L’anno più lungo dei giornali

Di seguito c’è un lungo articolo apparso sul sito della Federazione Italiana della Stampa che raccoglie un anno di vertenze. Un anno lungo e complesso, come si suol dire “di lacrime e sangue”: la crisi, eccetera eccetera.

Sono riportate le vertenze di tanti giornali, ma all’appello – per quello che ho potuto conoscere di persona  – mancano tantissime altre storie. I tagli “interni” mai arrivati all’attenzione della Fnsi, mannaie silenziose che sono calate con precisione chirurgica sui desk ma soprattutto sui collaboratori esterni, anello debolissimo della catena. Per non parlare dei sacrifici spesso invisibili al sindacato, come ad esempio  dei rimborsi per gli esterni o dei telefoni per i redattori. E ancora: chissà se si può quantificare il taglio dei servizi chiesti agli inviati. Ne deriva un giornalismo povero  non solo di mezzi ma anche di idee, incapace a fronteggiare le tante novità che arrivano dal web. Difatti se abbiamo un  giornalismo cartaceo debole, che si arrocca per paura di perdere quel poco che rimane,  non ci attende certo un giornalismo on-line più forte, tutt’altro.

Poi, c’è il caso della Campania: siamo una regione con tantissimi giornalisti, due università con master post-laurea che sfornano professionisti ma pochissima analisi circa la situazione dei colleghi che lavorano a tempo indeterminato, quelli col contratto a scadenza, la folta platea dei precari e dei “sommersi” e infine quelli che hanno appena conseguito l’agognata tessera e non hanno nemmeno idea di come iniziare. Una mappa della crisi in Campania non c’è ancora, bisognerebbe inziare a mettere nero su bianco.

L’articolo della Fnsi:

Duemilanove, un anno durissimo, l’intero settore editoria è in crisi, ad oggi una trentina di società editoriali hanno fatto ricorso alle leggi sugli ammortizzatori sociali per esodi “strutturali”, quindi definitivi. Il Dipartimento sindacale della Fnsi, insieme con i Comitati di Redazione, è impegnato ogni giorno su più tavoli di confronto in sede aziendale, Fieg e ministero del Lavoro, per ridurre le richieste contenute nei “piani di riorganizzazione in presenza di crisi”, avanzate dalle aziende.

Nella stragrande maggioranza dei casi, l’esame dei bilanci e dei piani aziendali segnala un’assoluta carenza di progettualità sul “modello giornale” a fronte di una volontà precisa di scaricare costi sulla categoria e sullo Stato attraverso gli stati di crisi.

La pesante contabilità della crisi ci dice che a fine novembre si sfiorava quota 600, tra prepensionamenti, cassa integrazione straordinaria, in deroga, e contratti di solidarietà. Il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, ha stimato in almeno 700 forse più, i colleghi che lasceranno le aziende entro la fine del 2010. Se non fosse stato per il tempestivo intervento della Fnsi e dell’Inpgi sul governo per eliminare gli abbattimenti sui prepensionamenti, questi colleghi lascerebbero le aziende con pensioni falcidiate. Mentre oggi possiamo parlare di sostanziale tenuta dei livelli pensionistici della categoria. Comunque di molto superiori alle pensioni che avranno i colleghi che oggi si affacciano alla professione. L’attività politica congiunta Fnsi-Inpgi ha inoltre fatto si che il governo abbia posto a carico della fiscalità generale il peso dei prepensionamenti e nona carico dell’Inpgi. Due risultati fondamentali che attenuano l’impatto che è, e sarà, comunque doloroso sull’occupazione giornalistica. Da queste considerazioni emerge chiara la necessità che si faccia il punto sul settore. Che il governo, mantenga gli impegni presi, di fare al più presto gli Stati generali dell’Editoria, per individuare gli strumenti di sostegno all’editoria all’altezza della situazione. Una politica di mero taglio dei costi attraverso la legge 416 non paga, non è in grado di mettere in campo una strategia e gli strumenti adatti all’uscita dalla crisi.

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