amen.

Ieri attraverso twitter ed un plugin che riversa sul blog wordpress le “twittate” mi sono prodotto nel mio primo live blog, divertendomi. Sul palco ad un certo punto è salito un tizio che, scandalizzato, se l’è presa con quella parte del contratto sui sistemi di “videoscrittura”. Io intanto col culo su una comoda poltroncina e un telefonino, facevo la mia diretta web. Se vogliamo il solco generazionale fra giornalismi  è tutto qui.

Il Teletubbies napoletano che fa il sindacalista sardo

Bisognerà pure farlo, questo bilancio. Orbene.
Un anno fa esattamente (vabbè, non esattamente, i bisestili, il calendario Gregoriano e Giuliano, eccetera) mi sentivo un personaggio dei vecchi film di Virzì – quelli belli – il cassintegrato incazzato ma nemmeno troppo. Ora, un anno dopo e non esattamente (sempre per la storia dei bisestili del cavolo) tocca chiedere al Grande Demone Celeste  – e questa è per chi come me è Nana-dipendente –  che sta succedendo nel variopinto mondo del pennivendolismo.

Sono quasi un ometto, ormai: mi cimento in elezioni per comitati di redazione e trattative sindacali. Tralasciando la burocrazia («la meccanica non mi interessa») guardiamo la parte, per così dire, poetica.

Quando l’aereo si stacca da Capodichino, Napoli  – come ogni buona donna figlia di buona donna che non vuole lasciarti – ti fa il gioco di star zitta e farsi guardare. Allenato come sono a volare con gli occhi su Google Earth, finisce che riconosco casa mia, il vialone del bosco dove correvo inguacchiandomi col Super santos; un campanile  e sembra quasi di vedere la strada che io e te volentieri facciamo, ma se c’è un pullman e abbiamo i biglietti, forse è meglio.
Sempre accade che ad ogni viaggio di lavoro mi carico di emozioni del giorno prima. Fa ridere detta così, ma io partivo avendo in mente due punti chiave: che l’Asse mediano di Napoli è una trappola senza scampo e che anche mia figlia, un giorno, avrà  i Teletubbies per giocare.

E quando l’aereo a Elmas, Cagliari ti fa il solito gioco di atterrare fra le saline e chi non c’è mai stato se la fa addosso, pensando di finire a mare, non t’immagini davvero il resto: 4,5 riunioni-fiume, uno sciopero, le trattative, le assemblee, mischiate alle paure, al coraggio e anche alla stupidità, molto brutta ma umana. Io che sembro un un figurante di “Napoletani a Milano” con un pugno di carte sempre in mano, poi…

La scala di legno che porta dal tavolo delle riunioni al luogo di lavoro fa rumore, si accorgono tutti che stai scendendo. Così scendi e sai – perché lo sai – che tanti, tutti ti guardano e  vorrebbero sapere, capire. Come fai, la sera a non scolarti qualsiasi cosa che bruci la gola…
Facciamolo questo bilancio, con me che in un anno attingo a piene mani dalla cattiveria di tanta gente e ne cavo lezioni. Non son rape, i cattivi, c’è sempre qualcosa da togliergli: il gusto di esserlo. Facciamolo, mentre la carica che ho nelle dita arriva addirittura a farmi dire che non vorrei andare in vacanza, scatenando le ire di chi mi ha sopportato un anno e dice che è meglio stutare ‘a bancarella e andare a dormire, almeno per un poco.
Così farò pensavo nel viaggio di ritorno mentre un mio amico, tale principe Myskin, mi presentava Nastasja Filippovna. E lentamente continuo questa conoscenza, pensando ai teletubbies, alle lauree, ai Bastioni di Cagliari, alle persone sparite dalla mia vita, e ai giornalisti con la schiena dritta.