Napoli, la legge bavaglio sulle intercettazioni e il sindacato dei giornalisti che non c’è

Sabato scorso il “popolo viola” è sceso in piazza anche a Napoli contro il ddl bavaglio sulle intercettazioni. Vista l’affluenza invece di piazza Plebiscito sarebbe tranquillamente bastata la stanzetta di un bambino: ho visto feste di compleanno più affollate.
Però c’erano molti colleghi che hanno parlato: nel video il bell’intervento dell’amico Enzo Iurillo de “Il Fatto quotidiano”. È sempre la solita storia, i giornalisti vogliono confrontarsi sulla loro professione, sui rischi generati da una legge inaccettabile.

Un capitolo a parte lo merita il sindacato napoletano dei giornalisti, l’Assostampa. Era un bel sabato dal cielo leggermente nuvoloso,  evidentemente il neoeletto direttivo dell’Associazione napoletana della stampa non ha ritenuto di dover partecipare nemmeno con una presenza  alla manifestazione anti-bavaglio (dove erano presenti invece l’Ordine dei Giornalisti della Campania e l’Unione Cronisti Campania).

E dire che le elezioni per il rinnovo degli organismi sindacali ci sono state appena una settimana fa. Elezioni per modo di dire: 9 candidati per 9 poltrone, un calo nei votanti stimato in oltre il 40 per cento  rispetto agli anni precedenti. Dulcis in fundo, una chicca: la commissione lavoro autonomo (quella dei precari, per intenderci) votata da appena 39 persone!

Verranno a dire che ci saranno altre manifestazioni unitarie. O che magari il viola stonava col bordeaux del tesserino da giornalista. Una cosa è certa: in Campania per trovare il sindacato c’è bisogno di una seduta spiritica.

L’ipocrisia di Napoli, Banksy e l’arte liberata

Via Benedetto Croce è il centro del centro di Napoli. Una strada-vetrina: sui muri ci sono scritte, volantini, locandine delle discoteche e quelle dei disoccupati organizzati. In mezzo a tutto questo, Banksy, il writer inglese più misterioso e figo, ci aveva disegnato una Santa Teresa berniniana, bianco su nero con patatine Mc Donalds e Cocacola. È rimasta lì fino a quando non è arrivato un fiume di spray colorato a coprirla con una maxi-tag di chissà quale graffitaro.
Tutti a sbattersi e scandalizzarsi dello scempio. Ho letto perfino qualcuno che parlava di tutelare gli altri stencil che Banksy ci ha lasciato da queste parti, magari  che so, mettendoci una telecamera o un vetro. Insomma, follia pura.

O come la si deve chiamare, la voglia di mettere sotto chiave, sotto tutela o peggio ancora, sotto  sorveglianza, un’arte che per stessa ammissione di chi la produce è guerriglia, non il David di Michelangelo ma quadro appeso su un museo a cielo aperto, il muro, che chiunque può far proprio. Come dice lo stesso artista: they’re good enough to be in there, so I don’t see why i should wait!

Poi dice che il valore di quel disegno cancellato era di 100mila euro. Sono sempre stato curioso sul come si valuta in moneta sonante un’opera d’arte. Paradossalmente proprio in questo caso davvero mi sembra di dare un valore economico alla Cappella Sistina. Che cattiveria facciamo a Banksy preferendolo ad una scritta “Mario ama Maria”, proprio a lui che dice della sua arte: is not a guerrilla marketing campaign for a clothing label.

Altro che Benedetto Croce e Santa Chiara. Io me lo sarei portato al quadrivio di Secondigliano, gli avrei fatto vedere quel finto portone d’accesso ad un fantastico giardino disegnato sulla facciata di un palazzo e tutt’intorno morte e armi. Come fece lui sul muro, in Palestina.

Galassia Gutenberg 2010? Non c’è

Già degradata a mercatino di libri, salvata in extremis lo scorso anno giusto per evitare la figuraccia dello stop nella XX  edizione, Galassia Gutenberg potrebbe saltare l’edizione 2010. La formula era vecchia, indubbiamente; gli spunti culturali, inesistenti. Però, da qui a perdere anche l’unica fiera dell’editoria libraria del Mezzogiorno…

La nuova battaglia di Fulvio Frisone

Fulvio Frisone è uno dei più brillanti studiosi italiani, nonostante una grave disabilità; sulla sua vita sono stati scritti libri, girati film. Qualche giorno fa Fulvio ha creato un gruppo Facebook dal nome piuttosto drastico “Io non ci sto  e non mollo”.  Spiega anche i motivi:

«Hanno ridotto i contributi della mia assistenza che riguardava anche i congressi e adesso ho finito di andare fuori. Io non ci stò, a costo di mettere sotto sopra l’Italia, perchè il motivo è uno; alcuni  ragazzi disabili che appartengono alle famiglie benestanti si sono  lamentati con la regione, quindi hanno pensato… bene di ridurre le mie possibilità di frequentare i congressi»

Penso sia giusto appoggiarlo.