Giornalismo a servizio

Qualche giorno fa ho scritto un pezzullo su una cosa che m’ha molto molto colpito. Trattasi di un bando di gara del Consiglio della Regione Campania, per la fornitura di prestazioni di agenzie di stampa: 200mila euro diviso quattro.

Fin qui tutto ok, ma ravanando nel capitolato speciale d’appalto, un paio di articoli attirano la mia attenzione:

L’agenzia aggiudicataria dovrà garantire:
a) L’elaborazione e redazione delle notizie giornalistiche relative alle attività del Consiglio Regionale della Campania;
b) La rapida pubblicazione delle notizie relative al Consiglio Regionale della Campania sui notiziari nazionali e regionali di agenzia;
c) La rapida pubblicazione dei comunicati stampa prodotti dall’ufficio stampa e dalle altre strutture del Consiglio Regionale della Campania sui notiziari nazionali e regionali di agenzia entro e non oltre le due ore dalla diramazione di tali comunicati;
d) L’invio di un redattore in occasione delle attività del Consiglio Regionale della Campania;
e) L’invio di un redattore in occasione di iniziative e attività del Consiglio Regionale della Campania in sedi diverse da quelle regionali;

Ma come: entro 2 ore il comunicato “in rete” e l’obbligo di seguire tutto? Ma il Consiglio regionale della Campania ha bisogno di accedere a news o paga una – anzi 4! – strutture per alimentare il can can mediatico sulla Regione Campania? Secondo me questo bando lede ogni principio deontologico in merito alla libera scelta della struttura giornalistica di stabilire se una cosa “è” o meno una notizia.

Cos’accadrà, al collega che lavora per una delle agenzie vincitrici della gara? Chi sarà il suo editore, l’agenzia stessa o il parlamentino regionale campano?

Fantasia al desk

Sono da tempo alla ricerca dell’articolo “definitivo”, ovvero dell’opinione forte e coinvincente che mi faccia capire dove va questo mestiere con la crisi e la carta e il web eccetera eccetera. Clay Shirky ha scritto un lungo articolo tradotto da Internazionale, assolutamente illuminante. Ma non perchè dia risposte più degli altri: stavolta il punto di vista è diverso; Shirlky sostiene che – date queste attuali condizioni – nessuno può sapere oggi qual è il modello di stampa che ci ritroveremo l’indomani.  È la risposta più ottimistica che ho mai sentito finora, sintetizzata così:

Niente lo sostituirà, ma tutto potrebbe sostituirlo. È il momento di sperimentare.

È necessario leggerlo tutto, ricostruire storicamente cos’è successo da quando qualcuno ha detto in redazione: «toh, c’è questo internet che è proprio interessante». Shirky fornisce la risposta che più dovrebbe infondere fiducia ai giovani (con me c’è riuscito).

Nei prossimi decenni il giornalismo sarà fatto di una serie di casi particolari. Molti di questi modelli saranno creati da amatori, ricercatori e scrittori. Altri dipenderanno da sponsorizzazioni, sovvenzioni e donazioni. Molti altri esisteranno grazie a un gruppo di quattordicenni pieni di energia che diffonderanno le notizie.

Molti di questi modelli falliranno. Non sarà un solo esperimento a sostituire quello che stiamo perdendo con la fine del giornali, ma con il tempo l’insieme degli esperimenti che funzionano potrebbe darci il giornalismo di cui abbiamo bisogno.